Lavoro e carriera, la “diversità” non paga
MILANO - Chi rientra in una di queste categorie - disabile, omosessuale, donna oppure non più giovane - ha poche possibilità di farsi assumere o, se già lavora, di fare carriera. È quanto emerge da una ricerca condotta dal Diversity Management Lab di SDA Bocconi su un campione di 750 dipendenti di aziende. Solo il 23% dichiara che nella propria impresa è presente un sistema di pratiche per la gestione delle diversità, a fronte di un 30% che ne sottolinea la mancanza. “A questo proposito - spiega, sulla rivista online Viasarfatti25, Stefano Basaglia, che ha curato la ricerca insieme a Zenia Simonella - è da sottolineare anche un altro dato: il fatto che il 46% non sappia rispondere, a evidenza che, forse, c’è anche un problema di comunicazione interna circa le iniziative aziendali su questi temi”.
box Gli uomini giovani sono quelli che hanno maggiori possibilità di farsi assumere (valore medio di 6,06 in una scala da 1 a 7), mentre scende se si è stranieri (5,36), omosessuali (5,35), disabili (4,73) o anziani (3,53). Lo stesso vale per le donne, che, peraltro, raggiungono valori in genere più bassi degli uomini, a parità di caratteristiche. Se la probabilità per le donne di essere assunte è 5,56, donne omosessuali o straniere oscillano intorno a 5,28, mentre per le donne anziane la probabilità scende a 3,41.
"I nostri dati dimostrano che il talento viene attribuito pregiudizialmente a certe categorie e caratteristiche sociali - sottolinea Simona Cuomo, coordinatrice del Diversity Management Lab di SDA Bocconi -. Le evidenze mostrano inoltre come, a livello organizzativo aziendale, manchino ancora ruoli, strutture e processi dedicati alla gestione delle diversità e come il management appaia poco impegnato su questi temi”.
Un altro aspetto sondato riguarda la gestione del bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata, tema sempre più importante nella gestione della popolazione organizzativa. Ciò che risulta è che le pratiche attuate dalle imprese su questo versante sono ancora ferme a una visione tradizionale. Le due pratiche considerate più presenti sono il part-time (4,62 su 7) e la flessibilità sugli orari di ingresso e uscita (4,69). Telelavoro (2,72), job-sharing (2,38), forme di flessibilità personalizzate (3,06) non paiono ancora far parte del linguaggio aziendale.