6 agosto 2015 ore: 15:34
Disabilità

Jobs Act e avviamento al lavoro dei disabili: il nodo della chiamata nominativa

Al centro la questione dell’accesso. La relatrice Gribaudo: “La chiamata nominativa da pare dei datori? Un reciproco beneficio”. Argentin: “Se scompare la chiamata numerica penalizzati i disabili gravi”. Pareri divergenti tra le associazioni
Jobs Act

ROMA - Dopo il parere favorevole del Senato e della Camera di ieri, probabilmente già il prossimo Consiglio dei ministri darà il via libera agli ultimi quattro decreti attuativi del Jobs Act, che quindi vedranno la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e saranno legge. Tra questi, ieri la Commissione Lavoro della Camera ha espresso parere favorevole sul decreto attuativo per le semplificazioni e pari opportunità che al Capo I Titolo I riguarda il tema cruciale dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Relatrice alla Camera la deputata Pd Chiara Gribaudo: “Abbiamo proposto al governo di valutare la generalizzazione delle assunzioni con convenzioni o chiamata nominativa previste dalla legge 68/99 per i datori fino ai 50 dipendenti, mantenendo la chiamata numerica oltre questa soglia dimensionale. L’idea è che – spiega Gribaudo - specie nelle realtà più piccole, la chiamata nominativa possa favorire un vero incontro tra le esigenze del lavoratore e le caratteristiche del datore di lavoro, così che l’assunzione possa avvenire non solo in forza di un obbligo sacrosanto, ma anche del riconoscimento di un reciproco beneficio. In tal modo, crediamo si possa favorire l’adeguata collocazione lavorativa del disabile, perché si tiene conto innanzitutto delle sue capacità e peculiarità, garantendone così un migliore inserimento e una più efficace integrazione”.

Un aspetto sul quale anche Maurizio Sacconi, relatore in Commissione Lavoro del Senato, ha espresso parere favorevole, affermando nella sua relazione: “Positive sono le disposizioni che appaiono più rivolte al concreto obiettivo dell'inclusione, soprattutto dei disabili più gravi, in quanto affidato più a buone pratiche ed accordi sussidiari con soggetti istituzionali e sociali che non alla vecchia logica del vincolo formale”.

Non è dello stesso parere Ileana Argentin, deputata Pd e persona con disabilità, che parla di “buon risultato sul decreto attuativo del Jobs act in commissione lavoro grazie alla relatrice Chiara Gribaudo, che insieme al gruppo Pd sta facendo una grande battaglia a favore dei disabili”, ma che esprime preoccupazione per l’eventuale scomparsa della chiamata numerica dei lavoratori disabili a favore di quella nominativa: cosa che, sostiene, farà in modo che “soltanto i disabili biondi e con gli occhi azzurri verranno assunti”, poiché la possibilità di scelta dei datori di lavoro andrebbe ad escludere i disabili più gravi.
Dice Argentin: “Anche io, pur facendo parte della commissione Affari sociali, ieri sono andata a fare un intervento in commissione Lavoro per paura che la tendenza del governo, con il decreto attuativo, portasse alla scomparsa della chiamata numerica a favore di quella nominativa”. Con la  conseguenza, spiega Argentin, che “i disabili gravi non sarebbero più assunti, vista la possibilità di scelta dell’imprenditore. Mi pare, però – aggiunge - che le intenzioni di tutta la commissione siano orientate a far sì che la chiamata numerica non sparisca”.
Per Argentin “il governo non può non ascoltare queste richieste, la realtà va vista: se non prevediamo le graduatorie per assumere i disabili, come previsto dalla legge 68/99, finirà che soltanto i disabili biondi e con gli occhi azzurri verranno assunti”.

