L’estate del "caregiver": quando la vacanza non esiste ma si inventa
Virginia con il figlio e il marito
ROMA – La disabilità non va in vacanza: è ovvio, nessuno potrebbe aspettarsi il contrario. Di conseguenza, anche chi di questa disabilità si prende cura, difficilmente riesce a concedersi una vera “estate”: parliamo del caregiver familiare, quella persona su cui, nella maggior parte dei casi, grava il compito quotidiano, costante e continuo, della cura. Può essere un genitore, oppure un figlio, in qualche caso è un altro familiare: insostituibile nel suo compito durante tutto l’anno, quando almeno in parte è supportato da altre figure più o meno professionali, durante l’estate il caregiver spesso deve fare i conti con l’interruzione di servizi e prestazioni e supplire quindi anche a quelli: niente “ferie”, quindi, per quanto riguarda il lavoro di cura. Lettino, ombrellone e relax sono per molti solo un sogno, o un ricordo remoto. C’è però anche chi riesce a inventarsi delle “strategie di sopravvivenza estiva”, concedendosi se non un vero e proprio riposo, almeno uno “stacco” e un “cambiamento d’aria”. Attraverso le voci di alcuni caregiver, diversi per provenienza, per età, per contesto e per situazione familiare, proviamo a raccontare dove e come stanno trascorrendo questo periodo estivo: quali sono le loro abitudini, quali le difficoltà da affrontare, quali i desideri ancora inesauditi. Tante e differenti le storie: ci sono i genitori anziani di figli ormai adulti, ormai esperti “caregiver” e in alcuni casi “ostinati vacanzieri”, nono stante tutto; ci sono tante mamme sole, con uno o più figli, per le quali la vacanza proprio non esiste perché – assicurano – “la nostra stanchezza è irrecuperabile”. E ci sono le “famiglie organizzate”, che nonostante tutto alla villeggiatura non rinunciano. Storie lontane e diverse, accomunate però da un chiaro e irrinunciabile obiettivo: non far mancare il proprio sostegno a chi, ogni giorno dell’anno, conta su di esso.
“Noi viviamo l'estate come l'inverno: da soli”: Silvano ha 65 anni e, con sua moglie, si prende cura della figlia Chiara ogni giorno. “Siamo soli non per mancanza di amici e parenti, ma perché ognuno è preso dalle sue cose. Trascorriamo l’estate in campagna: durante la settimana ci dedichiamo all’orto e a tenere in ordine la nostra proprietà, il gatto e le quattro galline. Poi il sabato invitiamo a cena 10-15 persone, a volte amici nostri o parenti, altre volte amici di Chiara. Le nostre ‘aperi-cene’(perché iniziano alle 19, visto che Chiara non può fare le ore piccole) sono composte da due o tre antipasti, un primo, un secondo e contorni vari dell'orto. Si chiude con il dolce e alle volte anche due. I vini sono appropriati alle pietanze che mia moglie prepara e che variano di volta in volta. Questo per dire l'impegno che ci mettiamo e che fortunatamente viene apprezzato dai commensali: è fondamentale per noi, visto che l'unico modo per avere una vita sociale. Noi non possiamo andare in ferie con i nostri amici, perché le nostre esigenze sono completamente diverse dalle loro: l’unica volta che l'abbiamo fatto, ho perso il miglior amico che avevo. Da quella volta ho deciso che non sarei mai più in vacanza con altri. Al mare, che pure è vicino, abbiamo l’ombrellone stagionale, ma non ci andiamo mai. Mia sorella, ieri sera, ha provato a protestare: “Ma perché non venite mai in spiaggia?”. Allora ho dovuto dirle: “Perché non ci tieni tu Chiara, tutto il giorno, per una settimana? Perché non la accudisci dalla A alla Z, sapendo cosa vuol dire tutto l'alfabeto? Perché non la porti al mare in bici, non la porti a passeggio o in campagna e la addormenti alla sera? Non ha replicato nulla: le ho passato mia moglie e hanno parlato di cucina. Ecco, questa è la nostra estate, non tanto diversa da tutte le altre stagioni dell’anno”.
Virginia con il figlio e il marito |
“E’ un impegno continuo, nostro figlio è sempre con noi e non possiamo perdere mai la concentrazione. Ha 26 anni, ha una forma di autismo e non parla, se non attraverso il computer.”. Virginia si trova in Trentino, dove trascorre tutta l’estate con suo marito e suo figlio minore: il più grande vive a Firenze. “Noi trascorriamo qui tutta l’estate, mentre d’inverno ci spostiamo in Liguria, per permettere a nostro figlio di studiare filosofia in un’università organizzata per le sue esigenze”. Per Virginia, però, il Trentino non è quella regione in cui tutto funziona e che tanti osannano. “A scuola non volevano farlo neanche diplomare, abbiamo dovuto iscriverlo in Liguria! E anche per l’estate, non siamo riusciti, nonostante i mille tentativi, a trovare una soluzione: tutti, perfino l’oratorio, trovano mille pretesti per non inserire nostro figlio. I servizi sociali non ci aiutano in alcun modo, ci lasciano soli tutta l’estate. Così, passiamo questo periodo come il resto dell’anno: in tre. Se andiamo da qualche parte, lui è sempre con noi, io e mio marito non stiamo mai da soli. Alcuni giorni fa mio marito ha dovuto subire un intervento: io ho dovuto portare nostro figlio con me in ospedale, con il terrore che facesse qualche scenata. Per fortuna, con le cuffie sempre nelle orecchie, è stato bravo e non è andata male. Però è molto dura: stare dietro a mio figlio è un impegno continuo, non possiamo mai perderlo d’occhio. E l’estate è ancora più faticosa dell’inverno, perché non ha le sue attività, che lo impegnano almeno qualche ora al giorno. Qui non c’è davvero nulla: facciamo qualche escursione, ma sempre noi tre da soli. I parenti e gli amici sono scappati tutti, a casa nostra non viene mai nessuno. In queste condizioni, parlare di vacanza è impossibile. Qui vicino c’è un lago: tante volte ho pensato: ‘ora ci buttiamo e la facciamo finita’”. (cl)