La sartoria sociale nel bene confiscato: dagli scarti borse e vestiti
La sartoria sociale "Al Revès" |
PALERMO - Un bene confiscato alla mafia diventerà la nuova sede operativa della sartoria sociale Al Revès, la prima in Sicilia nata il 25 luglio del 2012, che riutilizza tessuti e vestiti, raccolti da materiale di scarto, da cui ricava borse, nuovi vestiti, sciarpe, bomboniere e tanti altri prodotti.
- L'immobile, dove la cooperativa si trasferirà nel prossimo mese di ottobre permetterà alla sartoria di ampliare le sue offerte. Si tratta di un bene di tipo commerciale che si estende per 300 mq con apertura diretta sulla strada, ubicato in via Alfredo Casella, una traversa di via Malaspina.
La sartoria sociale, da sempre si autofinanzia in maniera autonoma e basa gran parte del suo lavoro attraverso un fundraising dei tessuti donati da privati o raccolti a domicilio da altre aziende. Alcune delle realizzazioni si trovano all'interno della bottega della Legalità di Libera e da Macondo. I prodotti vengono anche proposti in occasioni di fiere e iniziative sociali e culturali specifiche.
La presidente della prima sartoria sociale della Sicilia è la nigeriana Roseline Eguabor. La cooperativa per il momento ha 15 operatori tra cui 5 soci fondatori tutti con precedenti esperienze sociali a cui si aggiungono anche alcuni soci sostenitori. La sartoria sociale dedica da sempre grande attenzione alle persone con un disagio sociale. A tal proposito è presente come laboratorio dedicato alle donne dentro il carcere Pagliarelli dove sono state realizzate diverse cose e perfino le toghe per i magistrati. "Abbiamo un laboratorio al Pagliarelli dove si realizzano diversi prodotti sartoriali e la sartoria non lavora solo con riciclo ma anche con capi nuovi e lavori sartoriali veri e propri", spiegano. Inoltre sta portando avanti un progetto con alcuni minori stranieri non accompagnati accolti e seguiti dall'istituto valdese.
"Dopo 4 anni riuscire ad avere questo bene - spiega la vice presidente di El Revès Laura Di Fatta - è un risultato raggiunto con il supporto di tutti, perchè crediamo che da soli non si raggiunge nulla. Pertanto è un passo di notevole importanza perché ci darà la possibilità che ci mancava e cioè quella di allargare il nostro raggio di azione su nuove proposte e offerte che ci permetteranno di trasformarci da piccola cooperativa a impresa sociale a servizio degli altri. La nuova sede ci permetterà di favorire, infatti, per chi ci lavora, un impegno socio-lavorativo più stabile e un lancio maggiore delle nostre proposte artigianali che verranno esposte in una vetrina che da sulla strada".
"Naturalmente tra i nostri obiettivi ci sono i progetti di promozione sociale attraverso i laboratori a favore di persone che hanno una marginalità sociale - continua Laura Di Fatta -. Stiamo facendo per adesso un laboratorio di avvio alle maestranze artigianali per 3 minori stranieri ospiti dell'istituto valdese con cui abbiamo stipulato un protocollo d'intesa. Alcuni hanno anche una storia di sartoria sociale nel loro Paese che unita a quella nostra può essere molto arricchente. Siamo presenti come laboratorio sartoriale stabile anche dentro il carcere Pagliarelli a favore delle donne italiane e straniere nell'ambito del progetto nazionale Sigillo. Tra le loro realizzazioni ci sono state anche le toghe per i magistrati e alcune borse. Inoltre tra le nostre attività proponiamo alcuni progetti alle scuole di base per il riutilizzo dei materiali di scarto, stage nei scuole di moda e collaboriamo con le università pubbliche e private. La filosofia che sta alla base del nostro impegno è anche l'interculturalità tra italiani e stranieri perché crediamo che l'integrazione non si debba solo dire a parole ma occorre soprattutto dimostrarla, facendola concretamente". (set)