Presentato "Within the eye of the storm" documentario sul rapporto tra un israeliano e un palestinese che hanno perso una figlia nel conflitto. La regista Shelley Hermon al pubblico internazionale: "Non siate pro Israele o Palestina. Siate pro pace!"
Bassam e' Palestinese e vive alla periferia di Gerusalemme. Da ragazzo ha vissuto sette anni rinchiuso e torturato nelle carceri israeliane, per aver lanciato sassi e bombe a mano. Quando ne e ' uscito ha fondato il movimento "combattenti per la pace" insieme ad altri ex militanti armati palestinesi e israeliani. Un anno dopo la sua bambina e' stata uccisa all'uscita di scuola da un proiettile di gomma sparato da un militare israeliano a distanza troppo ravvicinata. Nonostante il dolore e una battaglia legale per la condanna dell'omicida di sua figlia, Bassam non abbandona la sua militanza per la pace e, in un momento in cui la sua stessa comunità mostra di non comprenderlo, viene molto sostenuto da Rami, israeliano che nel 1997 ha perso la figlia quattordicenne in un attentato suicida. Inizia allora tra loro una profonda amicizia che coincide con l'inizio del documentario "within the eye of the storm" ("Nell'occhio del ciclone") della regista israeliana Shelley Hermon.
"Ho iniziato a girare le storie dei membri del movimento, poi due mesi dopo l'inizio delle riprese la figlia di Bassam e'stata uccisa e ho capito che era su di lui che dovevo concentrarmi, e su Rami che ha cominciato a stargli molto vicino" ha raccontato Hermon alla presentazione del film al Religion Today film festival di Trento in corso dall'11 al 22 ottobre. Il film segue i due protagonisti per i cinque anni in cui si sono svolte le riprese. Bassam lotta perché il soldato che ha ucciso sua figlia sia condannato, ma allo stesso tempo vorrebbe incontrarlo e chiedergli "perché". Rami ha un figlio che e' stato chiamato al servizio militare e teme che segua la strada che lui ha sempre combattuto.
"Ho voluto affrontare il muro psicologico che c'è tra questi due popoli che vivono a fianco, a causa delle narrazioni completamente diverse che vengono date in Israele e Palestina", ha spiegato Herman che ha vissuto la maggior parte della propria vita in Gran Bretagna prima di tornare in Israele. "Tra palestinesi e israeliani non ci sono punti di incontro a meno che non li si cerchi", dice la regista. "Il film vuole dimostrare le persone vere al resto del mondo e a entrambe le parti in conflitto". Rivolta al pubblico del festival, l'autrice del film che oggi e' in tour in diversi paesi, dalla Germania al Canada, al Messico, ha detto: "Chiedo al pubblico internazionale: Non siate pro Israele o Palestina. Siate pro pace!"
Molte le riflessioni sulla pace pronunciate dai protagonisti del film. "Gli israeliani hanno schiacciato palestinesi fino a farli diventare terroristi". "Finche israeliani non avranno sicurezza, palestinesi non avranno libertà", "nessuno nasce omicida".
Il film, che ha vinto il premio "Best contemporary issue film" al DocMiami ed e' stato nominato "Best debut documentary film 2012" all'Israel Documentary Awards 2012, "non e' stato trasmesso dalla tv israeliana, che mostra di non voler modificare la sua narrazione" dice la regista "ma e' stato proiettato da molti cinema in Israele e si sta pensando di portarlo nelle scuole". Le reazioni degli spettatori israeliani "sono state positive" afferma Herman, "Alcune persone sono venute per contestare il film e l'hanno accusato di essere sbilanciato a favore dei palestinesi", dice, "ma in Palestina mi han accusato del contrario". "Mio obiettivo non e' stato cercare il perfetto equilibrio, ma una narrazione diversa". "In ogni caso, ha concluso la regista, tutti gli spettatori hanno mostrato di aver riflettuto sulla storia. Il dialogo e il rispetto hanno un gran potere".