20 novembre 2017 ore: 15:25
Immigrazione

La marcia indietro dei sindaci lombardi anti-immigrazione

Revocate le ordinanze con cui scoraggiavano l'accoglienza. Motivo? Sono diminuiti gli sbarchi o per evitare la bocciatura del Tar. Le associazioni che avevano presentato ricorso: "Se non fosse in ballo la dignità delle istituzioni, le motivazioni farebbero sorridere e dimostrano la mancanza di elementi sostanziali"
Immigrati. Un ragazzo di colore di spalle

- MILANO - Marcia indietro del gruppo di sindaci lombardi che nei mesi scorsi avevano emanato ordinanze per scoraggiare l'accoglienza dei profughi. Il motivo? Cristian Vezzoli, sindaco di Seriate, non lo spiega nell'atto di revoca: semplicemente dato che pendono due ricorsi sulla sua ordinanza (presentati da Prefettura, da Asgi e cooperativa sociale Ruah) scrive che "non è volontà di questa Amministrazione insistere" e rischiare di perdere la causa. Per il sindaco di Oggiono, Roberto Ferrari, la revoca è invece motivata dal "forte decremento dei flussi migratori dell’ultimo periodo". Laconico il commento delle onlus (Asgi, Cgil, Fondazione Guido Piccini Onlus e la Cooperativa Rhua): "Se non fosse in questione la dignità delle istituzioni, le motivazioni farebbero sorridere e dimostrano la mancanza di motivati e sostanziali elementi su cui gli amministratori locali hanno basato le loro decisioni".

La diminuzione degli sbarchi, tra l'altro, era già avvenuta quando i sindaci avevano emanato le loro ordinanze. "Va rilevato, inoltre, che non si comprende quale effetto potesse avere tale riduzione in Comuni che non sono logisticamente interessati né da riduzioni, né da incrementi di sbarchi (come possono esserlo le Amministrazioni sede di porto) e che, comunque, non hanno alcun potere di emettere provvedimenti in relazione a fenomeni di rilevanza nazionale", sottolineano le associazioni.

Sono almeno 16 i comuni lombardi che avevano adottato quelle che sono state ribatezzate come ordinanze fotocopia anti-profughi. I testi infatti erano pressoché identici. Si trattava di un'ordinanza con cui i sindaci imponevano ai privati o alle realtà del terzo settore di comunicare preventivamente al comune la partecipazione ai bandi delle Prefetture per l'assegnazione dei profughi, oppure anche solo l'intenzione di affittare un immobile ad associazioni o enti che per statuto fanno ospitalità di migranti. Inoltre, chi avesse ospitato su mandato delle Prefetture i richiedenti asilo avrebbe dovuto presentare ogni 15 giorni una relazione su "quanti siano i soggetti che ivi vi alloggiano, della provenienza degli stessi nonché di ogni altra informazione riguardante la salute dei medesimi". Per i trasgressori erano previste sanzioni da 25 a 500 euro. Ordinanze che avevano un unico scopo, secondo le associazioni che hanno presentato i ricorsi al Tribunale amministrativo regionale (Tar): scoraggiare singoli e associazioni che avessero anche solo l'intenzione di accogliere profughi. Ora, prima che il Tar si sia pronunciato, i sindaci di Seriate, Piancogno, Lazzate, Oggiono, Pontevico, Marone e Capriano del Colle hanno revocato le loro ordinanze. "Le associazioni, pur prendendo atto con soddisfazione di questa totale retromarcia, non possono non ricordare che le predette ordinanze erano state adottate qualificando il fenomeno migratorio come un pericolo per la sicurezza e la salute pubblica. Ci auguriamo che tali Amministrazioni intraprendano un percorso di gestione dell'accoglienza con lucidità, concretezza, e soprattutto nel rispetto della legalità, così clamorosamente violata in questa vicenda".

Secondo le associazioni le ordinanze fotocopia erano illegittime, in quanto imponevano "a privati e associazioni, senza alcuna ragionevole motivazione, oneri di comunicazioni ai Comuni che violano la libertà contrattuale dei privati e che riguardano dati e informazioni che sono tutti già a disposizione del Comune stesso o della Prefettura". E pertanto "tali ordinanze non perseguono alcuna finalità di pubblico interesse ma hanno solo lo scopo di scoraggiare la cittadinanza dalla adesione ai piani di accoglienza, piegando così l’attività amministrativa a finalità politiche di parte". (dp)

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