L'Aquila, "ricostruzione ferma per la burocrazia": sindaco pronto ad andare in procura
ROMA - Un terremoto nel terremoto. Il primo, quello del 2009, ha ovviamente cause naturali, spiegabili scientificamente. Il secondo, quello che scuote il mondo del lavoro abruzzese, oggi ridotto allo stremo, è “un sisma” che sembra non finire mai, che coinvolge soprattutto l’Aquilano e che è originato da assurde faglie burocratiche, “fratture” del sistema amministrativo statale che impediscono l’arrivo di finanziamenti già assegnati in tempi rapidi (come emergenza vorrebbe) e certi.
L’Aquilano, ma anche il Cratere circostante con gli altri comuni, sono zone dove dovrebbe esserci più lavoro che mai, almeno nell’edilizia (visto che c’è da ricostruire di tutto, dalle case alle chiese, alle scuole), ma dove anche i cantieri importanti restano immobili, in ansiosa attesa della ripartenza. Bloccati dai burocrati romani, che non danno seguito a pratiche per l’erogazione di fondi già destinati e presenti nel capitolo 8005 del ministero dell’Economia e Finanze. Il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente dichiara - senza mezzi termini – che oggi la ricostruzione de L’Aquila è “ufficialmente ferma a causa dei ritardi della burocrazia”. Cialente aspetta entro il fine settimana 205 milioni di euro (quelli relativi al decimo elenco di cantieri approvati per la ricostruzione privata, mentre è già pronto l’undicesimo per cui il sindaco attende altri 778,2 milioni messi in previsione dal ministero dell’Economia e Finanza) già da tempo assegnati al capoluogo abruzzese e accusa del ritardo nell’erogazione un alto dirigente del ministero dell’Economia.
"Se non li riceverò - dice - stavolta mi rivolgerò alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti, poiché la situazione è insostenibile a causa dei troppi ritardi e comportamenti omissivi che causano un danno all’erario. Le nostre pratiche di erogazione di quei fondi vitali per ricostruire, visto che di emergenza si tratta, dovrebbero avere il “codice rosso”, come quando in ospedale arriva un traumatizzato in pericolo di vita. I soldi per la ricostruzione ci sono, sono già stati assegnati alle nostre comunità ma non entrano nelle nostre casse: parlo di una cifra che, fra L’Aquila e dintorni, supera il miliardo di euro. Ogni settimana - aggiunge il sindaco - continuo a ricevere persone che sono ormai a reddito zero e che, in troppe, fanno conto sulla carità. Almeno il 70 per cento dei concittadini che vengono da me sono alla ricerca di un lavoro. Nel mio comune ci sono 14 mila sfollati. Conosco commercianti che si stanno vendendo tutto per sopravvivere. Il problema del lavoro, da queste parti, è drammatico e le aziende edili hanno rimesso gli operai in cassa integrazione, in attesa che i finanziamenti arrivino e che i cantieri ripartano. Cantieri che avrebbero dovuto iniziare a lavorare il 1° agosto 2014, a causa delle pastoie burocratiche, sono stati bloccati e potrebbero riaprire, adesso, solo a primavera inoltrata. Da troppo tempo i nostri lavoratori subiscono sulla loro pelle e quella delle loro famiglie questi incomprensibili ritardi della burocrazia, che non ci dà soldi già nostri, mentre il nostro tessuto economico e produttivo è sottoposto, ogni giorno, a durissima prova".
Gli ultimi dati dell’Istat, diffusi dai sindacati, hanno fotografato il passato 2014 in maniera impietosa, con numeri drammatici: "Lo scorso anno - afferma il segretario generale regionale della Cgil, Gianni de Cesare - l’Abruzzo è stata la regione dove – a livello nazionale - si è perso più lavoro". Se nel 2014 l’intero meridione ha visto sfumare 45 mila posti (-0,8%) e l’Italia ne ha guadagnati 88 mila (+0,4%), l’Abruzzo ha “bruciato” circa 10 mila occupati, passando da 486 mila a 476 mila. L’Abruzzo ha visto scomparire l’1,1 per cento dei posti di lavoro, più del doppio di quelli persi, ad esempio, dalla Campania (-0,5 per cento). "Nel 2014 un quarto della perdita di occupazione registrata nell’intero Sud è avvenuta nella nostra regione, mentre è cresciuta anche la disoccupazione, ovvero il numero di coloro che cercano un lavoro: da 62 mila a 68 mila persone". Prima del terremoto del 2009, nella sola provincia dell’Aquila si contavano 118.300 occupati, oggi sono 111 mila. Nel recente incontro di Pescara con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, Cgil, Cisl e Uil hanno espresso le loro preoccupazioni e consegnato al ministro un documento in cui illustravano “la gravissima situazione abruzzese”.
La regione Abruzzo ha annunciato la creazione di 100 mila nuovi posti di lavoro: "Nel frattempo - notano i sindacalisti - l'uso degli ammortizzatori sociali rimane massiccio e la povertà rischia di dilagare". (Paolo Giovannelli)