Le sale giochi "buone" che fanno concorrenza alle slot machine
ROMA - “I diritti dei bambini, qui non esistono. Qui i ragazzi non hanno voce”. Sono le parole di Nella, volontaria a Locri presso l’Opera dei Salesiani per il Sociale. La donna, impegnata da sempre ad aiutare i minori, è riuscita a raccogliere le confidenze dei ragazzi che le consegnano spesso la loro sfiducia: “Anche se studio e vado a scuola il mio insegnante mi farà tante domande fino a farmi sbagliare e darmi così un brutto voto”.
- I ragazzi, soprattutto gli adolescenti, sono prevenuti, perché vivere nella Locride vuol dire confrontarsi quotidianamente con la cultura dominante criminale dove i figli provenienti da famiglie mafiose vengono “etichettati” a causa di un genitore, spesso il padre, in carcere. “Capita spesso che gli insegnanti si facciano condizionare dai cognomi dei ragazzi, appartenenti a famiglie affiliate alla criminalità e invece di aiutarli finiscono con penalizzarli”, racconta Nella.
E’ in questo contesto di rassegnazione e sfiducia che ha aperto le porte una delle “Case di Don Bosco” dei Salesiani per il Sociale (le altre si trovano a Foggia e Catania), un progetto realizzato con la collaborazione di Missioni Don Bosco, per contrastare la dispersione scolastica. “Mi chiedono loro di essere aiutati”, racconta Marika, un’operatrice del progetto che legge sorridendo alcune parole del tema di Luca, studente di seconda medi. “Laura la mia maestra è molto severa, quando arrivo al doposcuola mi fa spegnere e posare il telefonino. Insieme leggiamo e ripetiamo i libri in inglese. La mia professoressa dice che la mia pronuncia è migliorata e riesco ad esprimermi meglio. Non vedo l’ora che sia di nuovo settembre, per ritornare al dopo scuola”.
Le “Case di Don Bosco” si trovano nelle aree più difficili e prive di servizi per minori del nostro Paese. Sono sale con giochi e computer dove i ragazzi possono trovare, gratuitamente, un aiuto per le attività scolastiche ma soprattutto un sostegno educativo che spesso manca in famiglia. Come nel quartiere Candelaro all’estrema periferia di Foggia dove i minori, insieme alle loro famiglie, vivono quotidianamente nella precarietà ed emarginazione sociale. In questo contesto disagiato un gruppo di volontari dell’Associazione di Promozione Sociale Sacro Cuore, per impegnare i genitori ad usufruire di un servizio che è al tempo stesso di dopo scuola e di supporto famigliare, si è inventato il “Patto Educativo”. Una sorta di contratto firmato simbolicamente dai genitori che pone l’attenzione sull’importanza e necessità di partecipazione nelle attività dei propri figli. Come conferma Simona una delle operatrice che gestisce il dopo scuola: “I cambiamenti sono evidenti soprattutto per i bambini seguiti dalle famiglie, mentre i ragazzi trascurati dai propri genitori non migliorano, spesso non portano i quaderni e sono disordinati”. I bambini però continuano arrivare nella Casa di Don Bosco a Foggia e dai trentacinque minori accolti all’inizio del progetto ai primi di marzo si è arrivati a cinquanta. Bambini e bambine dai sei ai quindici anni svantaggiati economicamente e con difficoltà di apprendimento.
Nel più antico e degradato quartiere di Catania, invece, chiamato anche il “Bronx Catanese” per il degrado urbano e le attività criminali una ragazzina di 15 anni, con la sua semplicità e la collaborazione di due sacerdoti più un volontario, è riuscita ad allontanare dalla strada molti dei suoi compagni di scuola per portali in una luogo fatto di amicizia, rispetto e sostegno nella crescita. don Marcello che cura la Parrocchia dei Salesiani per il Sociale nel quartiere San Cristoforo ribadisce: “In questo quartiere non ci sono complessi o impianti sportivi, biblioteche o ludoteche, né altri spazi di aggregazione per il tempo libero. Qui ci sono più di cinquanta centri scommesse, le sale da biliardo e videogiochi. Tutti luoghi utilizzati dalla malavita per ‘reclutare’ adolescenti”.
La Parrocchia di Maria delle Salette di Catania di don Marcello è inserita proprio nel quartiere dove abitano le famiglie mafiose più pericolose della città e dove la fonte primaria di tutte le attività criminali è lo spaccio di droga. Un vero e proprio supermercato, marijuana e cocaina in particolare, che si trova facilmente in molti dei dedali e delle vie del quartiere perché il traffico di stupefacenti garantisce entrate facili e con pochi rischi. In questo quartiere della città il disagio degli adolescenti è “percepibile” e si manifesta con un alto tasso di abbandono scolastico, vandalismo, bullismo e con il coinvolgimento con attività criminali.
Roberto, 28 anni elettricista, nato e cresciuto nel “bronx catanese” descrive così il suo quartiere: “Camminando per queste strade mi sono accorto che molti adolescenti dai 10 ai 14 anni all’uscita da scuola frequentavano le sale da gioco, quelle con il video poker e le slot machine. Insieme a don Marcello e a don Alberto, giovane prete salesiano, ci siamo chiesti come aiutare questi ragazzi e abbiamo pensato, noi, di creare una sala da gioco ‘buona’ per poter mettere non solo il classico biliardino o la carambola ma anche una playstation e dei computer, dove i ragazzi si potevano collegare ai social network. La cosa più importante, però, era la presenza di un educatore che, giocando, affiancava i ragazzi creando quel rapporto di fiducia e di sostegno che spesso manca nelle famiglie”.
Dopo aver realizzato la sale multimediale bisognava però portarci i ragazzi. E grazie alla collaborazione di Erika, una giovane volontaria di soli quindici anni, ci sono riusciti. Accompagnata dai due sacerdoti e da Roberto, Erika è andata nelle sale da gioco d’azzardo dove c’erano i compagni di scuola, ragazzi e ragazze adolescenti. Con il “linguaggio dei coetanei” Erika ha raccontato ai propri compagni che potevano trovare gli stessi divertimenti in una sala da gioco, tutta per loro, dove non c’erano adulti ma solo altri ragazzi che volevano giocare e divertirsi. Una sala fatta di amici, giochi, sorrisi e di un sostegno che li aiuti a crescere. (Ilaria Maria Nizzo)