14 ottobre 2013 ore: 12:06
Giustizia

L’indulto, ”come reinserire quando si liberano 24 mila detenuti in un giorno?”

Su la voce.info l’analisi di Giovanni Mastrobuoni, che torna all’indulto del 2006 per sottolineare la necessità di non commettere gli stessi errori. Per esempio: “Meglio scaglionare nel tempo delle scarcerazioni, iniziando dai detenuti più anziani”
Carcere. Indulto

ROMA – Indulto sì, indulto no. Amnistia sì, amnistia no. Nel dibattito in corso in queste ore, che tanti mal di pancia sta provocando anche alla politica, interviene Giovanni Mastrobuoni docente universitario a Essex, ex ricercatore affiliato a Netspar (Olanda) e Iza (Germania, i cui lavori sull’economia del lavoro e sull’economia del crimine sono stati pubblicati su varie riviste internazionali. Su lavoce.info Mastrobuoni si mostra oltremodo scettico su amnistia e indulto e argomenta la sua contrarietà, partendo dall’esperienza del 2006 e toccando aspetti tecnici relativi all’inefficacia di tali provvedimenti.

Giova ricordare che il tema è stato posto con forza da un discorso diretto alle Camere del Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano. Il capo dello Stato ha chiesto infatti di porre rimedio al problema del sovraffollamento nelle carceri italiane: un “atto inusuale - ricorda Mastrobuoni – anche dovuto alla sentenza della Corte di Strasburgo, che invita il governo italiano a porre rimedio alla situazione carceraria entro il 28 maggio 2014, poco più di 7 mesi da oggi”.

L’esperienza insegna. La situazione nelle carceri italiane è effettivamente drammatica. Lo è oggi, ricorda l’articolo de la voce.info, come lo era anche nel 2006, poco prima dell’ultimo indulto.
”Il riproporsi dello stesso identico problema sancisce l’incapacità della politica di risolvere il problema delle carceri – afferma Mastrobuoni -. All’epoca l’indulto sancì la fine dell’emergenza e quindi, in un paese come il nostro, la fine della spinta riformatrice per risolvere il problema alla radice. Ad esempio, ai proclami di massicci piani di edilizia carceraria con copertura finanziaria seguì l’opera di un lento e silenzioso cannibalismo dei fondi spinto dalla necessità di reperire denari per le casse dello stato. Sette anni dopo, la capienza delle carceri risulta essere aumentata di sole 4 mila unità, meno del 10 percento, mentre i proclami di allora parlavano di 37 mila nuove unità”.
”Indulti e amnistie oltre a non risolvere i problemi che sono alla radice della questione del sovraffollamento uccidono qualsiasi spinta riformista – precisa -. Quindi, il primo errore da evitare è quello di incominciare ad affrontare la questione del sovraffollamento con atti come l’indulto o l’amnistia. Sarebbe molto più utile condizionare tali atti ad una seria riforma carceraria”

Gli errori da evitare. Mastrobuoni ricorda che il presidente Napolitano ha fornito tutti gli elementi che una riforma sistematica dovrebbe avere, e solo in chiusura di elenco sono stati citati come rimedi possibili l’indulto e l’amnistia. “Ma a una lettura distratta potrebbe essere sfuggito un importante distinguo rispetto a come venne organizzato l’indulto del 2006. Il presidente infatti riconosce che tale indulto fece aumentare i reati e quindi si augura che questa volta vengano adottate idonee misure finalizzate al reinserimento dei detenuti. Come ciò possa avvenire – precisa Mastrobuoni – con un numero finito di operatori quando si liberano 24 mila detenuti da un giorno all’altro non ci è dato sapere”.

Non solo. Per lavoce.info il secondo errore da evitare è dunque “quello di replicare il metodo di scarcerazione dell’indulto del 2006.
“Ad esempio – conclude Mastrobuoni – si potrebbe prendere in considerazione lo scaglionamento nel tempo delle scarcerazioni, iniziando dai detenuti più anziani (che sappiamo essere quelli meno propensi alla recidiva). Andrebbe anche presa in considerazione l’opportunità di escludere non solo chi commette ‘reati particolarmente odiosi’, ma anche chi tende a commetterne mo0lti e a intervalli ridotti, come d’altronde previsto dalla legge”. (daiac)

 

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