La scuola riaprirà? I presidi dicono di sì. “Ma con forti differenze tra territori”
ROMA - La ministra Azzolina assicura che le scuole, il 14 settembre (con qualche variante regionale sul calendario scolastico) saranno pronte per riaprire, naturalmente in sicurezza. I presidi, da parte loro, sono al lavoro, per far sì che questo accada. Chiedono però “regole certe sulle prestazioni essenziali” e indicazioni chiare, soprattutto in merito al fatto che “non ci sono norme che supportino la 'sostituzione' di una con l’altra, salvo in situazione di emergenza”. A un mese e mezzo esatto dal giorno previsto per il rientro in classe, abbiamo chiesto ai dirigenti scolastici, indiscussi protagonisti di questa fase di “reinvenzione” della scuola, come stiano andando le cose. Ci risponde Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi.
La ministra Azzolina in questi giorni sta ribadendo che il 14 settembre si rientrerà in classe. Ci saranno differenze tra regione e regione?
Risulta per il momento che solo due regioni e una provincia abbiano scelto date diverse rispetto al 14 settembre: la Puglia (24 settembre), il Friuli Venezia Giulia (16 settembre) e la provincia di Bolzano (7 settembre). Sul calendario scolastico il ministro interviene per quanto riguarda l’indicazione della durata delle lezioni (secondo la legge, il testo unico del 1994, non meno di 200 giorni) e la data degli esami di Stato mentre per il resto la competenza è delle regioni (per l’art. 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112). L’adattamento dei calendari generalmente avviene per specifiche istanze territoriali, tanto che si hanno anche durate diverse secondo le Regioni e si possono avere anche diversità secondo il tipo di scuola. In particolare sono le scuole dell’infanzia e la primaria che hanno un calendario di maggiore durata, proprio per la specificità del servizio. Gli altri ordini di scuola generalmente si allineano.
La riorganizzazione degli ambienti e il reperimento di nuovi spazi sono uno degli impegni richiesti. Come lo stanno affrontando i dirigenti? Quali sono le principali difficoltà?
Le principali difficoltà stanno nello stato degli edifici scolastici che, come da tempo segnaliamo, hanno talvolta problemi strutturali. Ricordiamo per esempio la frequenza del crollo dei controsoffitti o vicende anche più gravi, dovute a tardiva manutenzione o a vetustà degli edifici. I dirigenti stanno provvedendo a rilevare la capienza degli spazi secondo le indicazioni del CTS e a segnalare agli enti locali le necessità di spazi ulteriori. Pare che la carenza di spazi, limitata alle aule piccole, si attesti a non più del 10 o 15% del totale. Ovviamente ci sono differenze nei diversi territori, dovute a carenze storiche o a impegni diversi degli enti locali più o meno attenti ai bisogni delle scuole.
Per rendere possibile il rientro a scuola a settembre, sarà inevitabile un lavoro costante da parte dei dirigenti e delle amministrazioni scolastiche, proprio nei mesi estivi. Come si sta affrontando questo aspetto?
I dirigenti sono abituati a lavorare d’estate, in quanto da sempre la macchina organizzativa li ha costretti a veri e propri tour de force estivi, anche in condizioni non di emergenza: si tratta comunque di organizzare un servizio complesso, basti pensare al personale che ogni anno cambia di sede per trasferimenti, alla composizione delle classi, ai “recuperi” per gli studenti della secondaria, agli esami di Stato, alla gestione delle strutture e di tutto il personale. Quest’anno si aggiungono altri compiti effettivamente gravosi, anche per il carico di responsabilità che comportano: il dirigente deve fare in modo che la scuola riapra in condizioni di sicurezza, secondo le indicazioni degli esperti e quindi attivare procedure non usuali e garantire che tutto sia in regola.
In passato l'Associazione nazionale presidi ha denunciato l'eccessiva incombenza lasciata dal ministero sulle spalle dei dirigenti, in assenza di linee chiare e indicazioni precise. Ritenete che le linee guida finora emanate siano sufficienti, adeguate e applicabili?
Abbiamo chiesto al ministero di dare regole certe e indicazioni chiare sui livelli essenziali di prestazione che le scuole sono tenute a garantire. Il richiamo all’autonomia non può essere un alibi per non emanare tali disposizioni. Questo compito non spetta alle scuole, che sono chiamate invece ad esercitare la loro autonomia sulle modalità di attuazione delle indicazioni date, come indicano gli articoli 3,4 e 8 del Regolamento (DPR 275/1999).
In generale, cosa vi aspettate che accade a settembre nelle scuole italiane? Con quali possibili differenze tra regioni e ordini scolastici?
Confidiamo nella tenuta dei dirigenti e del personale docente e ATA: le scuole devono riaprire nel modo più “normale” possibile. Qualche problema si manifesterà per chi ha problemi di salute (i lavoratori “fragili”) e nel caso in cui non fosse possibile avere personale a disposizione nelle scuole per le sostituzioni degli assenti. Le scuole stanno ipotizzando soluzioni articolate per gli ingressi e le uscite degli alunni e per la loro gestione in classe, ma restano problemi, per esempio, per i trasporti: come si arriva a scuola? Con le auto private? Con i mezzi di linea? Con gli scuolabus? Su questo i divari territoriali sono molto alti. Se le decisioni riguarderanno ingressi differenziati, queste avranno una grande influenza sui trasporti. Ma è solo uno dei problemi che i colleghi stanno esaminando in questo momento. Possiamo quindi dire che si verificheranno sicuramente differenze tra i vari territori.
L'autonomia scolastica farà sì che ciascuna scuola decida in che misura riportare la didattica in aula e in che misura mantenerla a distanza? E' possibile quindi che ci siano studenti che, anche all'interno della stessa città e iscritti allo stesso ordine scolastico, si trovino a vivere l'esperienza scolastica in modo così differente? Cosa pensate di questa eventualità?
Le scelte didattiche competono ai collegi dei docenti e ogni scuola offre soluzioni diverse che espone nel proprio Piano dell’offerta formativa. Per questo l’offerta delle scuole è sempre stata diversa. Per quanto però riguarda in particolare la didattica in presenza o a distanza, al di là della sperimentazione di metodologie innovative, che sono sempre auspicabili, non ci sono norme che supportino la “sostituzione” di una con l’altra, salvo in situazione di emergenza, come la mancanza di spazi e l'impossibilità di reperirne. Per questo sarebbe opportuno che fossero emanate indicazioni chiare in tal senso.