La povertà vista da volontari e clienti di un supermarket solidale
MILANO - Gianluca è un elettrotecnico in pensione. Ha un'espressione bonaria e allegra. Mostra senza timori il bracciale dell'Istituto Europeo di Oncologia al polso: si è dato al volontariato dopo una diagnosi di cancro. “Ho riflettuto molto sia prima che dopo la malattia e ho preso questa decisione”. È entrato prima in Croce verde, poi nella onlus “Amici del cuore”, dove si offrono ambulatori itineranti di controllo cardiovascolare alle persone che per qualche ragione non accedono al servizio sanitario. Oggi è al suo terzo giorno come cassiere di “Solidando”, il supermercato solidale di via Calatafimi, dove i più svantaggiati di Milano possono fare la spesa senza pagare. Oggi Solidando compie il suo primo anno di vita, aprendosi al quartiere Ticinese con una festa. Gianluca è in buona compagnia. Lo ha portato qui Silvia, che ha scoperto l'esistenza di Solidando nella sezione buone notizie del Corriere della Sera. Lei è una veterana del volontariato: ogni mattina parte dalla periferia di viale Ungheria e si reca a turno all'Istituto dei ciechi, nella mensa dell'Opera Cardinal Ferrari e infine in un museo.
Vocazione? “No, grazie – sorride – quando lavoravo nove ore al giorno ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto occuparmi e preoccuparmi più degli altri che non dello stipendio”. Marco e Flavia invece sono qui dal primo giorno. Lui fa viaggiare gambe, braccia e muletti mettendo a disposizione l'olio di gomito per caricare e scaricare la merce. Lei gestisce il magazzino e con piglio decisionista risolve dubbi e problemi di colleghi e clienti del market. “Abbiamo aperto da poco anche al giovedì pomeriggio e c'è bisogno di qualcuno sui nuovi turni”.
Le storie quotidiane di quattro dei 16 volontari s'incrociano con quelle di semi povertà di chi entra a fare la spesa. Una povertà che non rinuncia ai vizi e all'orgoglio: un uomo italiano entra da solo e non vuole sentire parlare di frutta e verdura, nonostante i ripetuti solleciti a condurre una dieta sana e variegata. “Ho lavorato per trent'anni all'Ortomercato. Ne ho vista pure troppa di verdura” sostiene senza sentire ragioni. “Può sembrare banale – racconta Flavia – ma è proprio in questa libertà di scelta che si preserva la dignità. La vedi nell'atteggiamento. Qui si fa la spesa, non si riceve la carità. Serve anche per imparare a gestire le proprie finanze”. Perché in effetti di soldi contanti non ne girano, ma tutte le merci un prezzo ce l'anno eccome, costringendo gli acquirenti a scelte parsimoniose e altre più spendaccione: dai pacchi senza etichetta forniti dalla Ue venduti col 2x1, passando per la pasta De Cecco regalata dagli studenti di tre scuole, fino all'amaranto (cereale sudamericano che non va esattamente a ruba, nemmeno a Solidando, donato da una donna dell'Ecuador che lo commercia in Europa). Tutto qua dentro è espresso in punti. Sono quelli accumulati sulla tessera rilasciata dopo un colloquio con gli operatori (e previa presentazione dell'Isee) e bastano pochi minuti di immersione per imparare a ragionare con la nuova unità di misura della ricchezza. Sono proprio questi punti che garantiscono la libertà di scegliere fra una saponetta e una salsiccia.
Libertà di scelta che qualche problema di tanto in tanto lo pone: un ragazzo srilankese ha tanti figli ma solo due braccia per trasportare le confezioni di pannolini. Dopo svariati tentativi erculei si arrende all'evidenza. Una donna siriana si presenta in cassa con tanto di quel tonno da ripopolare un intero mare. Non può prenderlo. Perché il pesce in scatola è assieme a caffè, farina, olio, zucchero, riso e merce fresca uno dei beni “calmierati” e tarati sul nucleo familiare. “Per evitare gli arrembaggi e le resse -spiegano i volontari -. È già capitato, con la carne fresca che arriva al lunedì, che la ressa si trasformasse facilmente in rissa”. Da quel giorno anche Solidando ha adottato le regole, rudimentali ma efficaci, di un banco salumi: numerino di attesa e si entra solo due alla volta. Per questa ragione alle 14 – orario d'apertura pomeridiana – fuori dai cancelli si accalcano donne e uomini nella speranza di strappare il cartellino con scritto “1” invece che “20”. Ha funzionato. Niente più ressa. Come del resto le persone non si accalcano a fine corsia dove vengono regalate le fragole. Tempo 12-24 ore e i frutti rossi non saranno più mangiabili. La politica in questo caso è di omaggiarle senza scaricare punti dalla tessera. I clienti si fermano, le guardano incuriositi attraverso la confezione di plastica, ci riflettono un secondo e rinunciano. “Grazie, ma non oggi”. Risuonano in testa le parole di Flavia ascoltate qualche ora prima “è una questione di dignità”. La dignità di poter dire di no. (Francesco Floris)