La vita di pazienti e familiari in un hospice, dove c'è spazio anche per la felicità
ALBINEA (Reggio Emilia) – “Acqua, siamo fatti di acqua”. Questa è la prima frase della voce narrante femminile del trailer del film, “The perfect circle”, dove i protagonisti sono Ivano e Meris, due pazienti dell’Hospice “Casa Madonna dell’Uliveto” in cui sono ricoverati, principalmente, malati oncologici in fase terminale. Insieme a loro ci sono la figlia di Ivano, Carla, e il marito di Meris, Mario. “All’inizio volevo seguire un medico dell’hospice – racconta la regista Claudia Tosi – ma poi ha avuto dei problemi e non ha più potuto. Dal momento che ero lì, ho deciso di fare comunque delle riprese. Poi mi sono trovata a fare il film con Ivano, che non voleva assolutamente, e Meris che, al contrario, era felicissima. Infatti Mario, il marito, mi disse: “In quei giorni ho finalmente rivisto mia moglie. La stessa donna che ho sposato”.
Meris organizza feste al fianco del marito Mario, che l’accompagna ovunque vada, con cui si diverte a battibeccare, mentre sogna di tornare, con lui, alla quotidianità della sua casa, tra le rose del suo giardino. Invece Ivano rinnega la sua malattia, come un figlio non riconosciuto, con la rabbia d’un bambino che non riesce, ma non vuole aiuto, vuole farcela da solo. Carla, sua figlia, con grande forza e determinazione, ricopre il difficile ruolo d’esser un solido, malleabile sostegno per entrambi. “Mi dà serenità pensare che siamo fatti d’acqua”, la seconda frase del film. Il filo conduttore? Non vogliono arrendersi, nessuno vuole arrendersi. Ma per quale motivo? Istinto di sopravvivenza? Attaccamento alla vita materiale, al mondo terreno? O forse, semplicemente, sarà “il ciclo delle acque… nessuno se ne va per sempre”, terza e ultima, con voce delicata e sottile, quasi strozzata.
“Ho pensato di fare un documentario di creazione, un film che raccontasse la cura come un’esperienza che può anche essere felice, perché è questo il ricordo che ne ho conservato – spiega la regista – Quando ho trovato quest’hospice sulle colline reggiane, ho capito che era il posto perfetto in cui ambientare la mia storia”. Storia che non è solo quella raccontata sul grande schermo, perché nel dietro le quinte c’è un esperienza del tutto personale, e, in questo caso, si tratta della morte della madre dopo una malattia cronica durata 19 anni. “All’inizio è stata molto dura, avevo vent’anni e l’unica cosa che volevo era fuggire via. Poi ho capito che è una reazione al dolore più che normale. Nel tempo mi sono resa conto che, in realtà, ero nel posto giusto al momento giusto – racconta Claudia –. È grazie a questa esperienza che ho capito: nella cura, noi, diamo senso alla nostra vita. Perché chi ci guadagna è sia il malato che il curatore, è uno scambio umano fondamentale”. Secondo Tosi c’è una risposta da parte del pubblico, perché durante gli incontri e le proiezioni in giro per l’Italia, s’è accorta che “alla fine c’è proprio un sentire diverso nei confronti della malattia. Se glielo dici non ci credono che è possibile affrontarla col sorriso, poi vedono il film e capiscono”.
La prima di “Il cerchio perfetto” è stata a Carpi durante la rassegna cinematografica dedicata alle “Relazioni ed etica di cura” nell’ambito del Caregiver Day, iniziativa organizzata dalla cooperativa Anziani e non solo di Carpi. “The perfect circle” ha il sostegno di Media sviluppo dell’Unione europea, Cineteca di Bologna, Film Commission Emilia-Romagna e Lichtpunt Tv (Belgio). (Francesco Palomba)