18 novembre 2013 ore: 15:17
Immigrazione

Jean e Mambaye, da Lampedusa al ruolo di “capofamiglia” a Trento

Jean della Costa D’Avorio e Mambaye del Senegal, sbarcati durante l’emergenze Nord-Africa, sono stati scelti come referenti di due progetti di co-abitazione per pazienti psichiatrici
Ilaria Scarpa Meravigliati - Ilaria Scarpa 9

"I Meravigliati"

TRENTO - Jean, 27 anni, rifugiato della Costa D’Avorio, arrivato a Lampedusa un anno fa, non immaginava di diventare responsabile di un appartamento abitato da un’anomala famiglia di uomini italiani a Trento. Arrivato nel capoluogo trentino durante l’"emergenza Nord-Africa", il ragazzo ivoriano è stato selezionato per partecipare al corso di formazione organizzato dal Cinformi (Servizio di Informazione sull’Immigrazione) per la preparazione di persone disponibili a convivere con pazienti psichiatrici gravi, nell’ambito del progetto realizzato dal Servizio Psichiatrico dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (Apss) in collaborazione con il Servizio Attività Sociali del Comune di Trento. Così Jean da qualche mese convive con tre uomini italiani con disagio psichico di diverso livello, in un appartamento in centro città, gestito del Servizio Psichiatrico dell’Apss.

A Jean è stato affidato Luca, diciannovenne con lieve ritardo mentale e grave disagio psichico, adottato in Brasile da una famiglia trentina, ma cresciuto gli ultimi 5 anni in una casa di cura ad alta intensità assistenziale. “Dato che aveva problemi di violenza, nel senso che era manesco, non gli hanno fatto mai tenere in mano un coltello neanche a tavola, con il risultato che a 20 anni non sa neanche tagliarsi la carne, oltre ad essere semi-analfabeta per non aver frequentato le scuole che un giorno a settimana” spiega la referente le progetto. “Quando è arrivato qui non sapeva nè lavarsi nè vestirsi”.  Con Jean il problema della violenza di Luca è stato affrontato, piuttosto che evitato, come avveniva quella clinica specializzata, per la cui convenzione con l’Apss di Trento ha speso in cinque anni circa 400 milioni di euro: “Quando il ragazzo ha provato a toccarlo, il giovane rifugiato africano l’ha sollevato, lo ha guardato negli occhi e gli ha detto di non riprovarci mai più. E così è stato finora”, afferma Marina Cortivo, referente dell’area “Abitare” del Serviziosalute mentaledi Trento.

Oltre a Luca e Fabienne nella casa gestita dall’Apss, abitano Riccardo, ex restauratore di grande cultura separato da una famiglia con due figli in seguito a una grave depressione, e Aldo, trentenne che sta cercando di uscire da una condizione di disagio psichico maturata in seno a un nucleo familiare problematico: “So di avere avuto una sfortuna con la malattia mentale che devo affrontare ogni giorno, dice, ma non è niente rispetto ai drammi da cui provengono Fabienne e Riccardo, dice, devo andare avanti”. I risultati della convivenza gestita da Jean sono stati eccezionali, sottolineano volontari e operatori, ma lo afferma anche lo stesso Luca che prima non parlava con nessuno e oggi racconta: “Prima ho litigato con Aldo per una sigaretta. Ma poi ci ho parlato, ci siamo capiti e ci siamo abbracciati”.

“Erminio è conosciuto da tutti i dipartimenti di salute mentale della Regione. Avrà avuto oltre un centinaia di ricoveri in Spdc (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura), tutte con necessità di lavanda gastrica per aver ingerito accendini o lamette. Il suo modo di cercare attenzione”: Così viene descritto l’uomo con evidente ritardo mentale e disabilità fisica, oltre al disagio psichico, per cui il Servizio di Salute Mentale di Trento ha avviato un progetto di co-abitazione con Mambaye, originario del Senegal e arrivato in Italia dalla Libia circa un anno fa. Erminio ha trovato una situazione di tranquillità e stabilità abitativa grazie al ragazzo africano ma anche grazie a Donata che è stata in passato sofferente di disagio psichico e che ora vive nel loro stesso appartamento. "Prendermi cura di Erminio fa stare bene anche me", dice la donna che lo segue sia materialmente, occupandosi delle sue pulizie, sia affettivamente, dandogli l’attenzione e l’amore di cui ha bisogno. “Sono stata abusata in famiglia e sento di aver sofferto lo stesso suo problema”, dice e, anche se a breve andrà a lavorare come badante da una signora anziana,“mia intenzione è diventare la sua famiglia” afferma. Al momento sono otto mesi che Erminio non viene ricoverato e sta cominciando anche ad abbandonare i farmaci. (lj) 

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