Io sto con la sposa. "In abito bianco per gridare il mio sdegno per le morti in mare"
Tasneem |
ROMA -Il coraggio di dire basta alle morti in mare, a volte, si può anche indossare. Come ha fatto Tasneem, una ragazza palestinese siriana, del campo profughi di Yarmouk. Con un abito bianco da sposa ha attraversato cinque paesi, evitando i controlli alle frontiere, per permettere a persone, fuggite dalla guerra come lei, di arrivare nel nord Europa. Tasneem Fared è la protagonista di "Io sto con la sposa", il documentario di Gabriele Del Grande, Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, che attraverso un finto corteo nuziale ha beffato l'Europa, per aiutare cinque palestinesi siriani, arrivati in Italia con il sogno di raggiungere la Svezia. A Redattore sociale racconta per la prima volta perché ha deciso di prendere parte a questo progetto, diventando così la sposa simbolo della disobbedienza alle regole della Fortezza Europa.
"E' stata una delle esperienze più importanti della mia vita: attraversare le frontiere vestita di bianco, con le persone che mi gridavano 'auguri' in cinque lingue è stata un'emozione- racconta – l'ho fatto perché dopo le ultime tragedie nel Mediterraneo, in cui sono morte tante, troppe persone ho sentito, insieme ad altri, il bisogno di dire basta e di ribadire che le persone non sono numeri. E così ho pensato che fare un film, per raccontare tutto questo, era il modo migliore per unire le nostre voci e gridare tutti insieme il nostro sdegno". Un desiderio di denuncia che arriva da lontano, per lei che la guerra l'ha vissuta anche sulla sua pelle. Palestinese, ha vissuto nel campo profughi di Yarmouk (a sud di Damasco), e anche dopo essere riuscita ad arrivare in Europa ha deciso di fare ritorno in Siria, per stare accanto al suo popolo. "Quando è iniziata la rivoluzione sono tornata dalla Sicilia a Damasco perché volevo vedere la rinascita di questa nazione. La situazione è diventata, però, via via sempre più difficile e il conflitto è peggiorato- racconta -. Ho visto morire tante persone solo perché credevano nelle loro idee, che erano soprattutto idee di libertà. Ed è anche questo mi ha dato la forza di partecipare al film , senza la paura di correre rischi: so che se sei dalla parte giusta non puoi mai avere paura".
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L'obiettivo per Tasneem è far capire a chi vive sulla sponda opposta del Mediterraneo gli orrori della guerra. "Spero che attraverso questo film sempre più persone si rendano conto che ci sono uomini costretti a lasciare un paese in guerra senza avere nemmeno il diritto di fuggire altrove – aggiunge – Come il padre di Manar, che vuole solo salvare il figlio dai barili di esplosivo in cui può cadere ogni giorno in Siria. Fa solo quello che farebbe ogni buon padre, ma a lui non è concesso". Così come non è concesso a molti bambini di giocare liberamente -continua - "è così difficile immaginare che un posto bello come il Mediterraneo possa ingoiare dei bambini. E invece quanti ne sono morti per attraversare le frontiere? - si chiede Tasneem in uno dei contenuti extra del film, parlando con gli autori sul molo di Copenaghen, a riprese quasi ultimate: "questo è il mare che ci unisce, noi siamo su una riva, e gli altri sulla sponda opposta e non possono partire. Però la soluzione non è arrivare in Europa, ma poter vivere una vita libera, una vita come vuoi tu. La soluzione non è mai individuale, c'è sempre qualcosa di collettivo che appartiene a tutti noi, perché siamo uguali: se dobbiamo morire, moriamo insieme, se dobbiamo vivere, viviamo insieme". Per la "sposa" che oggi vive di nuovo in Italia, il Mediteranneo non è solo simbolo di morte: "questo mare mi ha regalato anche una storia d'amore, da molti anni ho una relazione con un giornalista siciliano – racconta -e dopo due anni e mezzo di guerra siamo di nuovo insieme. Ora il mio progetto è solo dimenticare i suoni della guerra e godermi il sole della Sicilia con lui".
Gli autori giurano che aver incontrato Tasneem per loro è stata una fortuna. "La prima sposa doveva essere un'amica siriana in arrivo a Belgrado con un documento falso. Ma ha rifiutato la parte. La seconda sposa doveva essere una ragazza siriana che avevamo conosciuto in un centro d'accoglienza a Milano insieme alla sorella e alla madre - racconta Gabriele Del Grande – Ma sono sparite col primo contrabbandiere per la Svezia. La terza sposa doveva essere Tareq. Stavamo già pensando a come travestirlo, quando ci siamo ricordati di Tasneem, un'amica attivista palestinese siriana del campo di Yarmouk a Damasco, che da poche settimane aveva lasciato la Siria in guerra e che in quel momento si trovava in Spagna. Lei ha subito accettato entusiasta di partecipare al progetto ed è corsa a comprare un biglietto sul primo volo per Milano. E per fortuna, perché era lei la sposa perfetta per questo film". (ec)