13 febbraio 2013 ore: 15:42
Disabilità

L'assistente sessuale? "Non è l'unica strada"

L’analisi di Angelo Lascioli, docente di Pedagogia speciale all’Università di Verona: "Vanno sicuramente cercate delle risposte, che però non devono essere le stesse da Paese a Paese"
Assistente sessuale per persone con disabilità - Dal Film The session
Roma - Assistente sessuale? La posizione del professor Angelo Lascioli, docente di Pedagogia speciale all’Università di Verona, è più sfaccettata di quelli quella di Maximiliano Ulivieri, promotore di una petizione per l’introduzione di questa figura anche nel nostro Paese. Sul numero di febbraio di SuperAbile Magazine, Lascioli, che da anni è impegnato sul fronte dell’educazione sessuale per le persone con disabilità intellettiva, racconta: “Vanno sicuramente cercate delle risposte, che però non devono essere le stesse da Paese a Paese. Perché le soluzioni non possono prescindere dalla cultura e dalle tradizioni di ogni luogo e in Italia sarebbe difficile elaborare una figura come quella dell’assistente sessuale”.
 
Meglio, dunque, puntare su concetti come formazione e presa di coscienza di sé e del proprio corpo. Si tratta però di soluzioni che, se possono andare bene per i disabili intellettivi, appaiono invece un po’ strette per quanti, pur avendo una disabilità fisica, sono perfettamente in grado di intendere e di volere. “In casi come questi non si può negare il diritto di scelta – riconosce il professore –. Ed è ovvio che questo diritto deve trovare qualcuno in grado di fornire una risposta alle esigenze della persona disabile”. No però ai rimedi fai-da-te che, tra l’altro, rischiano di rivelarsi pericolosi. “Non parliamo di prostituzione, ma di personale adeguatamente preparato – prosegue il docente –. Mi rendo conto che si tratta di un confine piuttosto labile, ma la linea di demarcazione risiede proprio nella figura che svolge questo ruolo: deve possedere una formazione specifica».
 
Diversa la situazione delle persone con disabilità intellettiva: “In questo caso il diritto all’affettività e alla sessualità non vuol dire assistenza sessuale, ma formazione”. Sotto questo aspetto il nostro Paese appare in ritardo rispetto ad altre realtà europee, dove l’educazione sessuale di chi ha un deficit intellettivo è ormai una realtà consolidata. “Nel mondo dei servizi sociali e della scuola il tema della sessualità non viene affatto considerato, perché alcuni lo negano e altri lo ritengono un pericolo”. Una rimozione, quest’ultima, che rende il problema ancora più scottante, quando poi esplode di colpo di fronte a una famiglia impreparata. Mentre sarebbe necessario “creare una cultura che riconosca la sessualità come una dimensione fondamentale nella vita di una persona”. Partendo però dal presupposto che “la disabilità intellettiva mette in discussione concetti che consideriamo scontati come la capacità di discriminare” e che una maggiore consapevolezza del proprio corpo riduce il rischio di abuso, tra le persone con disabilità intellettiva quattro volte più alto rispetto al resto della popolazione. (ap)
Per leggere la versione integrale dell’articolo apparso su SuperAbile Magazine: http://www.superabile.it/sfogliatore/index.aspx?anno=2013&mese=02
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