Ius music, il rap di Amir per la seconde generazioni: "La gente ci considera il nemico"
Amir Issaa
ROMA – “Se il futuro è nostro lo vogliamo in esclusiva, stanchi di elemosinare diritti e metterci in fila. La mia non è una razza la mia è una tribù, quelli sempre al centro del mirino, è questa la mia crew. La mia gente è stanca di essere accusata, di essere considerata sempre il pericolo dentro casa”. Non usa mezzi termini Amir Issaa, nel suo ultimo lavoro “Ius music”: un singolo che grida con il linguaggio forte tipico del rap la rabbia di un’intera generazione che stenta ancora a vedere riconosciuti i propri diritti di cittadinanza. Amir è ormai il volto simbolo della seconde generazioni, nato e cresciuto nel quartiere più multietnico di Roma, Tor Pignattara, da madre italiana e padre egiziano. Un passato difficile alle spalle che lo ha portato troppo presto a vivere la strada, dove ha iniziato a fare quello che sarebbe diventato il suo futuro, la musica rap, Perché, spiega, “non avevo le possibilità economiche per imparare a suonare uno strumento o iscrivermi a un corso di canto”.
E così la vita difficile di periferia è diventato anche il fulcro della sua produzione musicale, che si coniuga con l’attivismo per il riconoscimento dello ius soli e dei diritti di cittadinanza, cambiamenti che – precisa - devono essere prima e soprattutto culturali. “Non è solamente un problema legislativo, ci sono tanti ragazzi come me che hanno la cittadinanza ma non vengono ancora riconosciuti come italiani. Finché la gente non capirà che gli italiani non sono più fisicamente quelli di 50 anni fa il percorso sarà tutto in salita – sottolinea - La legge di certo importantissima, perché i diritti sono fondamentali, ma serve anche cambiare il pensiero delle persone: se non si accetta che un ragazzo nero, con i capelli afro o con gli occhi orientali è un italiano al 100 per cento, la battaglia non è vinta”. Una battaglia che Amir ha preso in carico da anni, già nel 2006 con la canzone “Straniero nella mia nazione” raccontava le sue difficoltà, quelle di un ragazzo nato in Italia da madre italiana, che ha frequentato la scuola e nonostante questo riceve costantemente “un trattamento particolare”. Concetto ribadito anche in Ius music: Nnon c’è scusa quando l’ignoranza parla, se essere italiano è solo sulla carta”.
Amir Issaa |
“Io ho avuto la fortuna di avere la cittadinanza perché ho la mamma italiana ma ho voluto combattere per tutti i miei amici che ancora fanno fatica a vedersi riconosciuto questo diritto basilare – aggiunge -. Ho 35 anni, un figlio di 14 e mi trovo a metà strada tra la prima ondata di immigrazione di cui sono figlio, e la generazione di cui fa parte anche mio figlio. Faccio da ponte, quindi, nella speranza che fra qualche anno nessuno chiederà più a questi ragazzi da dove vengono”. E proprio i cosiddetti nuovi italiani sono i protagonisti del video di “Ius music” girato all’interno della scuola media Beccadelli di Tor Pignattara. Amir interpreta la parte di un professore nella classe affollata di bambini di origine indiana, marocchina, rumena, bengalese, cinese, come lui nati in Italia da genitori stranieri. Dentro, oltre alle accuse dirette alla Lega nord, c’è anche provocazione contro il crocifisso nelle scuole, come unico simbolo religioso. Nelle pareti della scuola, infatti, non c’è solo la Croce cristiana, ma anche la stella di David simbolo dell’ebraismo, il Taijitu taoista, la Mezzaluna islamica, la Dharmacakra buddista. “Simboli religiosi e simboli sociali che nella realtà sono già mescolati, ma spesso faticano ad essere accettati come facce della stessa medaglia dei bambini e dei ragazzi 2G, italiani a tutti gli effetti”, aggiunge. Ma nel videoclip c’è anche un cameo del deputato Pd di origine marocchina Khalid Chaouki, nella parte di un severissimo preside della scuola. (ec)