17 febbraio 2015 ore: 16:31
Non profit

Libia, le reti pacifiste: "L'intervento militare non è la soluzione"

L’appello lanciato da Rete della Pace, Sbilanciamoci e Rete Disarmo in merito al dibattito su un possibile intervento militare nel paese africano. “Fermare la violenza è possibile. Primo passo il blocco dei flussi finanziari e di armamenti verso Isis e milizie”
Avanzata di truppe dell'Isis, terrorismo

- ROMA - Fermare la violenza e i richiami alla guerra in Libia e non ripetere gli errori del passato è possibile: occorre un impegno per una ricostruzione sociale che coinvolga la popolazione, diplomazia e uno stop immediato ai flussi finanziari e di armi che foraggiano le milizie.  È quanto afferma una nota congiunta diffusa oggi da Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci, Rete Italiana per il Disarmo in merito alla situazione attuale in Libia e al dibattito di queste ore su un possibile intervento militare che coinvolga anche l’Italia. Secondo le diverse associazioni “un’altra strada” esiste. “Fermare la violenza è possibile – spiega la nota - costruendo una politica fondata sul rispetto dei diritti umani, dell'autodeterminazione dei popoli, del diritto internazionale, dello sviluppo sostenibile e della giustizia sociale”.

Secondo le diverse associazioni rappresentate dalle reti, quella della pace è “l’unica strada” e al governo va la richiesta di una assunzione di responsabilità per “promuovere una soluzione reale del conflitto in Libia – spiega la nota -. Un'uscita dall'anarchia armata attuale a partire da idee di Pace, di intervento nonviolento e di ricostruzione sociale che coinvolga le popolazioni per mettere in campo tutte le forze ed energie di diplomazia e di confronto verso scelte coraggiose che possano davvero spegnere l'incendio di odio e prevaricazione che sta minacciando il mondo”. Uno dei primi provvedimenti su cui dovrebbe lavorare la comunità internazionale, aggiunge la nota, riguarda il “blocco dei flussi finanziari e delle forniture di armamenti che sostengono Isis e le milizie delle varie fazioni negli scontri di queste settimane”.  Un impegno, quello chiesto alle istituzioni, che in questi giorni va ad affiancarsi a quello suggerito dalla campagna “Un'altra Difesa è possibile”, portata avanti dalle stesse organizzazioni.  Una campagna che chiede “la realizzazione di strutture istituzionali che possano intervenire nei conflitti per prevenirli e renderli meno cruenti”. 

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