19 febbraio 2015 ore: 15:46
Non profit

Libia, le associazioni: "La guerra non è la soluzione, ci sono altre strade"

Embargo degli armamenti, intervento internazionale per un accordo di pace, l'accusa ad Al-Baghdadi di crimini di guerra, ma anche informazione corretta e salvataggio e sostegno dei profughi del Mediterraneo: le proposte di Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci e Rete Italiana per il Disarmo
Grazia Naletto, Sergio Bassolino, Francesco Vignarca

Da sinistra Grazia Naletto, Sergio Bassolino, Francesco Vignarca

Da sinistra Grazia Naletto, Sergio Bassolino, Francesco Vignarca
Grazia Naletto, Sergio Bassolino, Francesco Vignarca

Roma - “La guerra non è la soluzione. Esistono altre strade”. Lo hanno ribadito con forza oggi Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci e Rete Italiana per il Disarmo, presentando un documento congiunto contro le ventilate ipotesi di intervento armato in Libia.

“Il pacifista però non è quello che semplicemente sta a casa e dice no alla guerra, ma interviene con gli strumenti giusti”, spiega Francesco Vignarca, coordinatore delle attività nazionali della Rete Italiana per il Disarmo. Ciò significa metter in atto una serie di azioni e collaborazioni a livello nazionale e internazionale per evitare una soluzione che non ha mai risolto nulla.  

Le organizzazioni propongono quindi, innanzitutto, di bloccare le fonti di finanziamento del terrorismo, la vendita delle armi e di petrolio, le complicità con i diversi gruppi di miliziani armati che imperversano nella regione. “Un modo per non diventare complici in un conflitto che ci vede già molto responsabili, e per non essere 'imprenditori di morte pronti a fornire armi a tutti' come ha ricordato oggi lo stesso Papa Francesco”, ricordano nel documento.

“L'italia ha una responsabilità centenaria e recente verso la Libia – ricorda Vignarca -. Va accresciuto l'embargo internazionale sulle armi, non abolito. E poiché negli scorsi anni abbiamo già venduto fucili Beretta e shotgun Benelli, dobbiamo almeno evitare i rifornimenti di munizioni, senza guardare gli interessi economici”. Va inoltre sostenuto “il riassetto statuale libico, con tutte le forze della  diplomazia e della politica, a partire dall'iniziativa dell'Onu per un accordo tra le parti: solo un'azione internazionale sotto egida Onu, costruita con il pieno coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità locali e della società civile, potrà raggiungere un accordo che freni gli scontri tra gruppi armati”, spiegano i pacifisti.

Non è vero che la Libia è in mano alle bande armate – dice Sergio Bassoli, di Rete per la Pace -. C'è una società civile che va sostenuta e con cui le nostre relazioni non si sono mai interrotte. Chiediamo un appoggio politico perché si lavori verso una convivenza religiosa e interetnica. Non è armando di volta in volta gruppi amici e poi nemici che si arriva a una soluzione, bensì togliendo terreno a chi vive di questi scontri”. L’Unione Europea - “grande assente”, secondo Grazia Naletto di Sbilanciamoci - può inviare personale civile nelle zone più sicure per  sostenere il protagonismo della società civile, delle comunità religiose e delle donne nella costruzione di un processo di pace, tutelando i difensori dei diritti  umani e gli operatori di pace locale che più si espongono in questo momento.

Legata a questa istanza c'è la proposta di legge popolare , per cui si stanno raccogliendo le firme, per la realzzazione dei “Corpi civili di pace”. L'obiettivo è mettere in dialogo le parti avverse, verso ”un futuro accordo di pace, anche al fine di mettere alle strette Qatar, Arabia Saudita ed altri paesi della regione che – in maniera ipocrita – sono responsabili nel sostegno e nella propagazione delle guerre in corso ”, spiegano nel documento, sotto guida Onu e con l'impegno e la cooperazione della Lega  araba e dell'Organizzazione degli stati africani.

Fra le azioni internazionali, si chiede inoltre di presentare richiesta presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia di avviare un processo nei confronti di Abu Backr Al-Baghdadi, come responsabile del sedicente "Stato Islamico", per genocidio e crimini contro l’umanità e di guerra. 

Tutti gli esperti internazionali sconsigliano l'intervento – aggiunge Naletto – ma ci sono campagne che già stanno facendo presa sull'opinione pubblica che propongono la guerra come unica soluzione, e che associano irresponsabilmente le migrazioni alla diffusione del terrorismo. È già tornata la parola 'invasione', falsa come nel 2011: se è vero che quest'anno si prevede l'arrivo anche di 400 mila migranti attraverso il Mediterraneo, stiamo parlando dello 0,02% della popolazione, e dei 170 mila dello scorso anno solo un terzo è stato preso in carico dalle autorità italiane”.

Secondo i pacifisti va intrapreso un programma europeo di salvataggio e assistenza dei profughi, assicurando loro la protezione adeguata. “Per non parlare della proposta vergognosa e indecente di bombardare i barconi 'prima che partano', che non risolverebbe comunque il problema – aggiunge la responsabile di Sbilanciamoci -. È fondamentale il ruolo dell'informazione, e che si rinunci al concetto di scontro di civiltà, fuorviante”. “Spesso si pone il fattore 'tempo' a favore dell'intervento armato – conclude Vignarca – ma ci si dimentica che dopo dieci anni siamo ancora in ballo con Iraq e Afghanistan, dove la guerra c'è stata”. (Elena Filicori)

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