Le regole della Pet therapy, cosa cambia con le nuove linee guida
La pet therapy è una disciplina a tutti gli effetti e ha una valenza riabilitativa. A dirlo ufficialmente è il Ministero della Salute che lo scorso 25 marzo ha firmato l’accordo Stato-Regioni contenente le prime linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (Iaa). I benefici dell’interazione con gli amici a quattro zampe si conoscono da tempo, ma ora per la prima volta vengono messe nero su bianco regole precise che tutelano la salute e il benessere del paziente.
I TIPI D’INTERVENTO
Innanzitutto le linee guida hanno definito in maniera chiara quali sono gli interventi che rientrano nella definizione di pet therapy. Il primo è la Terapia assistita con gli animali (Taa), rivolta a persone con patologie fisiche, psichiche e sensoriali. L’intervento è personalizzato e solo un medico può autorizzarlo. Il secondo tipo è l’Educazione assistita con gli animali (Eaa) che mira all’inserimento e all’inclusione sociale del soggetto in difficoltà, puntando sul rafforzamento della sua autostima e sviluppando le sue potenzialità. L’Attività assistita con gli animali (Aaa), invece, è un intervento con finalità di tipo ludico-ricreativo e di socializzazione attraverso il quale si migliora la qualità di vita della persona. “Finalmente a livello nazionale si usano gli stessi termini e c’è un quadro uniforme di riferimento”, commenta Paolo Guiso, presidente del Centro Studi Terapie con gli Animali (Teca). “Ora le regioni hanno 12 mesi di tempo per dare concreta attuazione alle nuove norme”.
LE FIGURE PROFESSIONALI
La seconda novità introdotta dall’accordo riguarda gli operatori del settore. La terapia con gli animali deve essere svolta da una equipe multidisciplinare composta da professionisti sanitari e non. Inoltre, viene riconosciuta ufficialmente la figura del coadiutore che prende in carico l’animale durante le sedute, se ne assume la responsabilità e vigila sul suo benessere durante l’interazione con l’uomo. A gestire la terapia è il medico che autorizza l’intervento. “Purtroppo c’è ancora un po’ di resistenza da parte del mondo scientifico che non è pienamente cosciente dei benefici che la pet therapy può portare ai pazienti”, afferma Guiso. Si specifica anche quali sono gli animali coinvolti nella pet therapy: oltre al cane e al cavallo, ci sono il gatto, l’asino e il coniglio.
LA FORMAZIONE
Si diventa operatori di pet therapy seguendo i corsi erogati dal Centro di Referenza Nazionale per gli Iaa, dall’Istituto superiore di sanità e dagli enti pubblici o privati accreditati dalle Regioni. “Prima la formazione veniva spesso lasciata all’improvvisazione, ma quando l’intervento si rivolge a persone malate questo non è ammissibile. Adesso si deve far riferimento a un itinerario formativo comune riconosciuto in tutta Italia”. Solo gli enti accreditati, quindi, possono fare formazione e il programma di studio, le ore di frequenze sono stabiliti a livello nazionale.
DOVE FARE PET THERAPY
Gli interventi assistiti con gli animali devono essere effettuati presso i Centri specializzati o presso le strutture pubbliche o private riconosciute dalle autorità sanitarie competenti. “Gli animali possono aiutare bambini, anziani, persone con problemi fisici, psichici o neurologici. È meno faticoso fare terapia con loro, soprattutto per chi è diventato all’improvviso non autosufficiente a causa di un ictus o di qualche malattia invalidante. I cani non sono dei medici che controllano se l’esercizio viene fatto correttamente, il paziente che non prova vergogna davanti a loro, si sente accettato e non giudicato”.
I CANI PER I DISABILI
I nostri amici a quattro zampe sono indispensabili non solo per le persone non vedenti ma anche per chi ha una forma di disabilità motoria, cognitiva e mentale. “Nelle linee guida viene riconosciuta la giusta importanza ai cani per disabili. Questi animali possono sentire un campanello, aprire una porta, addirittura mettere i panni nel cestello della lavatrice. Oltre ad essere un conforto e una compagnia, aiutano le persone che non sono più autonome nelle attività di tutti i giorni”, spiega Guiso. (Maria Gabriella Lanza)