Le anime arabe del Salone del libro, tra dissenso e ironia
TORINO - Se è vero che da qualche anno il mondo arabo tendiamo a figurarcelo abitato da contenitori sbiaditi, riempiti alla rinfusa da ideologie e precetti che in realtà mal comprendiamo, l’opera di uno scrittore come l’egiziano Muhammad Aladdin diventa un grimaldello per scardinare quel fondale di cartapesta che tutti, più o meno consapevolmente, stiamo contribuendo a edificare. Cairota, classe 1979, al suo ultimo protagonista Aladdin ha dato le sembianze di un giovane scrittore freelance, che vive alla giornata scrivendo racconti pornografici per 3 dollari al pezzo, circondato da trentenni altrettanto spaesati e bohémien che, in attesa di mollare gli ormeggi dalle abitazioni delle rispettive famiglie, trascorrono il tempo tra lavori mal retribuiti, droghe più o meno leggere e quella stessa ironia disillusa che si ritrova sulle bacheche facebook dei loro coetanei di mezzo mondo. Come a dire, quantomeno a noi italiani, che la sponda sud del Mediterraneo oggi è lontana sul piano ideale molto più che su quello sociale e geografico.
Il suo quinto romanzo, “Cani Sciolti” (tradotto nel 2015 dall’italiana “Il Sirente”), Aladdin lo ha presentato stamattina alla ventottesima edizione del Salone internazionale del libro di Torino; ad intervistarlo c’erano Lina Atallah, direttrice del quotidiano d’opposizione Al masry al youm e la giovane giornalista Laura Cappon, che al Cairo ha vissuto e lavorato per tutto il quinquennio appena trascorso; e che in apertura ha voluto ricordare come la ribellione degli egiziani passi anche attraverso quei gesti quotidiani “che premono su un conservatorismo che le nuove generazioni stanno, in qualche modo, rifiutando”. Di fronte al pubblico torinese, del resto, lo stesso Aladdin non ha ceduto alla tentazione della captatio benevolentiae; evitando quindi di forzarsi sul terreno del dissenso, delle carceri e delle libertà negate dal regime di al-Sisi. “Credo che per uno scrittore, oggi, l’autocensura sia un pericolo anche maggiore di quella operata dal regime” ha dichiarato. “Dopo la rivoluzione, lo Stato si è fatto fustigatore di costumi, paladino di tutto ciò che si presume debba essere la pubblica moralità. Di fronte a ciò, il nostro compito è innanzitutto raccontare con franchezza”.
E allora ai torinesi Aladdin ha francamente raccontato di quell’Egitto in cui, non molto diversamente dall’Italia, il sesso continua ad essere un tabù pur essendo un po’ ovunque; e dove, “nonostante al cinema non si veda un bacio alla francese da oltre vent’anni”, capita che una pornostar “riesca a pagarsi le cure per il cancro grazie alle cospicue donazioni dei suoi fan”. “Noi scrittori - ha chiosato - dobbiamo innanzitutto raccontare delle storie: ci occupiamo di persone, e solo attraverso di esse possiamo arrivare a toccare le idee di cui si fanno portatrici. Più che scardinare dei tabù, io stesso, col mio romanzo, volevo regalare al lettore una realtà in cui valesse la pena immergersi”.
Una realtà che, proprio per la sua familiarità in un certo senso dirompente, rappresenta un punto d’accesso ideale a quelle “Anime arabe” che per quest’anno danno il titolo al ciclo d’incontri principale della kermesse torinese. All’interno della quale non mancheranno comunque i più noti temi del dissenso, dei conflitti e delle trasformazioni politiche e religiose. Ieri mattina, ancora in tema d’Egitto, il giornalista Sharif Abdul Quddus ha discusso con Andrea Teti delle centinaia di desaparecidos inghiottiti dalle carceri di regime; mentre il giornalista italo-siriano Shady Hamadi ha raccontato ai giovani del Bookstock Village del suo paese d’origine, ormai entrato nel quinto anno di conflitto. Alle 18.30 di stasera, invece, lo scrittore Saleem Haddad, nato in Kwait da una famiglia di ascendenza tedesca, irachena e palestinese, presenterà “Ultimo giro al Guapa” (2016, E/o edizioni), tutto incentrato sull’omosessualità e sul conflitto interiore sperimentato da un giovane contestatore nella rivolta cairota di piazza Tahrir.
E ancora, alle 21 di domani sera, una staffetta internazionale di scrittori e poeti provenienti da Nord Africa, Italia e Medio Oriente si troverà allo spazio Babel per quello che probabilmente è l’evento più atteso di questo ciclo: “I quaderni del carcere arabo” porteranno in scena una maratona letteraria di autori come il siriano Muhammad Dibo, l’egiziano Ahmed Nagi e il saudita Abdo Khal, da anni rinchiusi nelle prigioni dei rispettivi paesi. (ams)