Ismu: l'immigrazione è stabile, cresce invece l'emigrazione
Foto di Tania A3
MILANO – L'Italia torna ad essere un Paese d'emigranti. Lo confermano i dati presentati dalla Fondazione Ismu a Milano: per quanto la presenza degli stranieri aumenti del 6 per cento sia per quanto riguarda i regolari che gli irregolari (dal 2012 al primo gennaio gennaio 2013) non è nulla a confronto con l'emorragia di italiani e di nuovi italiani che lasciano il Belpaese. In tutto il 2012 hanno lasciato l'Italia in 68 mila, contro i 50 mila dell'anno precedente e i 40 mila del 2010. Il dato è sottostimato: conta solo chi ha cambiato residenza e non sono tutti i nuovi emigranti. Esattamente 100 anni fa, nel 1913, l'Italia ha vissuto la più grande stagione di emigrazione: i partenti furono 900 mila, uno ogni 40 italiani.
Si parte soprattutto al sud. È soprattutto al Sud che si registrano le maggiori cancellazioni dalle anagrafi: +147 per cento nel Molise, +137 per cento in Campania, +129 per cento in Basilicata , +120 per cento in Puglia e + 96 per cento in Sicilia. Sono 2,7 milioni le persone che hanno lasciato il Meridione (per l'estero o per il Nord Italia). E così, al Sud, sta scomparendo una generazione: quella dei 20-30enni che non trovano un posto di lavoro nella loro terra d'origine. Se il flusso non si bloccherà, nel 2050 saranno 4 milioni i residenti al sud che avranno lasciato la loro terra d'origine. Ma in termini assoluti, è la Lombardia la terra dei nuovi emigranti: nel 2012 hanno lasciato la regione per trasferirsi all'estero 14 mila persone, contro le 4mila del 2002. Al secondo posto si piazza il Veneto, con un numero di emigranti fermo al 7 ,mila, la metà. Le destinazioni degli italiani sono sono state soprattutto la Germania (7 mila), la Svizzera (oltre 6 mila), il Regno Unito (quasi 6 mila) e la Francia (più di 5 mila).
Gli stranieri. Il tasso di crescita della popolazione straniera, segnala lo studio di Ismu, è destinata a rallentare il suo tasso di crescita, che dall'attuale 7 per cento scenderà fino all'1,3 tra il 2030-2035. Scenderà soprattutto la componente rumena, oggi al 21 per cento, toccherà quota 15,8 nel 2035, mentre cresceranno gli immigrati di origine marocchina (+3 per cento circa tra 24 anni) e dall'india dal 2,6 al 5,2 per cento nello stesso lasso di tempo.
Causa della perdita di attrattiva dell'Italia, per stranieri e concittadini in egual misura, è il blocco del mercato del lavoro. I permessi di lavoro per motivi di lavoro sono dimezzati rispetto al 2011: 67 mila contro i 350 mila nel 2010. Al contrario, gli stranieri che ritornano in patria sono stati 200 mila sia nel 2010 che nel 2011 e nel 2012 il dato sarà analogo. Aumentano gli occupati, grazie al contributo delle donne: sono 82 mila i nuovi impiegati del 2012. Ma accanto a questo dato cresce anche quello della disoccupazione: in un anno il tasso cresce del 6, 1 per cento, attestandosi a 2,7 milioni. L'aggravamento riguarda di nuovo il sud, dove la disoccupazione tra i lavoratori stranieri aumenta del 43,6 per cento, 13 punti in più del tasso di disoccupati italiani. Il crollo più clamoroso riguarda il settore dell'edilizia e dell'industria, dove gli occupati stranieri sono un quarto rispetto al 2007: oggi sono poco più di 60 mila. Tra le cause di questo tracollo c'è la maggiore concorrenza degli italiani: sono sempre di più i connazionali che lavorano in questi due settori. L'unico ambito in controtendenza, dove la manodopera straniera resta la più ricercata, è quello dell'assistenza alla persona, dove nel primo trimestre 2013 gli occupati salgono del 5 per cento. (lb)