17 maggio 2024 ore: 12:18
Società

Lgbt, l’allarme di Arcigay: “Ogni 2 giorni una violenza, 4 morti negli ultimi 12 mesi”

Oggi la Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia. Arcigay presenta Report con 149 casi di violenza o discriminazione. Piazzoni: “L’odio ha cambiato volto, in alcuni casi è una formula standard”
Lgbt – Manifesto della campagna "Amarci ma a fatica" di Arcigay

ROMA- Dal 17 maggio 2023 a oggi, gli organi di informazione hanno riportato 149 casi di violenze o discriminazioni generate dall’odio verso le persone lgbtqi+. In 3 casi l’odio è diventato omicidio, 2 vittime sono persone transgender, la terza un uomo gay. In un caso, tra quelli noti, l’odio è scaturito in un suicidio: a Palermo, la vittima era un ragazzino di soli 13 anni. Lo attesta un Report diffuso da Arcigay in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia, che cade oggi 17 maggio. “Osservando l’elenco dei crimini d’odio ai danni di persone lgbtqi+ che si sono consumati negli ultimi dodici mesi, si ha innanzitutto la netta sensazione che l’omofobia, la lesbofia, la bifobia, la transfobia, nel nostro Paese siano fenomeni sistemici, che hanno sviluppato dei veri e propri meccanismi, perfettamente riconoscibili e replicati talvolta in maniera talmente identica da sembrare codificata, o addirittura organizzata” è l’allarme di Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay.

 

Come ogni anno, Arcigay ha censito le notizie di cronaca riguardanti i crimini ai danni delle persone lgbtqia+ e in occasione del 17 maggio ha lanciato anche la campagna social “Amarci ma a fatica, rendiamolo semplice". “Complessivamente – prosegue Piazzoni –  il Report restituisce un racconto terribile dell’odio nel nostro Paese: nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nei nostri luoghi di lavoro, nei bar, nei ristoranti, nelle palestre, nei parchi, nei mass media, nelle istituzioni. Con una particolarità: esattamente come succede per il femminicidio, che si fonda su uno schema talmente sedimentato nella cultura dominante da essere tramandato, come fosse un sapere o una tradizione, i crimini d’odio legati all'orientamento sessuale e all’identità di genere non sono, complessivamente, una somma di episodi, tutti diversi e legati a contingenze particolari. Tutt’altro: sempre di più, questi crimini sono facilmente raggruppabili in categorie, a volte in veri e propri format. E la parola format non è una forzatura: gli adescamenti sulle dating app a scopo di rapina, pestaggio ed estorsione li avevamo visti anni fa su Tik Tok come macabra challenge dei gruppi omofobi in Russia. Insomma, è come se le persone lgbtqi+ fossero diventate bersaglio di una grande caccia globale, in cui schemi e strategie circolano da un continente all’altro”.

 

“Abbiamo cercato di  raccontare questi 12 mesi di cronaca sull’odio omotransfobico, raggruppando le storie secondo la modalità che replicano. Senza trascurare la cornice in cui questi fatti sono accaduti, cioè un’omofobia di Stato evidente e ostinata, che nel giro di pochi mesi ha cancellato i certificati di nascita di 33 bambini e bambine con 2 mamme, ha aperto un processo mediatico roboante contro un gruppo di adolescenti con varianza di genere, seguit* dall’ospedale pubblico Careggi ed espost* assieme alle loro famiglia a una gogna ignobile; ha avviato un’Inquisizione nei confronti di tutti i papà gay, esponendoli assieme ai figli a una criminalizzazione persecutoria, che addirittura si nomina come “reato universale”. Inoltre, prosegue Piazzoni, “questi sono i tempi dei manganelli, quelli contro i collettivi studenteschi ma ancora prima, a maggio scorso,  quelli contro Bruna, donna trans pestata e poi infangata con bugie infamanti da alcuni agenti della polizia locale a Milano. Dunque, il contesto è quello di uno Stato che anziché prendersi cura delle persone Lgbtqi+, occuparsi della loro incolumità, talvolta si iscrive nella lista dei carnefici, rappresentando per quelle persone perfino un pericolo. Infine: questi sono i tempi in cui un generale destituito dall’esercito per avere espresso opinioni omofobe, misogine, razziste, indegne della divisa, si ritrova candidato capolista per un partito della maggioranza di governo, in corsa per uno scranno al Parlamento europeo. L’odiatore non solo è sdoganato, ma guida la fila”, conclude Piazzoni.

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