Malattie rare, le ragazze "Roki" chiedono di scegliere la propria maternità
ROMA – E' una malattia che non si vede, ma che si sente tanto. Una malattia che colpisce le donne – poche, per fortuna, davvero poche – nella loro intimità più profonda: la predisposizione “organica” alla maternità. Si chiama sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser, o più semplicemente sindrome di Roki. Anche la sigla è complicata: Mrkh. Non è rara, ma “orfana”, perché neanche la “rarità” le è riconosciuta. In Italia solo un centinaio di donne presentano questa sindrome, che colpisce da 1 a 9 persone ogni 100 mila e viene diagnosticata generalmente nella prima adolescenza: la mancanza di mestruazioni è infatti il segno più evidente di questa malattia rara. Apparentemente tutto è normale, ma gli organi riproduttivi, in realtà, non sono sviluppati. E la donna che ne è colpita non potrà quindi procreare.
In Italia c'è un'associazione delle “ragazze Roki” - così si definiscono – che vuole uscire allo scoperto, farsi conoscere. E coglie l'occasione oggi, Giornata delle malattie rare, per trasmettere a tutti, politici in testa, una richiesta che, da sempre ma soprattutto in questo periodo storico, sta loro particolarmente a cuore: quella di poter diventare madri, scegliendo liberamente il percorso attraverso cui raggiungere questo traguardo. Che sia l'adozione, o la maternità surrogata. Ed è proprio su questo tema che, nei giorni in cui la maternità surrogata è uno dei nodi politici più dibattuti, le “ragazze Roki” oggi decidono di rompere il silenzio. E di lanciare con forza il proprio appello. Lo fanno attraverso una lettera “che abbiamo scritto insieme – ci spiega Maria Laura Catalogna, presidente dell'associazione ANIMrkhS –. Riguarda la nostra sindrome e ciò di cui ora si parla tanto: adozioni e maternità surrogata. Non vogliamo essere escluse da queste grandi decisioni che il governo sta facendo per tutta l'Italia. Vorremmo si rendessero conto che esistiamo anche noi”.
Nella lettera, innanzitutto le “ragazze Roki” presentano la propria malattia: “Abbiamo una malformazione 'invisibile ' - spiegano - che si chiama Sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser. Noi la chiamiamo Roki, è più semplice pronunciarla ma quanto è difficile accettarla. Scriviamo questa lettera proprio per farla conoscere. E' una condizione congenita caratterizzata dalla mancata formazione (totale o parziale), della vagina e dell’utero. Questa può essere isolata oppure associata ad altri difetti a livello renale, vertebrale, cardiaco. Poiché i genitali esterni e le ovaie sono presenti (anche se queste ultime possono essere dislocate in sedi anomale), e dunque sono presenti anche i caratteri sessuali secondari, la sindrome viene in genere scoperta solo durante l’adolescenza, intorno ai 14-16 anni, per la mancata comparsa delle mestruazioni”. Di conseguenza, “la sindrome comporta impossibilità ad avere rapporti sessuali e infertilità completa, dovuta alla mancanza di utero”. Ignote, per ora, le cause della malattia, che forse ha una componente genetica: “Quello che si sa – spiega ancora l'associazione - è che, durante la vita embrionale, lo sviluppo dell’apparato riproduttivo ha inizio, ma si arresta prima del completamento”.
Alle gravi conseguenze fisiche della malattia si accompagnano le forti ripercussioni psicologiche: “Le ragazze si sentono 'diverse, incomplete, inferiori' - si legge ancora nella lettera - perché non hanno le mestruazioni come tutte le loro amiche e compagne di scuola; e quando scoprono di non poter avere rapporti sessuali, hanno in genere una forte crisi di identità e di autostima. Per di più non possiamo procreare”. Ed è qui che si inserisce il dibattito sulla maternità surrogata, che sta procurando a queste ragazze forte disagio e grande sofferenza: “È difficile accettare che si parli di adozione e utero in affitto come fanno i media e i politici, senza pensare che c’è qualcuno che li ascolta e che sta male per le loro parole discriminatorie. È tempo che si parli della possibilità per noi di scegliere il percorso della maternità surrogata, che ci permetterebbe di diventare madri di bambini geneticamente nostri. È tempo che si parli della possibilità per noi di adottare bambini senza lunghe liste di attesa. È tempo che si parli della possibilità per noi di essere riconosciute come malattia rara. Siamo una minoranza e come tale discriminata come molte altre. Ci sentiamo diverse più che mai e non credo sia giusto. Con questa lettera vorremmo solo far saper all’Italia che noi esistiamo, viviamo e combattiamo ogni giorno e speriamo in un futuro dove poter vedere i nostri figli giocare nel prato”. E vogliono farlo sapere oggi, in questo giorno “raro”, dedicato a chi, come le ragazze “Roki”, soffre della propria rarità. (cl)