L'agenzia svizzera dei rifugiati attacca l’Italia: assistenza sottosviluppata
boxROMA - L'Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (Osar) mette in guardia le autorità elvetiche dal rinviare profughi verso l’Italia: “Il sistema per l’asilo italiano ha serie lacune”. In un comunicato diramato oggi dall’organizzazione svizzera, l’Osar accusa l’Italia di non fornire ai migranti aventi diritto di protezione “nessuna forma di sostegno, finiscono in strada o in ruderi, nella criminalità o nella prostituzione. Anche i richiedenti l’asilo sono colpiti dalla mancanza di alloggi e dalla difficoltà ad accedere alle procedure”. Secondo l’Osar, la maggior parte di rinvii di profughi verso l'Italia (83,9 per cento) provengono dalla Svizzera. Su un totale di 3.551 persone di tutti gli Stati dello spazio Dublino che hanno dovuto far ritorno in Italia, 3 mila provengono dalla Svizzera. “Chi fa ritorno in Italia come rifugiato riconosciuto non ha nessuna possibilità di trovare un alloggio, né assistenza o assistenza sociale – afferma Seraina Nufer, giurista dell’Osar -. Ancora oggi ci sono grandi lacune nell’accesso alla procedura d’asilo. A Milano è richiesta sistematicamente una conferma di alloggio per poter inoltrare una richiesta d’asilo. Anche a Roma i richiedenti devono poter fornire un indirizzo. Sia a Milano che a Roma possono passare diversi mesi fino alla registrazione formale della richiesta d’asilo e durante questo periodo di tempo, i richiedenti solitamente non hanno un posto in cui stare e vivono all’addiaccio”
La raccomandazione alle autorità svizzere arriva dopo una visita di alcuni delegati dell’Osar in Italia tra Roma e Milano avvenuta tra il 27 maggio e il 7 giugno scorso. Un viaggio che ha permesso la delegazione svizzera di avere colloqui approfonditi con Ong italiane e con le autorità sulla situazione attuale riguardo richiedenti asilo e rifugiati in Italia. “Per i richiedenti l’asilo riconsegnati all’Italia secondo la procedura di Dublino – spiega l’Osar -, le Ong offrono consulenza presso gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Malpensa. Esse possono fare da tramite per i richiedenti l’asilo per pochi posti in uno dei progetti finanziati dal Fondo europeo per i rifugiati (Fer). Il numero di posti nei progetti Fer è limitato a 220 posti all’anno, per più di 3 mila persone riconsegnate”. Per l’organizzazione svizzera, però, la situazione per quel che riguarda l’accoglienza garantita in Italia è drammatica. “I rifugiati riconosciuti sono legalmente equiparati ai cittadini italiani, per quanto riguarda l’assistenza sociale. Tuttavia, l’assistenza sociale in Italia è estremamente sottosviluppata, si basa su forti legami familiari e non può assolutamente garantire il minimo esistenziale. Anche per le famiglie i tempi d’attesa per un’abitazione sociale possono durare anni. Ai rifugiati manca la rete familiare e quindi scivolano praticamente tra le maglie del sistema”.
A pesare sulla mancanza di servizi, anche la crisi. “A causa della grave crisi economica in Italia, anche i lavori occasionali o ausiliari nella gastronomia, nell’agricoltura o nell’industria non sono più disponibili, poiché ricoperti dai disoccupati italiani – spiega il comunicato -. E se malgrado tutti gli ostacoli è possibile trovare un lavoro, questo solitamente è limitato a un tempo molto breve, mal pagato o in nero. Il guadagno non è sufficiente a pagare un affitto e a garantire la sopravvivenza. Così le persone colpite, donne, uomini, ma anche intere famiglie, si trovano tutto il giorno per strada, a fare la coda nelle mense sociali, per trovare un posto in cui dormire o dove potersi lavare. A dominare le giornate sono la preoccupazione di riuscire a sopravvivere e ad espletare i propri bisogni primari. Cercare di integrarsi, ad esempio seguendo un corso di lingua, è praticamente impossibile. E la situazione è ancora più difficile per le madri o i padri soli che devono occuparsi dei propri figli”.
Durante il viaggio in Italia, la delegazione svizzera ha visitato la casa occupata Selam Palace a Roma, dove vivono circa 800 persone provenienti dall’Africa orientale, tra cui famiglie e donne sole con i propri figli. “La casa è autoamministrata da un comitato che attua una gerarchia ferrea – spiega il comunicato -. Le condizioni igieniche sono precarie, c’è un bagno ogni 250 abitanti. In questi alloggi le donne non sono protette dalle violenze sessuali. Le persone con malattie psichiche non vengono ammesse perché il loro comportamento è ritenuto asociale. Inoltre le persone con problemi psichici non possono essere curate in maniera adeguata se sono senza tetto”. Condizioni di vita al limite che hanno spinto l’Organizzazione a chiedere alle autorità svizzere di sospendere le azioni di riconsegna dei profughi all’Italia, in quanto “infrange i suoi obblighi internazionali”, ma al contempo chiede a tutti i paesi europei di “mostrarsi solidali con gli Stati come l’Italia, che si ritrovano con un numero spropositatamente elevato di persone in cerca di protezione. Se l’Europa continua nel perfezionare la sua politica di isolamento, alle persone in cerca di protezione non resta che tentare la via pericolosa dei barconi. La “vergogna di Lampedusa”, come l’ha chiamata Papa Francesco, non finirebbe qui”.(ga)