17 dicembre 2013 ore: 12:28
Economia

Le donne vanno in pensione più tardi degli uomini

Rapporto Istat. Le donne vanno in pensione leggermente dopo a causa di una carriera lavorativa mediamente irregolare. Le donne e i lavoratori dipendenti sono quelli che mostrano una maggiore propensione a terminare l'attivita' lavorativa appena possibile
Orario di lavoro. Donna su lancette

Orario di lavoro. Donna su lancette

Roma - Le donne vanno in pensione leggermente dopo a causa di una carriera lavorativa mediamente irregolare mentre la lunghezza media delle carriere e' piu' alta. Sono alcuni dei dati rilevati dall'Istat.

Secondo l'istituto le forme di transizione graduale verso il pensionamento "non sono diffuse nel nostro Paese: soltanto il 3,5% degli occupati tra 55 e 69 anni (116 mila unita') ha ridotto l'orario di lavoro nella fase lavorativa che precede la quiescenza". Diversi i dati diffusi dall'Istat: "Il 62% degli occupati tra 50 e 69 anni intende smettere di lavorare appena iniziera' a ricevere una pensione da lavoro. Le donne e i lavoratori dipendenti sono i soggetti che mostrano una maggiore propensione a terminare l'attivita' lavorativa appena possibile. 411 mila occupati 50-69enni (il 6,6% degli occupati in questa fascia di eta'), pur percependo gia' una pensione da lavoro, stanno prolungando volontariamente l'attivita' lavorativa. In questo gruppo sei individui su dieci, nella maggior parte dei casi lavoratori dipendenti, continuano a lavorare per motivi economici".

Non solo: tra gli occupati di 50-69 anni che percepiscono gia' una pensione da lavoro prevale "un diffuso senso di incertezza riguardo all'eta' programmata del ritiro definitivo dall'attivita' lavorativa: il 62,1% non ha ancora preso una decisione. In generale al crescere dell'eta' diminuisce il periodo di permanenza previsto. Solamente un terzo degli occupati di 50-69 anni che percepiscono gia' una pensione da lavoro dichiara la propria disponibilita' a posticipare ulteriormente l'uscita definitiva rispetto a quanto programmato. Tra chi ha manifestato tale volonta', prevale ampiamente il motivo legato all'erogazione di incentivi economici".

In tutto questo, pero', ci sono "541 mila individui tra 50 e 69 anni hanno dichiarato di non aver versato alcun tipo di contributo previdenziale. Le incidenze piu' elevate si registrano per le donne e nelle regioni meridionali. Tra gli inattivi di 50-69 anni che percepiscono una pensione da lavoro il motivo prevalente del ritiro e' il raggiungimento dei requisiti minimi (43,6%), soprattutto per i maschi, seguito dal pensionamento obbligatorio (16,1%), indicato in misura maggiore dalle donne".

La durata media delle carriere lavorative dei ritirati dal lavoro di 50-69 anni "e' di 36,2 anni, in lieve aumento rispetto al 2006 (era di 35,1 anni). Le carriere continuano a essere mediamente piu' lunghe per la componente maschile (37,6 anni contro 33,9 anni delle donne). Si allungano le carriere contributive: rispetto al 2006 il numero medio di anni di contributi versati sale da 34 a 35,4 anni. I periodi di contribuzione sono mediamente inferiori per le donne e per i pensionati del Mezzogiorno". Nel 2012 l'eta' media in cui i ritirati dal lavoro di 50-69 anni hanno iniziato a ricevere la pensione da lavoro "si attesta a 58 anni (era 57,1 nel 2006). A causa di carriere lavorative meno regolari, le donne tendono ad andare in pensione leggermente piu' tardi rispetto agli uomini. L'eta' media e' piu' alta nel Mezzogiorno, conseguenza anche del posticipato ingresso nel lavoro rispetto al Nord. Circa tre quarti dei ritirati dal lavoro di 50-69 anni e' andato in pensione in maniera anticipata rispetto all'eta' prevista per la pensione di vecchiaia. Tale quota e' molto elevata per la componente maschile, oltre il 90%, e nell'area settentrionale". (DIRE)

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