17 dicembre 2014 ore: 11:20
Giustizia

La beffa dei risarcimenti per "detenzione disumana": accolti 87 su settemila

I detenuti possono chiedere rimborsi per aver subito le conseguenze del sovraffollamento. Oltre 18 mila le istanze presentate: quasi tutte le 7.351 esaminate (su oltre 18 mila) sono state dichiarate inammissibili per carenza di documentazione. Su cui però non c’è alcuna indicazione certa
Carcere, sovraffollamento, mani che escono da sbarre

MILANO - Questa storia ha il sapore della beffa: verso i detenuti italiani e verso l'Unione Europea. Dal giugno scorso, infatti, i detenuti italiani che sono stati o sono ancora reclusi in condizioni disumane (ossia hanno meno di tre metri di spazio a testa), possono chiedere un risarcimento allo Stato, grazie al decreto legge 92. Al 27 novembre 2014 risultavano presentate 18.104 istanze, ma solo in 87 casi i giudici di sorveglianza hanno riconosciuto il danno e il relativo risarcimento. E le altre domande? 10.753 erano ancora pendenti, mentre quelle definite erano 7.351. E qui si capisce perché siamo di fronte alla beffa: tra quelle definite, infatti, solo 129 sono state rigettate (vale a dire, il giudice ha accertato che non c'è stata detenzione disumana), mentre ben 6.395 domande (ossia l'87% di quelle esaminate) sono state dichiarate inammissibili.

Perché? La risposta è contenuta in un documento del ministero della Giustizia, che riporta i dati del lavoro di 54 dei 58 uffici di sorveglianza: "La maggior parte delle istanze è stata definita per inammissibilità non in quanto non meritevole di trattazione, ma solo in quanto non opportunamente documentata dai detenuti e si sta già creando un flusso di impugnazioni di tali decisioni verso la Corte di Cassazione".

In altri termini, i detenuti non sono stati in grado di dimostrare che hanno vissuto in celle sovraffollate. Sembra un paradosso, visto che l'Italia, con la sentenza Torreggiani, è stata pesantemente multata e "redarguita" dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Tanto che ha tempo fino a giugno 2015 per rendere le carceri più umane. Il problema sta nel fatto che non sono state ancora definite con precisioni le procedure e la documentazione per ottenere il risarcimento e quindi ogni tribunale di sorveglianza agisce come meglio crede. Tra l'altro, proprio nel novembre scorso, la Corte Europea ha respinto i 3.564 ricorsi avanzati negli ultimi anni dai detenuti italiani contro il sovraffollamento. Secondo i giudici europei, i rimedi risarcitori introdotti in Italia sono validi e i ricorrenti possono ora ottenere giustizia dai tribunali nazionali. A quanto pare non è così.

Sono gli stessi giudici italiani a lanciare l'allarme. Il 13 novembre scorso, il Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza (Conams) ha scritto una lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando per denunciare che "a causa delle incertezze e lacune del testo normativo, dei gravi contrasti giurisprudenziali, della complessità delle istruttorie e della assoluta inadeguatezza delle risorse e dei mezzi di cui dispongono gli Uffici di sorveglianza, è facile prevedere che sarà molto esiguo il numero dei casi decisi e risolti secondo gli standard prescritti dalla Giustizia europea in termini di effettività, rapidità ed efficacia dei rimedi accordati".

Parole confermate dai dati in possesso dallo stesso ministero. In particolare, poi, il Conams chiede che sia fatta chiarezza sull'interpretazione dell'articolo 35 (modificato questa estate con la legge che istituisce il risarcimento) e dell'articolo 69 dell'ordinamento penitenziario che prevedono che il risarcimento possa esserci solo quando il pregiudizio è attuale e grave. E così se ora un detenuto è recluso in condizioni migliori non può chiedere il risarcimento per gli anni passati?

I magistrati di sorveglianza chiedono anche "l'indicazione esplicita del rito processuale da adottare con l'auspicio di un modulo procedimentale snello e rapido" e più personale per smaltire tutte queste pratiche. La lettera del Conams dimostra, in altre parole, che dopo la sentenza Torreggiani l'Italia, per quanto riguarda i risarcimenti, ha combinato un pasticcio. Tanto che i giudici scrivono al ministro che se la situazione non cambia non potranno "adempiere al mandato conferito dal legislatore, con il paventato rischio che lo Stato italiano si presenti al redde rationem europeo nella primavera 2015 senza le carte in regola, con il marchio di avere per anni sottoposto i propri detenuti a trattamenti disumani e degradanti e di non essere riuscito in tempi ragionevoli a ristorarli dei danni patiti neppure con i benefici minimali contemplati dalla legge 117/2014". (dp)

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