Lavoratori domestici. È tempo di tredicesima: “Obbligatoria entro dicembre”
ROMA – Arrivano le festività natalizie e per molti lavoratori significa anche ricevere in busta paga la tredicesima. Vale anche per i lavoratori domestici, anche se per loro occorre fare qualche calcolo in più col datore di lavoro, ma il rischio che non venga pagata a volte non è poi così remoto. La tredicesima va data entro il mese di dicembre (Assindatcolf, l’associazione sindacale nazionale dei datori di lavoro domestico ricorda alle famiglie che la scadenza è fissata per il 21 dicembre) e di fatto corrisponde ad una mensilità piena, ma può variare in base ai mesi di lavoro effettivi, ai periodi di aspettativa (qualora ce ne fossero) o altro ancora. Quel che è certo è che ai lavoratori domestici che hanno un contratto di lavoro spetta come a tutti gli altri lavoratori, a meno che non vengano retribuiti con i voucher. In questo caso la tredicesima non c’è.
Il pagamento della tredicesima è un obbligo, spiega Acli colf sul proprio blog. “Come stabilito dal contratto collettivo del lavoro, il pagamento della tredicesima per colf e badanti è obbligatorio entro dicembre e spetta alle lavoratrici e ai lavoratori domestici e di cura in servizio dal 1° gennaio al 31 dicembre dell'anno; in misura ridotta, invece, per quanti hanno iniziato il rapporto di lavoro durante l'anno o lo hanno risolto prima della fine dell'anno. In questi due ultimi casi la tredicesima dovrà essere pagata in tanti dodicesimi dell'importo globale per quanti sono stati i mesi di lavoro. Le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni valgono come mese intero”. La prestazione, spiega Acli Colf, matura anche durante le assenze per malattia, maternità, infortunio sul lavoro, malattia professionale, “ma solo nei limiti in cui il datore di lavoro deve conservare il posto”. La tredicesima, inoltre, “deve essere riconosciuta da ciascuna famiglia con cui la lavoratrice o il lavoratore intrattiene un rapporto di lavoro – si legge sul blog – e non devono essere calcolati i contributi Inps, mentre per i lavoratori conviventi il datore di lavoro deve riconoscere il controvalore in contanti di vitto e alloggio che quest'anno è pari a 5,44 euro giornalieri, per un totale di 163,20 euro mensili”.
Non sempre, però, la tredicesima viene versata al lavoratore a fine anno. A volte si scelgono modalità diverse, ma il rischio che questo diritto si perda è dietro l’angolo. “C’è la tendenza di versarla mese per mese e fare una retribuzione comprensiva sia di tredicesima che del Trattamento di fine rapporto – spiega Raffaella Maioni, responsabile nazionale di Acli colf -. Invece è opportuno applicare le norme del contratto collettivo, in modo tale che siano chiare, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, le spettanze ovvero quella che è la retribuzione ordinaria”. Per Maioni sarebbe meglio rispettare le scadenze natalizie, calcolando la tredicesima sulla base del lavoro svolto durante tutto l’anno. Suddividere la retribuzione per mese, infatti, può creare tensioni tra le parti, ma c’è anche il rischio che non venga neanche calcolata a dovere. “Dobbiamo lavorare per eliminare le incomprensioni – spiega Maioni -. Assistenti familiari e badanti sono lavoratori come gli altri. La Convenzione internazionale dell’Ilo dice che devono essere equiparati agli altri lavoratori. Equipariamoli, quindi, anche in questi aspetti di applicazione degli istituti contrattuali”.
Gli anni della crisi, però, non hanno risparmiato il settore, spiega Maioni. “I costi per gli assistenti familiari e le badanti hanno gravato di più sulle spese familiari, soprattutto a causa della crisi – aggiunge - e infatti abbiamo registrato un aumento del lavoro nero e grigio”. Difficoltà che possono, in alcuni casi, portare a non riconoscere la tredicesima da parte del datore di lavoro, ma anche spingere il lavoratore a non chiederla. “Alcune lavoratrici oggi non la chiedono – racconta Maioni -. Dicono “mi pagano abbastanza e va bene così” perché hanno paura di perdere il posto di lavoro oppure di perdere l’appoggio della famiglia dove lavorano rovinando in qualche modo il rapporto che c’è. Per questo a volte preferiscono lasciare le cose come stanno e non chiedere quello che invece è il rispetto di un loro diritto”.(ga)