La fame rallenta, dagli anni '90 dimezzato il tasso di affamati nel mondo
MILANO - La fame nel mondo rallenta. Ad oggi nel mondo c'è una persona ogni otto che patisce la fame, mentre negli anni '90 era una ogni quattro. Nonostante questo pare ancora lontano l'Obiettivo del Millennio lanciato dall'Onu per raggiungere il dimezzamento della fame nel mondo entro il 2020. In termini assoluti infatti gli affamati sono 805 milioni (contro il miliardo degli anni '90): "Non raggiungeremo i 500 milioni nel 2020", commenta Giangi Milesi, presidente del Cesvi, la ong che cura il rapporto in collaborazione con Ispi, Link2007 e il patrocinio di Expo 2015.
Due sono i Paesi che versano nelle condizioni più preoccupanti: Burundi ed Eritrea, fanalini di coda della classifica degli affamati. Sono i Paesi in cui più alto è il tasso di malnutrizione, la percentuale di insufficienza di cibo tra i bambini è maggiore e più alta è la mortalità infantile. A Burundi ed Eritrea, nella lista dei più afdamati, si potrebbero aggiungere altri otto Paesi per i quali non sono disponibili dati: Somalia, Repubblica democratica del Congo, Myanmar, Papua Nuova Guinea, Georgia, Afghanistan, Guinea francese e Sahara occidentale. Altri 14 Paesi (tra cui Haiti, Laos e Mozabico) navigano ancora in pessime acque. Questa lista si è molto ristretta: nei primi rapporti sulla fame di 20 anni fa erano 44.
La febbre della carenza di cibo è misurata con il Global Hunger Index, l'indice della fame globale, realizzato integrando indici di agenzie delle Nazioni Unite che si occupano di salute, alimentazione e sicurezza alimentare. Nella lista dei 120 Paesi in via di sviluppo analizzati dal rapporto il dato della fame più basso è di 5 (Mauritius e Thailandia) mentre il Burundi totalizza 35,6, record negativo dell'indice della fame. Se rallentamento della fame c'è stato, merito principale è la riduzione dei bambini sotto i cinque anni sotto peso. Le aree in cui questo è avvenuto in modo più evidente sono Asia orientale e sud orientale (dove la febbre della fame è scesa del 54%) e America latina e Caraibi (dove il punteggio è sceso del 53%).
Le sacche della fame nel mondo sono ancora Africa subsahariana (con un indice medio di 18,2) e Asia meridionale (18,1). "Sono zone in cui shock climatici, epidemie e guerre contribuiscono alla fame", aggiunge Giangi Milesi. Il tema irroslto in queste zone è l'accesso al cibo e alla terra. Un esempio: nonostante l'80% degli occupati in agricoltura siano donne, queste sono proprietarie della loro terra solo nell'1% dei casi. Questo significa che alla morte dei mariti spesso le mogli perdono il diritto a coltivare. E questo problema si riverbera sulla possibilità di produrre cibo. (lb)