Lunedì 18 novembre, lo scrittore napoletano inaugurerà la XV edizione di Politicamente Scorretto con la presentazione del suo ultimo libro “Era tuo padre”, che parla della ribellione “indolore” di Camilla, sfuggita al destino criminale impostole dal padre, affiliato alla camorra. “Camilla sa che non può correggere il padre, ma può migliorare suo presente”, racconta Gallo
BOLOGNA – Camilla, figlia di un imprenditore campano affiliato alla camorra ed emigrato in Emilia, decide di ribellarsi al capofamiglia e decide di ribellarsi al capofamiglia e a un destino criminale, a differenza dei suoi fratelli Giosuè e Alberto. Camilla è la protagonista di “Era tuo padre”, l’ultimo libro di Alessandro Gallo. Gallo, scrittore e regista napoletano di nascita e bolognese d’adozione, inaugurerà la XV edizione della rassegna
Politicamente Scorretto. L’appuntamento è per lunedì 18 novembre, alle ore 21 presso il teatro comunale Laura Betti di Casalecchio di Reno (BO).
Nell’universo camorristico, quella di Camilla è una storia più comune di quanto si pensi: “Sebbene figlia di un latitante, non ha alcun legame con il crimine. Il padre non sottrae nulla alla famiglia, ma le fa arrivare solo i benefit della sua vita criminale. Estraniati dal mondo camorristico, molti figli non riescono a riconoscere il male. Siamo abituati alle storie dei bambini di certi clan, protagonisti già da piccoli delle paranze, o a quelle dei figli che rinnegano i padri. Tuttavia, secondo me esiste un mondo grigio, simile quello in cui vive inizialmente Camilla, che è molto più pericoloso: siccome non si riscontrano ricadute sulla sfera privata, non c’è ribellione. Camilla fa un viaggio lunghissimo, capisce tutto ciò alla fine, raggiungendo il risultato più importante: la confessione”, spiega Gallo.
“Camilla non è un personaggio simile a quelli a cui siamo abituati per via della narrazione giornalistica comune: penso ad Antonio Piccirillo – ribellatosi al padre Rosario, boss di Mergellina –, subito eretto a modello di ribellione dalla carta stampata, ma di cui ora non sappiamo più nulla: quali conseguenze ha avuto la sua scelta sulla sua vita o su quella della sua famiglia. Questo, per me, è un errore diffuso: bisogna sempre aspettare l’eroe o il martire per parlare. Camilla, invece, vuole una ribellione indolore e, per metterla in atto, utilizza la tecnica paradossalmente insegnatagli dalla camorra: accerchiare il nemico per studiarlo e capire quale sia il suo punto debole. Lei, ad esempio, comprende che il padre rifugge il confronto, ma lei lo aspetterà per anni”, puntualizza Gallo.
Per scrivere la storia di Camilla, Gallo attinge dal suo vissuto: è figlio di un affiliato alla camorra. “Non è la mia vicenda personale ma, a mio avviso, per poter affrontare questi argomenti in maniera narrativamente credibile, soprattutto tra giovani, è fondamentale utilizzare storie reali. Se Camilla esistesse davvero, le chiederei se prova odio per il padre. Io il padre non me lo sono scelto, così come lei. In territori in cui il familismo ha ancora un peso rilevante sulle scelte dei figli, prima di uscire veramente da determinate dinamiche si ha bisogno di un percorso sano, che inietti coraggio. Un coraggio che, però, non serve a mettere ko il nemico. Per Camilla il padre non è un nemico, ma il segno rosso nel tema che sta scrivendo sulla sua vita: sa che non lo può correggere, ma può migliorare suo presente”.
Gallo si sofferma poi sul ruolo della donna nelle organizzazioni camorristiche: “Sono sempre stato convinto che, dal punto di vista storico, ci sia stato un errore narrativo: si è sempre fatto credere che l’unico modello possibile di boss sia l’archetipo del ‘padre padrone’. In realtà a Napoli sono le donne a decidere il futuro del crimine: le ‘donne da latte’ – come vengono chiamate le donne potenti dei clan – decidono se i ragazzi devono andare in strada a spacciare o se mettere loro in mano una pistola. Le donne costruiscono alibi, nascondono armi, vengono fermate meno ai posti di blocco e raramente possono essere perquisite da altre donne in carcere. La figura femminile è pensata come debole perché la società civile in cui viviamo è maschilista, ma per la camorra questo disegno è funzionale: rendendo la figura femminile periferica, si facilita il lavoro della camorra”, racconta Gallo.
Da emiliano acquisito, Gallo ha seguito l’evoluzione della camorra nella regione. Il primo aspetto che sottolinea è che da una logica di infiltramento si è passati a una di radicamento: “In passato, l’arrivo delle famiglie non mirava a legare rapporti saldi con il territorio. Oggi il processo Aemilia ha dimostrato che il malaffare è gestito anche da ragazzi autoctoni, nati e cresciuti sul territorio”. In secondo luogo, “se prima gli interessi economici erano legati prettamente al settore edilizio, oggi coinvolgono anche mercati finanziari più grossi. Come accaduto al sud, anche al nord si è modificato il giro economico: ora ci si concentra più su gioco d’azzardo o intermediazione finanziaria. Il riciclaggio è lo specchio del giro di affari meridionale: maggiori sono le attività illegali, più c’è bisogno di mezzi legali per coprire gli illeciti. Talvolta, è stato necessario emigrare anche più a nord: Francia, Germania, Regno Unito”.
In ogni caso, la percezione del fenomeno è presente: “Negli ultimi 10 anni, la politica ha compiuto l’importante scelta di sottolineare la presenza del male e ha ammesso che quest’ultimo ha contribuito a finanziare il benessere della regione. Tuttavia, stiamo perdendo la generazione che va dall’annata 2004-2005 in poi. Questi ragazzi con il fenomeno mafioso hanno un rapporto più legato alla memoria che all’attualità. Guardare il fenomeno come qualcosa di solamente storico è grave: il ricordo delle vittime è importante, ma mancano talvolta percorsi che facciano capire cosa accade oggi”.