L’equo compenso per i giornalisti free lance: più lavori meno ti pago
ROMA - “Iniquo compenso”, “accordo truffa”, “paghe a pane e acqua”, “Fnsi scomunicata”, parafrasando la scomunica del Papa ai mafiosi e l’immancabile #Siddivergogna. E’ un’estate di fuoco sui social network per i dirigenti sindacali dei giornalisti, con l’account del segretario nazionale Franco Siddi (@frasisam) preso d’assalto da tweet bombing e tweet storm con contestazioni, rivolte anche al sottosegretario all’editoria Luca Lotti e al suo portavoce Luca Di Bonaventura, ex precario dell’Ansa in Toscana. Giornalisti precari e freelance usano Facebook e Twitter per farsi sentire su un tema che i mass media difficilmente possono trattare: lo sfruttamento nel sistema editoriale italiano e un accordo stretto fra il sindacato, la Federazione nazionale della stampa, e gli editori della Fieg che, secondo le accuse dei giornalisti, “legalizza lo sfruttamento” e “minaccia la libertà di stampa”.
L’accordo stabilisce che “l’equo compenso” per i giornalisti che lavorano da non dipendenti, senza contratto, è pari a 3000 euro lorde l’anno, 250 al mese. L’intesa stipulata tra le parti, Fnsi e Fieg, nella notte del 18 giugno scorso, è stata recepita il giorno seguente dal sottosegretario all’Editoria Luca Lotti nella delibera della commissione dell’equo compenso, con il solo voto contrario del presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino.
Grazie a questo accordo, è legge dello Stato che un giornalista non è sfruttato se: guadagna 20 euro lordi per un articolo di quotidiano (di almeno 1600 battute). 250 euro lordi al mese, 3000 euro per 144 articoli l’anno. Se il pezzo viene tagliato dalla redazione (e contiene meno di 1600 battute) l’accordo non si applica e si può essere pagati ancora meno. Non sono previste differenze sull’argomento trattato, può essere un’inchiesta sulle mafie o l’inaugurazione di un teatro, né sulla tipologia di testata: vengono messi sullo stesso piano i quotidiani nazionali e quelli locali.
La delibera sancisce anche che più si lavora meno si guadagna: fino a 144 articoli in un anno la paga “equa” è 250 euro al mese, da 145 a 288 articoli è altrettanto “equo” essere pagati il 60% di 250 euro e da 289 a 432 articoli, il 50% di 250. È stato infatti introdotto per legge un “riduttore” dei compensi. Infine, l’accordo avalla implicitamente che si possa scrivere più di un articolo al giorno per un giornale (432 articoli l'anno) lavorando come un dipendente, ma senza contratto e senza essere assunti. Il compenso “equo” per un lancio di agenzia è 6,25 euro. Chi lavora per un’agenzia di stampa o per una testata sul web, per la stessa cifra, potrà arrivare a produrre fino 40 segnalazioni/informazioni anche corredate da foto/video in un mese e la sua paga sarà considerata “equa”. “Se il lavoro viene commissionato ma non pubblicato può non essere pagato – scrivono in una nota i promotori dell’assemblea del 5 luglio e della manifestazione StopFnsi dell’8 - Naturalmente nessun rimborso spese se non concordato in precedenza. Un collaboratore può essere mandato via dalla testata senza alcun problema e nessuna tutela per il giornalista. L’accordo sull’equo compenso è stata la moneta di scambio per arrivare a firmare il rinnovo del contratto nazionale per i giornalisti dipendenti. Ma anche loro perdono clamorosamente. L’accordo sul lavoro autonomo apre la strada all’espulsione in massa dei dipendenti dalle redazioni. Perché a parità di quantità e qualità di lavoro svolto, un giornalista autonomo costa cifre ridicole rispetto a un contrattualizzato” .
La ratio della legge sull’equo compenso - promulgata a dicembre 2012 - era di proteggere dallo sfruttamento i tantissimi giornalisti non assunti, oltre il 60% degli iscritti all’Ordine. Molti di loro non sono più giovani e hanno un’età compresa fra i 31 e i 55 anni. Il compito di stabilire la soglia dell’equo compenso, al di sotto del quale si configura lo sfruttamento e la perdita dei contributi pubblici all’editoria, spettava alla Commissione governativa per la valutazione dell’Equo compenso nel lavoro giornalistico presieduta dal sottosegretario all’editoria Luca Lotti (prima dal sottosegretario Legnini). A favore della delibera hanno votato: i rappresentanti del Governo, del Ministero del lavoro, del Ministero dello Sviluppo economico, quelli dei giornalisti: Giovanni Rossi, presidente di Fnsi-Federazione nazionale della stampa Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi-Istituto di previdenza dei giornalisti, per gli editori Fabrizio Carotti, direttore generale della Fieg-Federazione italiana editori giornali. Unico ad aver votato contro è stato il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino.
“Anni di lotte, denunce, proteste e sit in sono stati bruciati in una notte – continua il comunicato dei precari - A chi dice che questo è un «compenso minimo» o un «passo avanti» per gli autonomi chiediamo di lasciare il posto e il contratto che hanno e di andare a lavorare da autonomi per queste cifre. E chi potrà continuare a lavorare? Solo chi fa il giornalista per hobby o chi è ricco di famiglia. Un colpo mortale è stato assestato alla libertà di informazione in Italia. Il coltello dalla parte del manico forse l’avevano gli editori. Ma a spingere per pugnalare più forte è stato il nostro cosiddetto “sindacato”.
Le proteste sono anche contro il contratto per i dipendenti, firmato subito dopo l’accordo sull’equo compenso, con la motivazione che “sancisce il via libera a un’occupazione precaria e sottopagata”. Questo perché introduce “nuove tipologie di assunzione, come il salario di ingresso, che abbassano le tutele dei giovani, quelle di chi è rimasto senza lavoro o ha un contratto non inquadrato nel Ccnlg (per esempio, di collaborazione coordinata e continuativa) e, di riflesso, anche quelle degli occupati. Si concedono agli editori sgravi retributivi e contributivi anche per le eventuali assunzioni a tempo determinato, senza che sia garantita una successiva stabilizzazione”. Inoltre nel nuovo contratto, valido fino al 2016, si introduce la figura dell’apprendista che contrasta con quella del praticante stabilita dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, prolungando la retribuzione ridotta fino a 36 mesi e riducendo ulteriormente anche quella successiva che resterà quella del “Redattore Ordinario con meno di 30 mesi” per un altro triennio, sempre che il contratto sia trasformato a tempo indeterminato. Secondo l’Associazione Stampa Romana “queste norme serviranno da paravento a una gigantesca sanatoria di posizioni illegali che verranno sanate a danno dei professionisti fino ad oggi sfruttati selvaggiamente”. (Raffaella Cosentino)