L'Ue "boccia" l'Italia: lavori precari e poco qualificati se non si investe nell'educazione
BRUXELLES - Siamo scarsi in educazione terziaria e, come conseguenza, anche le politiche e i sussidi concepiti per incentivare l’occupazione giovanile, alla fine, vanno a vantaggio della creazione di posti di lavoro precari e poco qualificati. In altre parole, se si incoraggia i giovani a lavorare e a smettere di studiare prima, alla lunga questo non porta alla creazione di lavori di qualità. A identificare il problema per l’Italia è il rapporto 2014 su occupazione e sviluppo sociale, pubblicato oggi dalla Commissione.
In alcune simulazioni, gli esperti di Bruxelles hanno calcolato che se l’Italia, investendo lo 0,1% del suo Pil in misure per promuovere la creazione di posti di lavoro per i giovani, dividesse in due un tale investimento, dedicando quindi lo 0,05% del nostro prodotto interno lordo a borse di studio per la formazione professionale e per l’università, il risultato sarebbe un aumento dello 0,12% dell’occupazione, e l’impatto si farebbe sentire per la maggior parte su quella giovanile, con un’offerta di impiego di maggior qualità e durata. Inoltre, un tale investimento, sempre secondo le simulazioni, risulterebbe in un +0,2% di Pil e in un aumento dello 0,3% degli investimenti.
Ovviamente, dicono dalla Commissione, sarebbe ancora meglio se l’Italia mettesse a disposizione più fondi per l’educazione terziaria senza sottrarli a quelli già destinati alla lotta alla disoccupazione giovanile, ma questo oltre a essere lapalissiano è anche una via ’ poco praticabile in tempi di ristrettezze di bilancio.
E se il problema di una scarsa qualità dell’educazione terziaria è rilevato un po’ in tutta Europa, il rapporto sottolinea come ci siano misure in grado di incentivare sia la partecipazione dei giovani al mondo del lavoro sia di innalzare il loro livello di istruzione: ad esempio, in paesi come Malta, l’Austria, l’Olanda e il Lussemburgo, dove si è investito molto in misure in favore della prima infanzia, tali provvedimenti hanno avuto una ricaduta molto positiva sia sulla quantità e qualità del lavoro per le giovani donne in particolare, sia sulla loro formazione. La stessa cosa, purtroppo, non sta avvenendo in Italia.
Nella relazione si sottolinea anche l’importanza della mobilità dei lavoratori per migliorare l’occupazione in Ue, e la Commissione ha annunciato oggi che entro la fine dell’anno presenterà un pacchetto di misure proprio per favorire una migliore mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea.
Sul Jobs Act, invece, fonti dell’esecutivo di Bruxelles - pur non volendo commentare nel merito - riferiscono che la letteratura scientifica dimostra come all’aumento della flessibilità nei contratti di lavoro non sia mai corrisposta la creazione di un’occupazione di qualità, né un maggior investimento in formazione o in capitale umano, una critica neanche tanto velata al provvedimento di Renzi.
Tornando al rapporto, si sottolinea l’importanza degli investimenti pubblici come fonte di attrazione per maggiori investimenti privati e il fatto che i paesi più resistenti alle conseguenze della crisi siano quelli in cui il welfare funziona meglio (esempi sono l’Austria, l’Olanda, la Danimarca e la Svezia). (Maurizio Molinari)