L'Italia della "buona accoglienza": ecco dove i rifugiati sono benvenuti
- ROMA - C'è Tor Sapienza, c'è l'Infernetto. Ma non solo. L'Italia è caratterizzata anche da tutta una lunga serie di positive esperienze di integrazione, luoghi dove gli immigrati sono riusciti ad inserirsi nel tessuto sociale e cittadino senza provocare scossoni e senza creare allarmismi o grandi tensioni. E questo grazie alla bontà dei progetti messi in atto o alla lungimiranza di chi si è adoperato per il loro inserimento. Abbiamo raccolto, dunque, alcune di queste esperienze, dalla Sicilia al Veneto, annotandole sotto il "tag" La buona accoglienza. Eccone alcuni esempi.
La "via emiliana" per gestire il malcontento. Nel bolognese, la cooperativa "Lai Momo" gestisce alcune strutture che accolgono migranti, tra cui Villa Angeli a Sasso Marconi. Grandi numeri e risorse scarse spesso ostacolano l’integrazione, ma la cooperativa sottolinea come a Bologna non ci siano mai state vittime di razzismo o intolleranza: “Questo è un territorio più accogliente di altri, abituato a gestire le vicende in maniera più appropriata. Ma c’è comunque un grandissimo malcontento". Il tutto mentre Reggio Emilia cerca soluzioni personalizzate per i profughi e punta ad aprirsi al territorio per evitare scontri.
A Piacenza l'amministrazione comunale sta riqualificando un quartiere molto popolare e per farlo ha chiesto la collaborazione della comunità senegalese, dei romeni e dei magrebini. E tutto sta filando liscio.
Fermo: piccoli numeri, buoni risultati. Non possono lavorare, ma studiano l’italiano grazie al supporto di suor Filomena. Non hanno diritto a essere retribuiti, ma fanno stage come giardinieri o agricoltori nei campi vicini. E vanno nelle scuole a raccontare ai ragazzi marchigiani la loro esperienza di migrazione forzata. I circa 80 richiedenti asilo accolti in un’ala del seminario arcivescovile di Fermo (nelle Marche) si stanno via via integrando nel tessuto cittadino. Dopo una iniziale diffidenza di alcuni e i pregiudizi di altri, i giovani ospiti – provenienti soprattutto dai Paesi africani e sbarcati sulle coste di Lampedusa o della Sicilia – si stanno facendo conoscere.
L'esempio di Terni: dispensa "africana", coupon e sala internet. Nove strutture in città, di cui otto appartamenti e il centro di accoglienza “S. Gabriele” (16 camere singole con bagno), nei pressi dell’ospedale “S. Maria”. Più un grande edificio, in collina (a Casteldelmonte, nel comune di Acquasparta, a circa 30 chilometri di distanza), usato come luogo di smistamento iniziale. Attualmente l’associazione di volontariato San Martino, “costola” della locale Caritas diocesana, si prende cura di un’ottantina di migranti, provenienti dal Ghana, dall’Eritrea, dal Pakistan, dal Burkina Faso e dalla Nigeria. Lo fa con 6 operatori, una cuoca eritrea e un’insegnante di lingua italiana.
Treviso cambia pelle. Convivenza e solidarietà sono possibili, nonostante le difficoltà dell’accoglienza, la scarsa organizzazione, le strutture inadeguate. La testimonianza arriva da Treviso, città che negli ultimi mesi sembra aver cambiato pelle - oltre che giunta comunale -, dimostrando di non essere insensibile al problema dei profughi.
Fino a poco tempo fa la città non disponeva di alcuna struttura di accoglienza. “Per i senza tetto erano a disposizione solo quattro posti letto - spiega l’assessore alle Politiche sociali, Liana Manfio -. Lo scorso inverno di fronte alla necessità di ampliare l’offerta, abbiano ricavato venti posti letto in una struttura comunale in via Pasubio. Una volta terminato il periodo critico, abbiamo destinato questi posti ai profughi che iniziavano ad arrivare a Treviso”. E polemiche politiche a parte, la cittadinanza ha risposto positivamente.
Palermo, una convivenza pacifica. Per 37 migranti lezioni d'Italiano, sport e tante iniziative di intercultura con i palermitani, come le feste, la cucina, i momenti di condivisione interreligiosa e le gite nel periodo estivo. Si tratta di un Cas di primo livello, gestito dalla Caritas di Palermo, ubicato all’interno della struttura Beato Giacomo Cusmano di via Altofonte, in una delle zone periferiche del capoluogo isolano. I residenti sembrano avere accettato fin da subito la presenza di questi giovani che circolano liberamente per la città. La gran parte di loro è in attesa che la commissione si pronunci sul loro status di rifugiato.
Sesto Fiorentino, rifugiati al servizio della città. Un accordo tra Caritas e comune prevede che i migranti si occupino della realtà cittadina. Il comune, infatti, ha accolto 38 profughi che adesso potranno rendersi utili al territorio attraverso mansioni a titolo volontario quali la pulitura delle strade, dei fossi e dei giardini. Ogni gruppo lavorerà per due ore per due giorni alla settimana. Le associazioni coinvolte nel progetto, oltre alla Caritas, sono sei. Il protocollo firmato, oltre alla cura delle strade, prevede corsi di italiano, educazione civica e altri progetti di socializzazione e integrazione. Ad esprimere perplessità sul progetto è Don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano. Secondo Russo, non è giusto che i profughi vengano utilizzati dal comune di Sesto per “lavori sporchi”, tanto più senza essere pagati.
Accoglienza, in Brianza si fa in appartamento. La pratica è cominciata nel 2011 e ora è diventata uno standard. Il costo per ogni ospite è lo stesso ma aumentano le possibilità d'integrarsi nel tessuto sociale. In tutto, dal marzo 2014 sono passati circa 510 persone. L'accoglienza in appartamento, in Brianza, è cominciata con l'emergenza Nord Africa del 2011. Allora era solo un esperimento, poi la Prefettura monzese, insieme alle associazioni del terzo settore, ha costruito un protocollo per standardizzare le procedure d'accoglienza in provincia. Oggi ci sono due strutture (un residence a Carnate e il centro Spallanzani di Monza) che accolgono tra le 30 e le 50 persone in casi di emergenza, poi ci sono 35 appartamenti, tutti trovati nel mercato privato, nei quali i richiedenti vivono in media in sei.
Su Rs, l'Agenzia di Redattore sociale tutti i lanci su "La buona accoglienza":
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