Tensioni in Libano, la testimonianza del cooperante
Operatrice Amel per i bambini di strada a Beirut
ROMA - "La sensazione è che ci sarà una rappresaglia di Israele, ma controllata", dice Marco Aurelio Benedetti. Operatore di cooperazione da cinque anni in Libano, originario dell'Umbria, è appena arrivato ad Atene con un volo da Beirut. "Già programmato, niente a che vedere con i fatti di sabato scorso", premette subito nel colloquio con l'agenzia Dire. "Sono partito ieri mattina con un volo della Middle East Airlines, proprio pochi minuti prima che le maggiori compagnie sospendessero i trasferimenti per la mancanza di coperture assicurative: avevo un periodo di ferie fissato da tempo".
La tensione in Libano e in Medio Oriente è salita ancora sabato scorso. Un razzo ha colpito un campo da calcio uccidendo 12 persone, in maggioranza minorenni appartenenti a una comunità arabo-drusa, in un villaggio sulle Alture del Golan: una regione al confine con Siria e Libano, questa, occupata da Israele dal 1967.
Il primo ministro di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, ha accusato Hezbollah sostenendo che l'organizzazione pagherà "un caro prezzo". Secondo Benedetti, a Beirut l'atmosfera è sospesa, "un po' come a inizio aprile, quando c'era stata la rappresaglia dell'Iran dopo che Israele aveva bombardato il consolato di Teheran in Siria".
A supporto della tesi che i fatti di sabato scorso possano non innescare un conflitto fuori controllo, dopo mesi comunque segnati da bombardamenti su entrambi i lati della frontiera, sarebbero più fattori. "Il Libano è sempre stato un campo di battaglia difficile", sottolinea il cooperante, "e da un punto di vista militare Hezbollah dispone di mezzi molto superiori a quelli che l'organizzazione palestinese Hamas ha nella Striscia di Gaza".
Sarebbe proprio il contesto regionale, stando a questa lettura, a sconsigliare a Tel Aviv un'offensiva in profondità e prolungata. "Israele resta impantanato a Gaza e adesso cresce anche l'incertezza per l'avvicinarsi delle elezioni negli Stati Uniti", dice Benedetti, citando prima il candidato repubblicano e poi la sua rivale democratica: "Le scelte di Donald Trump non sono del tutto prevedibili, mentre appare difficile che Kamala Harris possa essere così tanto ben disposta verso Tel Aviv come il presidente uscente Joe Biden".
E a pesare c'è un'altra considerazione. "Ciò che è accaduto sabato è stato probabilmente il frutto di un errore fatale", sottolinea il cooperante, con un riferimento implicito a Hezbollah. "Le vittime non sono poi israeliani ma drusi di origine siriana, che sul piano politico, visti da Tel Aviv non sono la stessa cosa". (DIRE)