Istat, per ogni ultraottantenne un solo bambino sotto i 10 anni
ROMA – Al 1° gennaio 2024 la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 990mila unità, (dati provvisori), in calo di 7mila unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente (-0,1 per mille abitanti). Lo si legge nel Rapporto Istat sugli indicatori demografici, diramato questa mattina dall’Istituto nazionale di statistica, in cui si apprende però che il dato della popolazione quasi stabile è determinato soprattutto grazie all’immigrazione dall’estero. I dati confermano, infatti, il rallentamento del calo di popolazione che, dal 2014 al 2021 (-2,8 per mille in media annua), ha contraddistinto il Paese nel suo insieme. La situazione si presenta, però, eterogenea tra le varie regioni: a fronte di un Centro stabile (+0,1 per mille), nel Mezzogiorno la variazione è negativa, (-4,1 per mille), mentre nel Nord la popolazione aumenta del 2,7 per mille. A livello regionale, la popolazione risulta in aumento soprattutto in Trentino-Alto Adige (+4,6 per mille), in Lombardia (+4,4 per mille) e in Emilia-Romagna (+4,0 per mille). Le regioni, invece, in cui si è persa più popolazione sono la Basilicata (-7,4 per mille) e la Sardegna (-5,3 per mille). Nello stesso tempo prosegue la riduzione della popolazione di cittadinanza italiana (53 milioni 682mila unità), 174mila in meno rispetto al 1° gennaio 2023 per una variazione pari al -3,2 per mille.
Nascite in calo: -34% dal 2008
Prosegue il calo delle nascite nel 2023: con appena 379mila bambini venuti al mondo, il 2023 mette in luce l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Un processo, quello della denatalità, che dal 2008 (577mila nascite) non ha conosciuto soste. La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera. Questi ultimi, pari al 13,3% del totale dei neonati, sono 50mila, 3mila in meno rispetto al 2022. La diminuzione del numero dei nati è determinata sia da una importante contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile nelle età tra i 15 e i 49 anni è scesa a 11,5 milioni al 1° gennaio 2024, da 13,4 milioni che era nel 2014 e 13,8 milioni nel 2004. Il numero medio di figli per donna scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi al minimo storico di 1,19 figli registrato nel lontano 1995. La contrazione del numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale.
Meno di un figlio per donna in Sardegna
Il Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,42, continua a detenere il primato della fecondità più elevata del Paese. Seguono Sicilia e Campania, con un numero medio di figli per donna rispettivamente pari a 1,32 e 1,29. In queste tre regioni le neo-madri risultano mediamente più giovani che nel resto del Paese: 31,7 anni l’età media al parto in Sicilia; 32,2 anni in Trentino-Alto Adige e Campania. La Sardegna continua a essere la regione con la fecondità più bassa. Stabilmente collocata sotto il livello di un figlio per donna per il quarto anno consecutivo, nel 2023 si posiziona a 0,91 figli (0,95 nel 2022). La precedono altre due regioni del Mezzogiorno: la Basilicata, dove il numero medio di figli per donna scende da 1,10 nel 2022 a 1,08 nel 2023 e il Molise rimasto stabile a 1,10. La Sardegna e la Basilicata sono, insieme al Lazio, le tre regioni in cui il calendario riproduttivo risulta più posticipato, con età medie al parto rispettivamente pari a 33,2, 33,1 e 33 anni.
Decessi in calo e sei mesi di speranza di vita in più
Nel 2023 calano anche i decessi (661mila), l’8% in meno sul 2022, dato più in linea con i livelli pre-pandemici rispetto a quelli che hanno caratterizzato il triennio 2020-22. I decessi registrano, infatti, una diminuzione di 54mila unità sull’anno precedente. Il calo della mortalità si traduce in un cospicuo balzo in avanti della speranza di vita alla nascita che si porta a 83,1 anni nel 2023, guadagnando sei mesi sul 2022. Tra gli uomini la speranza di vita alla nascita raggiunge gli 81,1 anni (+6 mesi sul 2022) mentre tra le donne si riscontra un dato di 85,2 anni e un guadagno sul 2022 leggermente inferiore a quello maschile (+5 mesi). Cosicché, mentre gli uomini hanno recuperato i livelli di sopravvivenza ante pandemia (precisamente 81,1 anni nel 2019), le donne presentano ancora margini di recupero (85,4 anni nel 2019).
Cittadini stranieri: sono il 9% del totale, quasi 6 su 10 vivono al Nord
I cittadini stranieri al 1° gennaio 2024 sono 5 milioni e 308mila unità, in aumento di 166mila individui (+3,2%) sull’anno precedente. L’incidenza sulla popolazione totale tocca il 9%. Il 58,6% degli stranieri, pari a 3 milioni 109mila unità, risiede al Nord, per un’incidenza dell’11,3%. Altrettanto attrattivo per gli stranieri è il Centro, dove risiedono un milione 301mila individui (24,5% del totale) con un’incidenza dell’11,1%. Più contenuta la presenza di residenti stranieri nel Mezzogiorno, 897mila unità (16,9%), che raggiunge un’incidenza appena del 4,5%. Le migrazioni con l’estero giocano un ruolo importante nel contesto demografico del Paese. Nel 2023, oltre a contrastare il calo della popolazione con un saldo migratorio che compensa, quasi del tutto, il saldo naturale negativo, esse contribuiscono a rallentare il processo di invecchiamento. L’ingresso di nuovi immigrati dall’estero, infatti, non solo concorre alla crescita della popolazione direttamente con il loro arrivo, ma ne ringiovanisce la struttura per età, rinvigorendo le fasce di popolazione attiva, e ha un effetto, seppur sempre più debole, anche sui livelli di fecondità.
Un bambino sotto i 10 anni di età per ogni ultraottantenne
Al 1° gennaio 2024 la popolazione residente presenta un’età media di 46,6 anni, in crescita di due punti decimali (circa tre mesi) rispetto al 1° gennaio 2023. La popolazione ultrasessantacinquenne, che nel suo insieme a inizio 2024 conta 14 milioni 358mila individui, costituisce il 24,3% della popolazione totale, contro il 24% dell’anno precedente. Aumenta il numero di ultraottantenni, i cosiddetti grandi anziani: con 4 milioni 554mila individui, quasi 50mila in più rispetto a 12 mesi prima, questo contingente ha superato quello dei bambini sotto i 10 anni di età (4 milioni 441mila individui). La Liguria è la regione più anziana, con una quota di over 65enni pari al 29% e una di ultraottantenni del 10,3%. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (27,1% e 9,2%) e l’Umbria (27% e 9,3%). La regione con le percentuali più basse di ultrasessantacinquenni e ultraottantenni è la Campania (20,9% e 5,6%), seguita dal Trentino-Alto Adige (22,1% e 7,2%) e dalla Sicilia (23,2 e 6,6%). Il numero stimato di ultracentenari (individui di 100 anni di età e più) raggiunge a inizio 2024 il suo più alto livello storico, superando le 22mila e 500 unità, oltre 2mila in più rispetto all’anno precedente.