La prima volta dei richiedenti asilo su un palcoscenico
PALERMO - Dodici richiedenti asilo diventano attori per una sera con “Vade retro – La riscossa dei poveri diavoli” del regista palermitano Martino Lo Cascio, ideato dall'associazione Nottedoro e andato in scena ieri sera al teatro Lelio di Palermo. Lo spettacolo prova ad incrociare, in maniera originale, le vicissitudini dei migranti di oggi, la loro infinita diaspora, con alcuni tratti della biografia del co-patrono di Palermo, San Benedetto il Moro: il santo africano, figlio di schiavi etiopi liberati, venerato in tutto il mondo, che ha proprio bisogno dell’energia di un gruppo di migranti per essere riconsegnato alla memoria dei palermitani.
Dopo il "Cunto", un prologo in dialetto siciliano in cui l’attore Marco Manera ha tracciato la vita di San Benedetto, i dodici migranti hanno rappresentato sul palco con musiche e danze le loro esperienze di migrazione con la storia del santo africano. Tra le finalità dell'opera prevale quella di avvalersi dell'arte per rileggere le difficoltà d’integrazione e la scarsa possibilità di incidere nella sfera pubblica dei migranti con una sorta di riscatto sociale.
I protagonisti, tutti giovanissimi, tra i 20 e i 24 anni, provengono da Nigeria, Senegal, Eritrea, Iran, Mauritius e Romania e sono tutti giovani migranti ospitati negli Sprar palermitani, i centri di protezione per i rifugiati. Lo spettacolo. che rientra nel progetto “Il santo della porta accanto - San Benedetto e i migranti” ideato dall’associazione palermitana Nottedoro finalizzata a promuovere la convivenza interculturale, è stato patrocinato dal comune con un contributo dell’Università di Palermo. La performance è il risultato di un workshop teatrale avviato lo scorso ottobre che ha visto i ragazzi cimentarsi per la prima volta nella loro vita in un laboratorio di recitazione. Per due mesi e mezzo, due volte a settimana nei locali di Santa Chiara e di Casa San Francesco, i giovani attori – supportati dai soci dell’associazione Nottedoro - hanno imparato a sviluppare gli elementi teatrali di base con esercizi individuali e di gruppo, come il rapporto con lo spazio e con il personaggio.
"Il parallelismo tra la storia di San Benedetto e quelle dei migranti fin da subito c'è sembrato che calzasse molto bene - dice il regista, autore e presidente dell’associazione Nottedoro, Martino Lo Cascio -. Il santo africano etiope è stato uno schiavo liberato e l'idea di pensare che, i migranti come 'moderni neo-schiavi' che arrivano da noi possano essere liberati anche attraverso il racconto che loro stessi fanno di San Benedetto, ci è sembrata una chiave di lettura sicuramente particolare ma percorribile". "Il livello di complessità e di fatica - sottolinea ancora Martino Lo Cascio - che ha richiesto la messa in scena di quest'opera è stato notevole. Tutta l'organizzazione e le prove dell'ultimo mese si sono svolte in momenti e giorni della settimana opportunamente ritagliati, a volte anche di sera, quando ognuno di questi ragazzi era libero dal lavoro".
"Alla fine è stata una soddisfazione enorme per tutti noi e per i ragazzi che ci rende consapevoli di avere fatto un buon lavoro. Gli obiettivi che ci proponevamo sono stati tutti raggiunti - aggiunge infine Martino Lo Cascio - . Il primo di questo era quello di fare recitare dei giovani che non erano mai stati in un teatro e quindi alla loro prima esperienza. I ragazzi hanno saputo dimostrare, in questi mesi di laboratorio, i loro talenti, riuscendo a sostenere ieri sera dal punto di vista artistico lo sguardo di questa nostra città. Il secondo risultato è stato la loro conoscenza della lingua italiana che è migliorata molto da cui sono nati anche rapporti di conoscenza e socializzazione interessanti. Sono riusciti a superare la loro diffidenza iniziale e siamo riusciti, a poco a poco a guadagnare la loro fiducia che non era per nulla scontata. Essendo, inoltre, tutti richiedenti asilo, arrivati da poco più di un anno da noi, questa esperienza ha fatto crescere in loro quella autostima necessaria per vedere ed affrontare il futuro, sicuramente in una chiave diversa. Ci piacerebbe, per il futuro, pensare all'apertura di una compagnia interculturale che possa avere la sua continuità nel tempo". (set)