La riforma della lotta alla povertà: un mix di contributi economici e servizi
Tabella - Spesa per assistenza sociale (Ars 2013)
ROMA - Il reddito minimo di inserimento, con una logica di welfare “attivante”, è la proposta contenuta nel rapporto “Costruiamo il welfare di domani” (vedi lanci precedenti) per il contrasto della povertà assoluta in Italia. Si tratterebbe di un mix di erogazione monetaria e servizi, rivolto a tutte le famiglie residenti, italiane e straniere. La logica è quella dell’universalismo “selettivo”: il criterio di accesso è stabilito da una “doppia soglia”, cioè un Isee di 12 mila euro e un reddito disponibile inferiore alla soglia della povertà assoluta. E la corrispondenza fra reddito dichiarato e reale tenore di vita sarà verificata con l’Indicatore di controllo sui consumi. Fatti i dovuti calcoli si stima che i nuclei familiari beneficiari siano 1,24 milioni, pari a 3,1 milioni di persone, e che siano necessari 5,7 miliardi per estendere la misura a tutto il territorio nazionale.
La proposta prevede che l’ammontare del contributo sia calcolato in base alla differenza tra il reddito disponibile della famiglia e la soglia di povertà assoluta. Il trasferimento è mensile e dura un anno, con possibilità di rinnovo. La regia è affidata ai comuni con l’appoggio dell’Inps per le erogazioni economiche e i controlli. Il reinserimento nel mercato del lavoro è un obiettivo primario: gli ambiti territoriali curano i rapporti con le realtà del territorio incaricate dei percorsi di inclusione lavorativa e sociale (terzo settore, centri per l’Impiego, ecc.) e definiscono gli obblighi e gli impegni per i beneficiari. In caso di mancato rispetto del patto sono previste riduzioni progressive del contributo, fino alla decurtazione. Il ritorno al lavoro è reso “conveniente” tramite appositi incentivi monetari.
Per trovare i fondi la proposta è di azzerare gli attuali trasferimenti di contrasto della povertà che, “a causa dell’irrazionale meccanismo di selettività attualmente in vigore”, vanno in buona percentuale a favore di nuclei familiari con reddito alto (vedi lanci precedenti). Considerata la situazione e l’intensità della redistribuzione necessaria, gli estensori della proposta suggeriscono un percorso graduale, “introducendo in una prima fase un reddito minimo più limitato, il cui costo è valutabile in 3,7 miliardi”. Se però il reddito minimo fosse introdotto parallelamente alla riforma degli interventi a sostegno delle famiglie (vedi lancio precedente) “in ragione dell’elevata selettività della riforma degli assegni, il costo dell’introduzione a regime si abbasserebbe a circa la metà: circa 2,8 miliardi”. Questo fa dire ai ricercatori che “sarebbe vantaggioso, in termini di risparmi di spesa, che la riforma avanzasse in modo complessivo, generando una redistribuzione a indubbio vantaggio delle famiglie più giovani e disagiate”. (gig)