15 novembre 2022 ore: 11:18
Non profit

Libano, la crisi colpisce anche le carceri. L’impegno di Arcs per monitorare le condizioni dei detenuti

Dal 2019 il Libano stia vivendo una crisi economica senza precedenti, che colpisce anche il mondo delle carceri: cibo insufficiente, mancanza di medicinali, sovraffollamento. Dalle occasioni di scambio tra Italia e Libano è stata creata una Task Force per il monitoraggio delle condizioni dei detenuti, coordinata da Arcs e a cui partecipano rappresentanti della società civile e delle istituzioni libanesi

“Cibo insufficiente e di scarsa qualità, mancanza di medicinali, sovraffollamento. In Libano la popolazione carceraria conta piú di 8.000 detenuti (tra carceri e altre strutture detentive), di cui quasi l’80% in attesa di giudizio. Nella sola prigione di Roumieh, la più grande del Paese, il numero di detenuti supera di tre volte la capacità prevista, e la proporzione non differisce molto nelle altre carceri, come a Tripoli, nel Nord, e a Zahle, nella Valle della Bekaa. A livello operativo, sono le Forze di Sicurezza Interna libanesi (Isf), quindi il ministero dell'Interno, a essere responsabili della gestione, nonostante spesso manchino conoscenze e formazione specifiche per lavorare come guardie carcerarie”. Questo il quadro dipinto da Arcs, l’ong di Arci, che ricorda come dal 2019 il Libano stia vivendo una crisi economica senza precedenti. “Il PIL pro capite è sceso del 40%, la valuta locale ha visto perdere il 95% del proprio valore, a fronte di un’inflazione crescente e che, secondo dati recenti, ha portato circa l’80% della popolazione sotto la soglia di povertà”, sottolinea l’organizzazione. Evidenziando che la Banca Mondiale sostiene che il Libano stia vivendo uno dei tre peggiori crolli economici globali dal 1850.

Afferma Arcs: “Se la crisi socio-economica del Paese è drammatica in generale, le conseguenze si fanno ancora piú gravi all’interno delle strutture carcerarie. I casi di evasione dalle strutture detentive, la piú recente della quali di é verificata dal carcere sotterraneo di Adlieh, a Beirut, ne riflettono la situazione di insostenibilitá. La qualità e la quantità dei pasti distribuiti dall'amministrazione carceraria sono diminuite. L'inflazione sta riducendo i mezzi finanziari dei detenuti e rende difficile l'approvvigionamento di cibo. Le visite dei familiari sono sempre meno frequenti, anche a causa dell’elevato costo del carburante (un pieno di benzina, dopo la rimozione dei sussidi statali, è arrivato a costare quanto uno stipendio medio statale), così come la fornitura di beni di prima necessità. In questo contesto, le organizzazioni della società civile sono spesso chiamate a fornire molti  dei servizi che per legge dovrebbero essere garantiti dallo Stato: assistenza legale, formazione del personale, supporto psicologico o medico”.
ll progetto DROIT, co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, e gestito da Atcs in partenariato con le ong libanesi Mouvement Social e AJEM, attivo dal 2018, ha contribuito a potenziare i servizi di recupero, il reinserimento sociale, l’assistenza rivolta a detenuti/e, alle persone a rischio e alle loro famiglie e alla formazione degli operatori del settore. L’intervento, in particolare, ha supportato il potenziamento dei servizi offerti in due penitenziari libanesi (Roumieh e BEK), per migliorare le condizioni generali di detenzione, e presso il centro di riabilitazione di Rabieh, per sostenere i processi di riabilitazione e di reintegrazione sociale delle persone detenute.

