9 novembre 2016 ore: 12:49
Non profit

Lookman, otto anni: dalla Sierra Leone a Milano per potersi curare

Tre anni fa accidentalmente ha ingerito soda caustica, che gli ha bruciato bocca, esofago e parte dello stomaco. In Sierra Leone è stato curato da Emergency, ma per tornare ad alimentarsi e a parlare grazie a una catena di solidarietà, è volato in Italia con il suo papà
Lookman e Marco Loiodice
Lookman e Marco Loiodice
Lookman e Marco Loiodice

- MILANO – “Ieri l’ho portato a vedere gli aerei che atterrano. Si incanta davanti agli scaffali del supermercato, se è in macchina guarda ininterrottamente a destra e a sinistra. C’è meraviglia nel suo sguardo, stupore. Ma è normale che Milano gli faccia questo effetto: Lookman è nato e cresciuto in una capanna di paglia e fango nella foresta sierraleonese”. Lookman ha 8 anni: tre anni fa ha accidentalmente ingerito soda caustica, che gli ha bruciato e serrato bocca, esofago e parte dello stomaco, perdendo la capacità di parlare e di alimentarsi. È Marco Loiodice, cooperante, a raccontare la sua storia: ha conosciuto il bambino nell’ospedale chirurgico di Emergency in Sierra Leone. “Prima di allora, per molto tempo non aveva potuto spostarsi e il posto di blocco (erano i tempi di Ebola, ndr) avrebbe potuto essergli fatale: quando sei piccolo e hai la bocca serrata dalla soda caustica, devi sottoporti a costanti controlli e trattare un raffreddore come un virus letale”, scriveva poco dopo il loro primo incontro sul suo blog Finestra sulla favela. 

Oggi, Lookman è a Milano. È arrivato con Sulaiman, suo padre, mentre la mamma e fratellini sono rimasti in Sierra Leone, “ma padre Maurizio di Maniverso, la onlus che ha seguito le procedure necessarie nello Stato africano per farli partire, tiene tutti costantemente informati”. È in Italia per sottoporsi a una serie di interventi: dopo il primo, lo scorso luglio al Policlinico Mangiagalli, ne mancano ancora due: uno maxillo-facciale per aprirgli la bocca (presso l’Ospedale San Paolo di Milano) e uno di chirurgia pediatrica per la ricostruzione di una parte di esofago (di nuovo al Mangiagalli). “Obiettivo primario – spiega Loiodice – è permettergli di aprire la bocca quel tanto che basta per mangiare, e chiudere così il buco che ha nello stomaco che oggi gli permette di alimentarsi. Poi sarebbe bello se riuscisse a recuperare la parola”. Da 3 anni, infatti, Lookman si esprime a mugugni e versi: l’intesa con il padre – che si è sempre preso cura di lui, che l’ha tenuto in vita in Sierra Leone i due anni successivi all’incidente – è perfetta. 

Lookman

“Per permettere a Lookman di venirsi a curare a Milano avevamo bisogno che una onlus con sede in Lombardia si facesse carico delle spese extra mediche, coperte dalla Regione, che si è anche occupata dei visti. Se è qui, lo dobbiamo all’impegno di Mammadù Italia Onlus, associazione che dal 2010 si occupa dei bambini orfani della Namibia”. Nel capoluogo lombardo, il bambino e il padre vivono in strutture messe a disposizione da Casamica, onlus che da ospitalità a malati e familiari in difficoltà che devono soggiornare lontano da casa, anche per lunghi periodi, per ricevere le cure di cui hanno bisogno dalle strutture ospedaliere e da Abn onlus, l’associazione per i bambini nefropatici. “Sono moltissimi i volontari che orbitano attorno a Lookman: c’è chi lo fa giocare e chi lo porta a spasso. Insomma, quella che ha portato il bambino sin qui è una lunga catena di solidarietà”.

Mammadù Italia onlus ha anche lanciato una campagna di raccolta fondi a favore di Lookman. Ma il suo non è un caso isolato. In Sierra Leone sono tanti i bambini che, accidentalmente, ingeriscono soda caustica (i danni provocati sono tra quelli più frequentemente gestiti dall’ospedale di Emergency). “Tante famiglie sierraleonesi hanno in casa soda caustica: la usano per fare il sapone. Purtroppo, in capanne con tanti bimbi in giro capita dimenticare bottiglie a portata di mano”, spiega Loiodice. Tutto ebbe inizio nel 2002, quando alla fine della guerra civile seguì un’epidemia di colera: la comunità internazionale invitò i cittadini a usare il sapone per arginare l’espansione, e insegnò loro a produrlo artigianalmente, con la soda caustica appunto. “È necessaria una campagna di sensibilizzazione sull’argomento: bottiglie riconoscibili, colori diversi, tappi che non si svitano. Chiediamo in primis ai produttori di intervenire”. (Ambra Notari)

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