Lotta alla povertà, governo in campo: una svolta o i soliti annunci?
ROMA – La proposta del Reddito di inclusione sociale (Reis) “nei suoi aspetti fondamentali è assolutamente adeguata a fronteggiare” la povertà assoluta e “può essere pienamente utilizzata, così come la proponete o con qualche differenza: se non dovessimo usare questa vostra proposta vuol dire che non abbiamo capito niente”.
Nei fatti concreti non siamo ancora arrivati ad una svolta decisiva, visto che i fondi aggiuntivi che servono continuano al momento a non esserci (il rinvio è alla prossima legge di stabilità), ma almeno a parole il confronto pubblico fra il ministro del Lavoro e Politiche sociali Giuliano Poletti e i rappresentanti delle 33 sigle raggruppate nell’Alleanza contro la povertà un risultato lo ha raggiunto, seminando ottimismo e fiducia per le prossime mosse del governo.
- Poletti ha detto a chiare lettere, e di sua iniziativa, molte delle cose che studiosi e associazioni ripetono da tempo ai governi di turno: che ci vuole un Piano contro la povertà, che non è possibile dilatare ancora nel tempo la decisione di metterlo in piedi, che è finito il tempo del perdere tempo, che la misura deve essere universale, che deve riguardare coloro che si trovano in una condizione di “povertà assoluta”, che non ci vuole solo un contributo economico ma anche una serie di servizi in un’ottica di “inclusione sociale”. E su questa base ha aggiunto le intenzioni del governo: “costruire un Piano di medio periodo”, definendo strumenti, obiettivi e risorse, “orientando in questo quadro, in modo coerente, tutte le risorse che siamo in grado di mettere”.
Non ha indicato precise scadenze temporali (lo schema del Reis ipotizza un’entrata a regime in quattro anni) ma ha fatto un riferimento esplicito ai fondi del Pon Inclusione e del Fead (risorse europee che peraltro, tecnicamente, hanno destinazioni mirate e non sono liberamente disponibili), e ai fondi (questi sì, nazionali) in passato stanziati per la sperimentazione della cosiddetta “nuova social card”, altrimenti indicato come SIA, Sostegno per l’inclusione attiva. E proprio ad una logica di “inclusione attiva” ha fatto riferimento Poletti, in qualche modo facendo intendere che il Piano nazionale contro la povertà che si intende costruire avrà le sue fondamenta nella misura che in forma sperimentale – e fra non poche difficoltà – è stata avviata nell’ultimo anno e mezzo. Come poi, nel dettaglio, verrà messo in piedi tutto questo, è da vedere.
C’è però un passaggio del suo intervento che potrebbe rivelare qualche particolare sulle prossime intenzioni del governo. Poletti ha infatti affermato di convenire con l’Alleanza sul fatto che occorre “superare le logiche categoriali” che finora sono state usate: “Finora le politiche nel nostro paese sono fatte così, il che significa che se una persona non rientra nella categoria ‘giusta’ non ha accesso allo strumento. Questo è un problema gigantesco che va affrontato”.
Subito dopo però Poletti afferma che ci sono dei “punti di criticità specifica” e che la prima fra queste è il tema “dell’infanzia e della famiglia”: “Non voglio negare l’universalismo della misura ma abbiamo il problema di come all’interno del fenomeno dell’emergenza povertà gestiamo le priorità”. E’ un accenno importante, perché conferma un pensiero che già aveva espresso nei giorni scorsi il viceministro all’Economia, Enrico Morando, che aveva parlato dell’intenzione del governo di realizzare “un intervento a favore delle famiglie con minori in condizioni di povertà assoluta”. Una misura, questa, che avrebbe dovuto essere finanziata con le risorse poi dirottate sul bonus ai pensionati in seguito alla recente sentenza della Corte costituzionale ma che, aveva precisato Morando, “si farà comunque”, rimanendo una delle “priorità dell’esecutivo nei prossimi mesi”.
A conti fatti, mettendo insieme gli indizi che il governo ha sparso qua e là, l’ipotesi di lavoro più consistente in campo dovrebbe essere quella della definizione nei prossimi mesi di un Piano che parta dall’attuale strumento e dall’attuale infrastruttura creata per la social card sperimentale, in modo che – con le opportune integrazioni – ciò possa costruire la base per una programmazione pluriennale estesa a tutte le persone in povertà assoluta. In un’ottica di gradualità, però, nel primo anno (o comunque nella fase iniziale) tali interventi potrebbero essere mirati esclusivamente alle famiglie con figli in condizioni di povertà assoluta, con l’intenzione poi – negli anni successivi – di estendere la misura a tutti i poveri assoluti. Universalità sì, dunque, ma non subito: prima le famiglie con figli, poi tutti gli altri.
Una simile ipotesi, in linea teorica, contrasta con i punti qualificanti del Reis, aperto fin da subito a tutti i poveri, ma potrebbe anche essere “digerita” dai componenti dell’Alleanza: il vero nodo infatti è far partire un Piano con l’intenzione di portarlo a regime in tempi precisi. Assicurato questo, chi aiutare prima e chi dopo (se le famiglie con figli, o gli anziani, o i senza lavoro, o le giovani coppie…) diventa quasi secondario. Ciò detto, val comunque la pena notare come, paradossalmente, l’intenzione del governo di puntare sulle famiglie con figli rappresenti una sorta di ritorno a quel passato - che poi è ancora “presente” - che si vuole superare, visto che (oltre che agli anziani) è proprio alle famiglie con figli (molto piccoli) che è destinata la criticatissima social card, quella ordinaria da 40 euro al mese e niente più, che a tutt’oggi rappresenta l’unica misura attiva su tutto il territorio nazionale.
In ogni caso, come lo stesso Poletti sottolinea, per fare un Piano “decoroso” i fondi attualmente disponibili non bastano e ce ne vogliono altri. Insomma, il problema è sempre quello. Dove prendere questi soldi si vedrà, sul quando è inevitabile il richiamo alla prossima legge di stabilità. Il ritornello – è vero – è identico a quelli già sentiti negli scorsi anni, ma i promotori dell’Alleanza contro la povertà mostrano di dare credito al ministro e confidano in positive novità in tempi brevi. Lui li rassicura: “Mi assumo la responsabilità di fare tutto quello che posso perché questo impianto sia messo alla prova dei fatti”. Loro ci sperano e promettono di stargli dietro finché le parole non diventeranno realtà. (ska)