Inoltre, ha previsto l’incontro e lo scambio di pratiche sulla tematica carceraria grazie alla collaborazione con i partner italiani di Arci Toscana, il Garante dei Diritti dei Detenuti delle Regione Toscana, Antigone e Non C'è Pace Senza Giustizia. Oltre a una serie di tavole rotonde organizzate in presenza e online tra il 2019 e il 2022, a giugno di quest’anno una delegazione libanese, composta da rappresentanti delle ong, del ministero della Giustizia e del ministero dell’Interno libanesi, ha svolto una visita presso diversi centri penitenziari italiani, in Toscana e a Roma, durante la quale è stato possibile confrontare i due sistemi e le tradizioni legislative alla base della gestione carceraria, mettendo sul tavolo anche le difficoltá e le sfide comuni affrontate, a partire dalla questione del sovraffollamento.
Da queste occasioni di scambio tra Italia e Libano, è stata creata, a marzo di quest’anno, una Task Force per il monitoraggio delle condizioni dei detenuti, coordinata da Arcs attraverso il prof. Omar Nashabe, cui partecipano rappresentanti della società civile e delle istituzioni libanesi, al fine di riportare i maggiori bisogni in termini di assistenza per la popolazione carceraria e trovare una via comune per apportare un miglioramento a livello di sistema.

A questo riguardo, padre Marwan Ghanem, fondatore e Presidente del “Juvenile Reform Center” presso l'Associazione Nusroto, e membro della sopracitata task force, ha affermato -  in una intervista rilasciata, insieme a Omar Nashabe all’emittente libanese VdL24:  “Noi come organizzazioni ci stiamo incontrando regolarmente e la cosa bella è che tutti condividiamo lo stesso principio sulle prigioni. Per esempio, insieme siamo riusciti a far chiudere il carcere sotterraneo di Adlieh”, luogo di detenzione famigerato per le degradanti condizioni e l’anonimitá della struttura in cui erano incarcerate circa 130 persone, molte delle quali migranti domestiche e rifugiati siriani.
Giovedì 17 Novembre, come evento conclusivo del progetto DROIT, si terrà presso la Beit Beirut l’incontro "Rights, Justice and Basic Needs in Lebanese Prisons”, un’importante occasione per presentare e discutere i risultati raggiunti attraverso il progetto e analizzare le necessità sempre più urgenti del sistema penitenziario in Libano. Sono previsti gli interventi della Direttrice dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo di Beirut, la direttrice di Arcs, rappresentanti del Ministero della Giustizia e dell’ISF, delle due ong partner di progetto Mouvement Social e AJEM, del coordinatore della Task Force, e il contributo finale dell’ex ministro dell’Interno libanese Ziyad Baroud.

La direttrice di AICS Beirut, Alessandra Piermattei, ha dichiarato: “La detenzione, cioè la riduzione della libertà personale, è la pena per chi viola le regole della convivenza sociale. Pena che per la cultura e la normativa italiana si dovrebbe concludere con il reinserimento. In questo percorso non devono esistere pene ‘accessorie’, spesso frutto del sovraffollamento e della carenza di risorse, che colpiscono la dignità e la salute della persona detenuta. È per la difesa di questi principi che la Cooperazione Italiana in Libano è impegnata in iniziative volte a migliorare la qualità della vita dei detenuti e il loro reinserimento, senza tralasciare l’assistenza legale a chi è accusato o in detenzione per garantire il diritto alla difesa e a un processo equo. Attività che ci vedono al lavoro con Arcs in coordinamento e sinergia con le istituzioni libanesi”.
E la direttrice di Arcs, Silvia Stilli, sottolinea l’importanza del progetto e delle sinergie create tra Italia e Libano: “Ringraziamo chi ci ha accompagnato in questi anni nel percorso: l’Aics e il Governo italiano che hanno copromosso e sostenuto finanziariamente il progetto DROIT, la Tavola Valdese che ha permesso di ampliare alcune attività, i nostri partner in Libano, Mouvement Social e AJEM, e quelli in Italia, Arci Toscana, il Garante dei Diritti dei Detenuti della Regione Toscana, Antigone, e Non C'è Pace Senza Giustizia, che hanno offerto relazioni e competenze in grado di garantire un partenariato duraturo. Non da ultimo, la Task Force è una risorsa preziosa che intendiamo valorizzare nella collaborazione con le istituzioni libanesi in una collaborazione efficace e fattiva”. 
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