L'Italia oltre gli sbarchi: 61.536 i migranti accolti nelle strutture
ROMA - L’emergenza sbarchi che l’Italia ha vissuto nell’ultimo anno non ha precedenti: secondo i dati del Ministero dell’Interno, dal 1° gennaio a metà ottobre 2014 sono stati gestiti 918 sbarchi, nel corso dei quali sono giunte 146.922 persone, per l’11% donne e per il 21,2% minori. I dati dell’Agenzia europea Frontex indicano una prevalenza di eritrei e siriani tra coloro che hanno attraversato il Mediterraneo nei primi otto mesi del 2014; seguono i cittadini di Mali, Nigeria, Gambia e Somalia. Numeri che destano allarme, soprattutto se paragonati con quelli degli anni passati. Nel 2011, che era stato un anno record per gli effetti delle “primavere arabe”, gli arrivi erano stati 63.000, 13.000 nel 2012 e 43.000 in tutto il 2013. A ricordarlo è il 48° Rapporto sulla situazione sociale del Paese.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni stima che siano stati oltre 3 mila i morti nel Mediterraneo tra gennaio e settembre 2014, e 22.400 quelli che complessivamente hanno perso la vita dal 2000 ad oggi (quasi dieci volte il numero delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle). Una tragica media di 1.500 morti ogni anno, che diventano oltre 3.000 nei soli primi nove mesi del 2014.
Numeri che mettono a dura prova anche il sistema di accoglienza di chi riesce a giungere a terra. Complessivamente, al 30 settembre le strutture di diversa natura presenti sul territorio nazionale ospitavano 61.536 migranti, collocati per più della metà in soluzioni alloggiative temporanee (il 52,8%, con un maggiore presenza in Sicilia, Lombardia e Campania), per un ulteriore 30% nelle strutture facenti capo allo Sprar (soprattutto nel Lazio, in Sicilia e in Puglia) e per il 17% circa nei centri governativi (i maggiori si trovano in Sicilia, Puglia e Calabria).
Il sistema anti-tratta: tra imminenti trasformazioni e cambiamenti necessari. Tra il 2000 e il 2012 il sistema di protezione italiano per le vittime di tratta è entrato in contatto con oltre 65 mila persone, cui ha fornito informazioni, accompagnamento ai servizi e consulenza; ha garantito assistenza strutturata a 21.795 vittime di tratta e grave sfruttamento, oltre 1.000 delle quali minori, nell’ambito dei progetti ex art.18 d.lgs. 286/98; cui si aggiungono 3.862 persone, di cui oltre 200 minori, entrati nei progetti di emersione e prima assistenza ex art. 13 l. 228/2003 nel periodo 2006-2012.
Solo nel corso dell’ultimo biennio sono stati oltre 1.500 i percorsi di assistenza attivati a favore delle vittime di tratta, dei quali 96 a favore di minori; quasi i tre quarti dei percorsi erano rivolti a donne, e oltre la metà hanno avuto come destinatari cittadini originari della Nigeria e della Romania. "Alla luce di tutto ciò è necessario che il sistema anti-tratta italiano riesca a superare le innegabili criticità che lo caratterizzano - afferma il Censis -, sottolineate a più riprese da chi lavora all’interno del sistema stesso, oltre che da enti sovranazionali. Un segnale positivo è sicuramente il recepimento della Direttiva 2011/36/Ue relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, cui l’Italia ha dato attuazione con il d.lgs. n. 24 del 4 marzo 2014. Tra le novità introdotte, si segnala il rafforzamento dello strumento punitivo, attraverso gli artt. 600 e 601 del Codice penale, e un accrescimento della tutela delle vittime di tratta particolarmente vulnerabili attraverso l’utilizzo di maggiori cautele in ambito processuale. Le vittime di tratta potranno anche avere accesso a un indennizzo di 1.500 euro attingendo al Fondo per le misure anti-tratta".
"Inoltre, viene prevista l’adozione di un Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento, atto a definire le strategie di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno e le azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all’emersione e all’integrazione sociale delle vittime. Un ulteriore e importante cambiamento è rappresentato dall’introduzione del Programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale che va a unificare in un percorso unico i due differenti programmi ex artt. 13 e 18", conclude il Censis.