Mafia, 33 anni fa la morte di Pippo Fava. Boldrini: "Per i giornalisti strumenti più efficaci di tutela”
ROMA - "La vita e la morte di Pippo Fava, ucciso dalla mafia a Catania 33 anni fa, restano una lezione di straordinaria attualità sull'insostituibile valore civile dell'informazione". Lo dice la presidente della Camera, Laura Boldrini, in occasione dell'anniversario dell'uccisione di Pippo Fava. "Fava – aggiunge - credeva che il giornalismo costituisse non solo un antidoto contro la corruzione, la violenza e la criminalità, ma anche uno strumento per tenere alta l'attenzione della giustizia e imporre alla politica il buon governo. Anche grazie alla sua coraggiosa opera di denuncia il Paese ha acquisito maggiore consapevolezza della gravità del fenomeno mafioso: un fenomeno diffuso in tutto il territorio nazionale e capillarmente presente nei settori nevralgici del nostro Paese, al Sud come al Nord, che pone un'odiosa e pesante ipoteca sul futuro, ostacolando non solo lo sviluppo dell'economia ma anche la crescita culturale e civile".
"A distanza di tanti anni dall'omicidio – prosegue la Boldrini - sono cambiate le forme delle presenza mafiosa, ma resta immutato il bisogno che contro di esse ci si impegni con la stessa passione ideale che aveva mosso Pippo Fava. E ai giornalisti che, sulle sue orme, oggi raccontano a proprio rischio storie di malaffare e di degrado sfidando la criminalità organizzata, la buona politica e le istituzioni devono fornire più efficaci strumenti di tutela giuridica". "Mi auguro che in questa legislatura si riesca finalmente a varare un provvedimento sulle cosiddette 'querele temerarie', capace di scoraggiare le esorbitanti richieste di risarcimento troppo spesso avanzate al solo scopo di intimidire l'informazione. Invio il mio affettuoso saluto a Claudio Fava, componente della Camera dei deputati ed erede della battaglia civile del padre", conclude.