Lavoro domestico e salario minimo, “per le famiglie aumento ingestibile dei costi”
ROMA – “Nelle ultime settimane è tornato al centro del dibattito il tema del salario minimo, visto favorevolmente dal Parlamento Europeo. A livello europeo, in effetti, in molti Paesi è previsto un minimo salariale orario, mentre in altre realtà (tra cui l’Italia) la tutela dei lavoratori è garantita dai Contratti collettivi”. Secondo l’Associazione Domina (Associazione nazionale famiglie dei datori di lavoro domestico), tuttavia, l’introduzione di un salario minimo “renderebbe ancora più gravoso il peso dell’assistenza alle famiglie, rendendo di fatto ancora più appetibile il ricorso al lavoro nero”.
A partire da questa constatazione, l’Osservatorio Domina sul lavoro domestico ha analizzato l’impatto dell’assistenza familiare sul bilancio familiare di un pensionato o di una famiglia italiana tipo, confrontando lo scenario attuale e quello (ipotetico) con l’introduzione del salario minimo.
“Partendo dai dati delle dichiarazioni dei redditi, rileviamo che i contribuenti per i quali la pensione è la principale fonte di reddito sono 13,5 milioni – afferma l’associazione -. Si può quindi stimare il reddito netto per rilevare la capacità di spesa per l’assistenza. Oltre il 60% degli anziani ha un reddito complessivo al di sotto dei 20 mila euro annui, ovvero al di sotto di circa 14.600 euro annui spendibili (al netto delle tasse), e oltre un quarto è addirittura sotto i 10 mila euro annui”.
Secondo l’Osservatorio Domina, l’introduzione del salario minimo aumenterebbe i costi annui del +41,1% nei casi di utilizzo solo per 25 ore a settimana, fino ad un +91,5% nel caso di 54 ore settimanali con convivenza.
Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, le elaborazioni dell’Osservatorio Domina sul lavoro domestico evidenziano come “il costo medio di un’assistente alla persona già oggi non sia sostenibile per la maggior parte dei pensionati italiani, che quindi devono essere sostenuti dai figli o attingere ai risparmi. L’introduzione del ‘salario minimo’ anche per i lavoratori domestici renderebbe di fatto impossibile questa spesa per le famiglie italiane, alimentando inevitabilmente il lavoro nero. Considerando che già oggi il lavoro domestico registra il 57% di irregolarità, l’obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre gli oneri per le famiglie, non certo aumentarli”.