La parrocchia accoglie gratis i profughi. "E' l'antitesi di Mafia Capitale"
MILANO - Sembra un altro Paese rispetto a quello in cui si fanno le barricate pur di non avere i migranti vicini di casa. A Bruzzano, storico quartiere a nord di Milano, dal 24 luglio e fino al termine di agosto l'oratorio San Luigi si è trasformato in un centro d'accoglienza. Lo gestisce gratuitamente, fuori dalle convenzioni per l'accoglienza profughi, la Casa della Carità. L'esperimento dà i suoi frutti anche grazie agli oltre 130 volontari che stanno dedicando parte delle loro vacanze a pulire il centro, seguire il guardaroba, gestire i corsi di italiano. Per la maggior parte sono cittadini del quartiere. Al momento sono passati oltre 110 profughi e 71 si trovano ancora al centro. Sono tutti giovani, provenienti per la maggior parte da Paesi dell'Africa occidentale (Nigeria, Togo, Congo, Gambia, Ghana, Senegal), dalla Siria, dal Sudan, dall'Eritrea, dalla Somalia.
Il 2015 è il secondo anno di fila in cui la Casa della carità si impegna per un mese di accoglienza gratuito in quartiere. Un aiuto temporaneo che risponde all'esigenza di coinvolgere le persone che abitano a Milano. "Era importante che la comunità cristiana non chiudesse gli occhi di fronte a questo flusso incredibile che passa a Milano da due anni", commenta Fiorenzo De Molli, responsabile del centro per la Casa della carità. "Questo progetto gratuito è l'antitesi di Mafia Capitale, è la dimostrazione che il sociale non ci lucra", aggiunge. Che il risultato sia stato raggiunto lo si può vedere nelle lezioni di italiano impartite dai ragazzi che di norma frequentano l'oratorio, ora chiuso per la pausa estiva. Partecipazione e impegno non mancano. Certo, per il tempo e per le modalità del corso non sarà decisivo per apprendere la lingua, ma è un modo per coinvolgere gli ospiti, farli sentire parte di qualcosa.
Anche gli operatori sono consapevoli delle condizioni straordinarie che rendono questo esperimento possibile e positivo: l'ozio concesso dall'estate, la disponibilità del parroco don Paolo, la consapevolezza che questo sforzo avrà un termine. Ma l'impatto sugli ospiti resta indelebile. Lo si capisce da come parla Joe, sui 25 anni, treccine alla moda e l'aria di chi ha trovato un posto dove stare: "Ho solo vissuto il mio sogno e ora sono qui". Racconta i momenti prima di partire: una camminata nella notte lungo la costa, le luci di un gommone straripante di persone, il timore che le milizie lo picchiassero, come spesso accadeva, e quella lucida follia che l'ha fatto saltare sull'imbarcazione di fortuna insieme alla moglie. "Non ho pagato nemmeno un euro – dice -. Ora in Libia è il caos, si parte così, senza un ordine".
Mushein è eritreo, ha al seguito la moglie e un amico. Alto e magro, un occhio un po' strabico. Al contrario di Joe, non ha l'aria di una persona che ha trovato un posto dove stare. A Bruzzano è arrivato il 3 agosto e già pensa alla prossima tappa. Vuole che il suo viaggio termini in Olanda, dove ha degli amici. "Qual è la migliore strada per andarci?", chiede. Domanda impossibile. Non si ricorda nemmeno da quale città della Libia è scappato. Ricorda solo di aver sborsato 500 dollari per lasciare l'Eritrea. Poi Sudan e da lì Libia, l'inferno. Ha preso la prima nave diretta a nord. Non ha la minima idea di cosa fare, né di come ragranellare i soldi per proseguire il viaggio. Ma che riparta, questo è certo.
L'esperimento di Bruzzano, in forme e modi diversi, potrebbe diventare sistema. La Caritas ambrosiana da settembre vuole inserire le parrocchie nei centri di accoglienza convenzionati con il Comune. "Era ora che anche le parrocchie prendessero parte all'accoglienza e si lasciassero provocare dalle storie di queste persone", commenta Fiorenzo De Molli. (lb)