23 ottobre 2014 ore: 18:48
Welfare

Le regioni su bonus bebè e social card: così non vanno bene

Documento inviato al ministro Poletti e al sottosegretario Biondelli. Sul bonus bebè, si chiede di ipotizzare la misura "per le fasce meno abbienti". Considerati sottostimati il Fondo politiche sociali, quello per la non autosufficienza e quello per i minori stranieri
Bonus bebè, neonati in culle

ROMA - Legge di Stabilità, questa mattina il Governo ha incontrato i presidenti di regione, compatti nel far presente all'esecutivo che le risorse per il sociale sono insufficienti. A sottolinearlo è l'assessore alle Politiche sociali della Liguria, Lorena Rambaudi, che ha il coordinamento delle tematiche sociali. Afferma la Rambaudi: "Su questo in verità non avevamo grandi aspettative. Però chiediamo che le risorse previste siano erogate in modo diverso. Siamo contrari alla social card e al bonus bebé erogati come contributi monetari. Ci vuole un mix di servizi e contributi monetari". E ha aggiunto: "Il testo della stabilità è in progress. Abbiamo fatto un documento che abbiamo inviato a al ministro Poletti e al sottosegretario Biondelli con le nostre richieste. Poi presenteremo i nostri emendamenti".
E il documento informale inviato parla chiaro sulle intenzioni delle regioni. Vediamolo, punto per punto.

Fondo per il sostegno alla natalità (500 milioni a decorrere dall’anno 2015). Le regioni fanno presente che in passato le misure a favore della famiglia erano incardinate nella Presidenza del Consiglio, creando "una segmentazione degli interventi ed una mancata visione complessiva del Welfare". Con la formazione dell’attuale Governo la delega alla famiglia è stata accorpata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rispondendo anche ad una richiesta delle Regioni.
Oltre a ciò, "il Ddl stabilità 2015 prevede l’istituzione di un Fondo per il sostegno alla natalità presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze creando un’ulteriore inspiegabile frattura", si evidenzia. Le Regioni valutano molto positivamente che sia istituito un fondo per misure a favore delle famiglie, ma ritengono che tale fondo" vada incardinato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed indirizzato verso alcune priorità identificate grazie alla concertazione fra livelli istituzionali".

Partendo dalla proposta del Presidente del Consiglio di un bonus per il sostegno alla natalità delle famiglie con figli nei primi 3 anni di età, gli enti regionali chiedono di ipotizzare tale misura "per le fasce meno abbienti, identificate con soglia ISEE, come uno degli assi di intervento di un progetto famiglia più ampio che veda un mix di servizi e sostegni economici identificando alcune priorità di intervento finanziabili con il capitolo di cui sopra".
In questo senso, la proposta delle regioni per l'utilizzo dei 500 milioni prevede un sostegno alla natalità e alla genitorialità responsabile, particolarmente mirato alla prima infanzia, che preveda: un aiuto economico alle famiglie per il primo anno di vita; un investimento o start up servizi per la prima infanzia (Fondo ripartito alle Regioni e intesa con Anci regionale); un sostegno alle spese di gestione dei servizi per la prima infanzia (Fondo ripartito alle Regioni e intesa con Anci regionale); percorsi nascita integrati socio – sanitari per il sostegno a maternità fragile (fondi alle Regioni per integrare le attività sociali a quelle sanitarie già previste nell’ambito del SSN).
In particolare, le Regioni ritengono opportuno destinare metà del fondo, pari a 250 milioni, all'aiuto economico alle famiglie per il primo anno di vita, e la restante metà del fondo (250 milioni) alle altre 3 finalità espresse.

Fondo nazionale per le politiche sociali (300 milioni). Per le regioni, il FNPS di 300 milioni di euro è sottostimato rispetto alle esigenze, "ma può trovare compensazione nel fondo famiglia (se impiegato come definito in precedenza)".
Inoltre, l’attuale definizione della legge di stabilità che vede una quota vincolata di 100 milioni destinata ai servizi socio educativi per la prima infanzia trova due evidenti elementi di contrarietà dai governatori: "uno di tipo giuridico, in quanto in assenza di livelli essenziali delle prestazioni nazionali, la spesa sociale è orientata dalle Regioni nell’ambito delle competenze del titolo V; una di tipo sostanziale non trovando capienza i diversi interventi in un capitolo di spesa già insufficiente".

Fondo per le non autosufficienze (250 milioni, comprensivi delle risorse per i malati di sla). Le regioni sottolineano che il FNA vede 75 milioni in meno rispetto alla somma dello scorso anno, considerata unicamente la soglia minima per garantire un impegno di interventi pluriennali.

Fondo nazionale per i minori stranieri non accompagnati (incremento di 12,5 milioni anno 2015). Il fondo minori stranieri non accompagnati  è istituito come auspicato dalle Regioni, presso il Ministero dell’Interno superando la dicotomia di intervento fra minori stranieri e minori richiedenti asilo. Tuttavia, si sottolinea, "l’incremento di 12,5 milioni oltre ai 20 milioni già previsti nel pluriennale, risulta non sufficiente rispetto al trend dei flussi odierni".

Social card (250 milioni). Le Regioni hanno sempre criticato la misura della social card ritenendola residuale e di impronta assistenzialistica. "Le risorse in campo (250 milioni) - affermano - non permettono una estensione su tutto il territorio della sperimentazione della social card dedicata alle 12 città metropolitane. Si tratta di capire  rapidamente - concludono - come possono essere utilizzate le risorse a disposizione (compresi i residui precedenti) con interventi di contrasto alla povertà nell’ambito delle previsioni del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali".

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