16 luglio 2015 ore: 11:34
Disabilità

La sfida dei ragazzi con autismo che lavorano al ristorante "Dal Barba"

A Villalagarina, vicino a Trento, il locale gestito dalla cooperativa La Ruota lancia ogni giorno una nuova scommessa: diventare autonomi attraverso il lavoro. Attenzione particolare anche per i clienti con autismo
Autismo - Dal Barba ristorante 1 (SOLO SUPERABILE)
Autismo - Dal Barba ristorante 1 (SOLO SUPERABILE)

TRENTO – Seguendo le mosse dello chef, Davide è riuscito finalmente a preparare un ottimo risotto. E ora giura che sia questo il suo piatto migliore. Lo cucina, di volta in volta, con i prodotti di stagione. Ma non disdegna neanche la preparazione dei dolci: secondo lui, infatti, non si può finire un pasto senza un buon tiramisù. Davide, 27 anni, è l’aiuto cuoco del ristorante Dal Barba a Villalagarina, in provincia di Trento. Il locale, aperto nel novembre del 2013 rilevando un altro ristorante ormai poco frequentato, nasce da una scommessa della cooperativa sociale La Ruota che, fino a quel momento, non si occupava di ristorazione ma del trasporto di persone disabili. L’obiettivo dichiarato era quello di creare un luogo aperto, in cui ragazzi e ragazze con disabilità potessero fare esperienza in un contesto di normalità. E soprattutto potessero rendersi autonomi, e lavorare. Questa è una delle storie raccontate da SuperAbile Inail, il mensile dell’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che in occasione dell'Expo dedica un supplemento di 68 pagine a molte tra le più interessanti esperienze italiane nel campo dell’agricoltura e della ristorazione sociale. 

È nato così il progetto “Chance”, che dopo due anni è già una scommessa vinta. Lo dice l’associazione dei genitori Insieme, che ha da subito puntato sull’iniziativa. “Abbiamo sostenuto l’idea del ristorante, perché è difficile trovare dei luoghi dove i nostri figli possano fare questo tipo di esperienze – racconta Paola Dorigatti, mamma di Susanna, una giovane di 30 anni con la sindrome di Down che lavora come cameriera nel locale –. Oggi possiamo dire che è un’iniziativa pienamente riuscita. Innanzitutto perché è un luogo in cui i ragazzi si sentono protagonisti”.

Alcuni dei ragazzi che lavorano al ristorante
Autismo - Dal Barba ristorante 2 (SOLO SUPERABILE)

Tutte le attività, fa sapere Paola, “vengono valutate a seconda delle loro capacità e nessuno si sente forzato a fare quello che non vuole. E poi il rapporto è assolutamente paritario. Quello che si cerca di fare è valorizzarli per renderli autonomi, aumentando la loro autostima. E i risultati si vedono anche a casa”. Mentre Davide sta in cucina e Susanna si divide tra la sala e il bar, Simone, 41 anni, si occupa dei tavoli, prendendo le ordinazioni dei clienti. “È molto fiero di questo suo ruolo – racconta Rachele Gottardi, ideatrice e responsabile del progetto “Chance” –. Ormai lo conoscono e lo amano tutti. E si vede che anche lui sta meglio, ha conquistato quella fiducia in se stesso che prima non aveva”. A sparecchiare la tavola e a lavare i piatti ci pensa, invece, Leo, 20 anni, anche lui con autismo. “Leo non parla, ma in mezzo agli altri si fa capire – aggiunge Gottardi –. Anche lui è ormai bravissimo e ben inserito. In alcuni giorni viene insieme a sua madre, in altri prova a venire da solo prendendo i mezzi pubblici”.

Oltre a Davide, Susanna, Simone e Leo, sono circa 15 in totale le persone con disabilità che prendono parte al progetto come volontari, dando una mano a portare avanti il ristorante. I ragazzi, accompagnati dagli operatori, collaborano in cucina a preparare tagliatelle, gnocchi e ravioli. La prospettiva a breve termine è di attivare dei tirocini con l’Agenzia del lavoro e arrivare ad assunzioni part-time di almeno alcuni di loro.

Autismo - Dal Barba ristorante 3 (SOLO SUPERABILE)

Dal Barba è aperto sette giorni su sette, solo a pranzo. Talvolta, però, si organizzano anche delle cene, principalmente in occasione di eventi particolari. “Abbiamo una ventina di clienti affezionati che vengono tutti i giorni e ormai fanno parte della famiglia – racconta ancora Gottardi –. Quando qualcuno di loro non si presenta alla solita ora, i nostri ragazzi si preoccupano, perché pensano che gli sia successo qualcosa. Il clima è molto bello, anche se all’inizio non è stato facile. I clienti appena arrivano si trovano spiazzati, ma poi entrano subito in confidenza con il nostro personale speciale. E in tanti, andando via, ci ringraziano per l’esperienza che gli abbiamo fatto vivere”.

Oltre all’inserimento delle persone disabili, il locale riserva un’attenzione particolare per i clienti con autismo. Sono a loro disposizione, infatti, delle tovagliette realizzate secondo le regole della comunicazione aumentativa: sopra a ciascuna sono raffigurati alcuni simboli che permettono anche a chi non parla di esprimersi, dicendo se il cibo era buono oppure no, chiedendo dell’acqua oppure di tagliargli la carne se da soli non ci riescono. 

Alcune delle persone con disabilità impiegate nel ristorante si occupano anche dell’orto e collaborano nelle pulizie o, insieme ai volontari, preparano le feste per gli anziani. Nel tempo sono stati accolti anche altri giovani con disagio, tra cui tossicodipendenti, minori inviati dal Tribunale per la messa alla prova o persone che devono scontare una pena attraverso i lavori di pubblica utilità. Tra le ultime esperienze nate all’interno del ristorante c’è, poi, la Barba band, promossa e coordinata da Fausto Bonfanti. Si tratta di un vero e proprio gruppo polistrumentale, di circa 15 elementi, al cui interno persone con disabilità e non, insieme agli educatori e ai volontari suonano e compongono musica. Il gruppo ha avuto come testimonial d’eccezione il cantante Eugenio Finardi, che ha scelto di esibirsi con loro. Dopo di lui è stata la volta di un altro storico esponente della musica leggera italiana, Alberto Camerini.

“Pensiamo che provare pietà nei confronti di ogni diversità non sia di aiuto, ma al contrario acuisca quella sensazione di inadeguatezza nel sentirsi diversi, creando un ostacolo ancora maggiore al bisogno di identità e autonomia – spiegano i responsabili del gruppo –. Crediamo, invece, che si debba vedere la diversità come un vero e proprio mondo composto da persone ricche di potenzialità, a volte evidenti, a volte meno, certe volte minime rispetto alla cosiddetta normalità, ma in ogni caso presenti, sempre”. (Eleonora Camilli)

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