Per Gribaudo “va vista la realtà: io cerco il profilo adatto alla mia azienda, questo avviene ovunque e non solo nella disabilità, e questo è nello spirito della legge 68/99 che parla di persona giusta al posto giusto e prevede convenzioni all’articolo 11 e la chiamata nominativa. Dobbiamo continuare su questo versante, che è quello previsto anche dal decreto del presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013 in cui si fa riferimento alla Convenzione Onu. L’obiettivo è di integrare nel miglior modo possibile le persone disabili senno si rischia che, finito l’incentivo, il lavoratore viene lasciato a casa. A me interessa che lavori il maggior numero di persone disabili. Ed è più serio che il disabile si senta integrato nel posto di lavoro invece di essere poi messo all’angolo. Il decreto su questo è innovativo, prevedendo una banca dati dei lavoratori disabili. Mi sembra che finalmente, dopo i tagli del recente passato, si torna a parlare in questo Paese di disabili e c’è una presa di responsabilità”. La relatrice del testo alla Camera ricorda i dati statistici: nel 2013 con la chiamata nominativa sono state avviate al lavoro 7594 persone disabili, con le convenzioni da articolo 11 delle legge 68 ne sono state avviate 8252, nello stesso anno con la chiamata numerica ne sono state avviate 1111. Tra l’altro, aggiunge Gribaudo, “nelle discussioni ci siamo concentrati sulla chiamata numerica o nominativa ma abbiamo tralasciato quello che io considero un errore e un aspetto gravissimo: l’articolo 6 comma 1 lettera b del decreto si parla di assunzione diretta: il datore di lavoro può bypassare il collocamento e assumere direttamente. Ecco, credo che questo sia peggiore anche dei rischi che intravede Ileana Argentin, anche se nel testo c’è la condizione che l’imprenditore ha 60 giorni di tempo per utilizzare questo criterio. Questa disposizione, che è passata, mina più di tutto il resto l’impianto dell’integrazione lavorativa, e in questo modo non avremo mai una banca dati vera e aggiornata dei lavoratori disabili.

La voce delle associazioni. C’è apprensione tra le associazioni per i diritti delle persone disabili. C’è chi parla di “logica razzista”, di chi vede nel testo appena licenziato alla Camera una strada sicura verso la discriminazione di chi ha meno risorse, a cominciare dai disabili gravi. Come il cartello di associazioni “Tutti nessuno escluso” che ha stilato un appello contro la chiamata nominativa generalizzata dei lavoratori con disabilità: “La modifica del comma 1, art. 7 della legge 68/99 – scrivono le oltre 20 associazioni - si tradurrà in una gestione, di fatto, clientelare in quanto il datore di lavoro utilizzerà come unico criterio quello della propria convenienza, costringendo le persone con disabilità a cercare di ottenere come favore quello che invece è un diritto. Lungi dal determinare un miglioramento della situazione attuale, la disposizione rischia di svuotare lo stesso spirito della legge 68/99”. Le associazioni “esprimono sconcerto” anche per l’aperto sostegno delle due grandi federazioni Fish e Fand (alle quali alcune di esse aderiscono) alle posizioni espresse dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali sul punto in questione: per i promotori dell’appello la scarsa efficacia della legge attuale e le sue lacune non possono giustificare in alcun caso il sostegno alla posizione governativa: “Anziché incidere sulle motivazioni del mancato funzionamento, ovvero denunciare i responsabili delle inadempienze degli obblighi previsti dalla legge 68/99 e inasprire le sanzioni previste, si concede carta bianca ai datori di lavoro per procedere all’assunzione delle persone con disabilità per chiamata nominativa”.

Dal canto suo Fish Lazio, che un anno fa ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica del Tribunale Penale di Roma per denunciare formalmente lo stato di grave illegittimità nell’applicazione della legge 68 nella Pubblica amministrazione, ricorda prima di tutto che “le assunzioni nominative nel privato erano già previste dalla legge 68. Era prevista sia quota numerica che nominativa, cosa ora messa in discussione. E’ tema delicato, ma non credo che possa essere abolita nella pubblica amministrazione perché ci sono norme”. Per Dino Balaam presidente di Fish Lazio “è opportuno che le chiamate nominative siano precedute da selezioni attente delle competenze”. Graduatorie, appunto? “La graduatoria è a rischio fallimento, non produce buona selezione – risponde Balaam -. Magari il datore di lavoro rimanda indietro le persone, le prime in graduatoria, perché non sono adatte, lo può fare e accade, e questo genera rinvii nelle assunzioni”.

Balaam ritiene però che la chiamata nominativa non deve essere nel pubblico: “Nella pubblica amministrazione deve restare il concorso, l’assunzione tramite collocamento mirato solo per mansioni generiche, come il custode, che vanno peraltro scomparendo. Nel privato qualsiasi persona può assumere il personale che ritiene adatto, questo vale per tutti. E’ chiaro – prosegue il presidente di Fish Lazio – che si rischiano delle discriminazioni, però ci sono altri strumenti: incentivi economici, per esempio. Sui disabili gravi occorre agire con gli incentivi. Il rischio più alto è per il settore pubblico. La strada che si dovrebbe percorrere, a nostro avviso – conclude Balaam - è porre mano ad alcune modifiche alle legge 68 che in alcune parti (ad esempio laddove definisce che il 46% di invalidità civile dà diritto al collocamento obbligatorio) è poco attuale”. (ep)

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