Lampedusa, Morcone: "Protesta incoraggiata da attivisti, i migranti vanno identificati”
Mario Morcone
ROMA – “Non è possibile entrare in un paese senza dare la propria identità. E’ inaccettabile arrivare in Italia senza dire chi si è. Io ho già fatto una circolare nella quale ho chiarito che deve essere data sempre la possibilità al migrante di fare domanda d’asilo. Ma sulla protesta a Lampedusa mi sono informato: il prefetto di Agrigento mi ha spiegato che è il collettivo Askavusa, insieme a un signore spagnolo, a incoraggiare i migranti rispetto alla mancata identificazione. C’è anche una parte dell’isola che bonariamente si presta a questa operazione, ma ripeto, da funzionario dello Stato, rifiutare l’identificazione non è possibile”. Lo ha sottolineato il prefetto Mario Morcone, capo Dipartimento Libertà civili e immigrazione, in audizione oggi alla Camera presso la commissione Accoglienza.
Il prefetto ha ricordato che l’Italia rifiuta il concetto di “paese sicuro” nella valutazione delle domande d’asilo: “basandoci sull’articolo 10 della costituzione – afferma - parliamo sempre di situazioni personali, non di categorie nazionali, rispetto alle quali si valutano le ragioni della richiesta. Quella del ‘migrante economico’- aggiunge- è un’invenzione giornalistica che fa parte di un dibattito approssimativo sul fenomeno”.
Sulla questione accoglienza, Morcone ha annunciato che si sta valutando l’apertura di un centro solo per minori a Pozzallo. Mentre più in generale, oltre alla riapertura dei termini per l’ultimo bando scaduto, si stanno valutando strumenti per incentivare i comuni ad aderire ai progetti Sprar. “Stiamo cercando di trovare una soluzione normativa per superare il tema del bando, che in relazione ai numeri non ci sembra adeguato – ha spiegato – stiamo pensando piuttosto ad un accreditamento permanente dei progetti che i singoli comuni vogliono presentare. Inoltre, stiamo valutando gli incentivi, come solo il 5 per cento di compartecipazione dei comuni”. Ma, secondo Morcone molta della reticenza dei comuni è dovuta al clima che si è creato sul tema e che è “antipatico” e che si fonda su presupposti “insopportabili”. Per questo ha spiegato che anche regioni come il Veneto avranno la quota di migrati così come previsto dalla ripartizione concordata in Conferenza unificata. "La qualità' della vita di un cittadino di Treviso, vale quanto la qualità del vita di uno di Ragusa. Io sono a un anno dalla pensione: sono un uomo libero, le minacce non mi toccano. Su questo non faccio un passo indietro. I poveri colleghi che lavorano in Veneto sono condannati a uno stress quotidiano – aggiunge – ma noi al ministero non arretriamo sulle quote”. Infine, il prefetto ha toccato il tema dei Cie: “si tratta di un tema delicato – ha detto – che mette insieme ragioni di sicurezza ma anche l’utilità della spesa dei soldi dei cittadini italiani. E’ vero che oggi i posti sono pochi – spiega – ma alcuni centri sono stati utilizzati diversamente, altri sono stati devastati. L’impegno che abbiamo preso con l’Europa è di 1500 posti, lo rispetteremo”. (ec)