2 gennaio 2015 ore: 15:30
Società

L’anima "sociale" del rugby: gestire l’irregolarità e guardare chi sta indietro

In tempi di crisi, anche della solidarietà, quello della palla ovale dovrebbe essere dichiarato sport nazionale in molti paesi della vecchia Europa. Perché coniuga solidarietà, cooperazione, spirito di gruppo, senso del dovere
Rugby, palla ovale in primo piano

Sport e sociale, binomio da studiare. Lo sport come svago, ma anche come impegno, come strumento educativo, come mezzo per costruire o riabilitare un assetto fisico o psicologico. O, infine, come semplice metafora. Ma qual è la disciplina sportiva che,

in tempi di crisi, più rispecchia le prerogative sociali che un popolo dovrebbe riscoprire? Ne siamo certi: è il rugby. Riflettevo su questa antica e nobile disciplina nel corso della presentazione del libro "Management e rugby: strategie vincenti" di Massimiliano Ruggiero, che ho avuto l'occasione di moderare. In quel caso si è sottolineato l'importanza del rugby come formidabile modello di programmazione perfettamente applicabile alla realtà aziendale, essendo capace di creare un clima cooperativo e fattivo nei gruppi di lavoro.

Ho cercato allora di capire quali messaggi e quali valori questo sport potesse veicolare anche in altri ambiti. E ho trovato diversi spunti anche per una sua lettura "sociale".

Gestire ciò che è "irregolare". Innanzitutto la scelta di una palla ovale. Quale pazzo scatenato può aver deciso di adottare un simile strumento di gioco? C'è qualcosa di più imponderabile del rimbalzo sul terreno di una palla da rugby? Probabilmente no. E questa antica e nobile disciplina sportiva coltiva con gelosia questa sua attitudine all'imponderabile. Pensate: il calcio vuole palloni sferici e campi di gioco in perfette condizioni per evitare qualsiasi potenziale "irregolarità", per potersi concentrare sull'aspetto tecnico. Il tennis, giusto per fare un altro esempio, sta addirittura soppiantando i terreni in terra battuta e, comunque, cambia addirittura palline ogni 7 games per evitare che le stesse, sgonfie, abbiano rimbalzi non regolari. Il rugby no. Il rugby è geloso della sua imprevedibilità.
E, di conseguenza, tutta la vita del rugbista è tesa ad allenarsi per fronteggiare tale imponderabilità! Per fare in modo che l'irregolarità diventi normalità. E già questo appare un messaggio rivoluzionario.

Andare avanti, guardando indietro. L'altro aspetto significativo riguarda una delle regole basilari di questo sport: l'obbligo di avanzare passando palla indietro. Vale a dire: chi è in prima linea, si volge dietro, coinvolge nel gioco chi è alle sue spalle e chiede che venga avanti, che partecipi all'azione. Perché solo nel supporto di chi c'è dietro, solo nella crescita - spaziale e tecnica - di chi segue ci sono maggiori probabilità di affermazione per chi è davanti. Il tutto in un irrinunciabile gioco di squadra. Un messaggio sociale rivoluzionario! Una metafora della vita ancora più attuale in periodi come quelli che stiamo attraversando. Il tutto, ovviamente, gestito dal collante di un formidabile senso di appartenenza.

Obiettivo per il 2015: "placcare" la crisi. E' così che, in tempi di crisi, il rugby può forse diventare lo sport per eccellenza dell'anno che sta per iniziare. Gli ingredienti, meglio ancora i "suggerimenti" per una ripresa della società civile ci sono tutti: spirito di gruppo, cooperazione, aiuto reciproco, forte senso di appartenenza, valori forti, abitudine alla fatica e, come detto, attenzione a chi ci segue e vocazione a gestire l'imponderabile. Sì, a pensarci bene è il rugby lo sport da cui far ripartire la vecchia Europa! Sotto a chi tocca.