14 novembre 2022 ore: 15:19
Immigrazione

Manca manodopera, “per uscire dall’emergenza favorire l’immigrazione regolare”

L’analisi della Fondazione Moressa nel rapporto sull’economia dell’immigrazione, presentato oggi. “Italia agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile e giovanile. Per tornare ai livelli pre-Covid servono 534 mila lavoratori, di cui 80 mila stranieri”. Impatto fiscale delle popolazione immigrata ancora attivo: +1,4 miliardi di euro
Migranti e lavoro: operaio saldatore

MESTRE - L’Italia della resilienza e i nuovi italiani. E’ questo il titolo del nuovo Rapporto 2022 sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa, presentato oggi alla Farnesina e alla Camera dei Deputati. Secondo il rapporto, il nostro Paese è agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile e giovanile. Per tornare ai livelli pre-Covid servono 534 mila lavoratori, di cui 80 mila stranieri.


In ripresa gli ingressi per lavoro

Dopo le chiusure del 2020, il rapporto evidenzia che nel 2021 tornano a crescere i permessi di soggiorno rilasciati: 274 mila, più del doppio dell’anno precedente. In ripresa, soprattutto, gli ingressi per lavoro, passati da 10 mila a oltre 50 mila e pari al 18,5% dei permessi totali. “Tuttavia, il primo canale di ingresso per gli immigrati in Italia è il ricongiungimento familiare (44% dei nuovi permessi) – segnala la Fondazione Moressa -. Gli ingressi per lavoro in Italia (8,5 ogni 10.000 abitanti) rimangono a un livello molto più basso rispetto alla media Ue (29,8)”. Gli stranieri residenti in Italia sono oggi stabili a quota 5,2 milioni, l’8,8% della popolazione.

Lavoratori stranieri penalizzati dal Covid

Gli occupati stranieri nel 2021 sono 2,26 milioni, pari al 10% del totale. Il tasso di occupazione, calato bruscamente nel 2020, rimane più basso di quello degli italiani (57,8% stranieri, 58,3% italiani).

Mercato del lavoro “complementare”

Tra gli italiani, il 37,5% svolge attività qualificate e tecniche, contro il 7,8% degli stranieri. Al contrario, i lavoratori non qualificati sono l’8,5% tra gli italiani e il 31,7% tra gli stranieri.
“Nonostante la concentrazione in fasce medio-basse, i lavoratori immigrati producono 144 miliardi di valore aggiunto – si sottolinea nel Rapporto -, dando un contributo al PIL pari al 9%. L’incidenza sul PIL aumenta sensibilmente in Agricoltura (17,9%), Ristorazione (16,9%) ed Edilizia (16,3%)”.

Imprenditoria immigrata in continua espansione

Continua l’aumento degli imprenditori immigrati, pari al 10% del totale. In dieci anni (2011-21), gli immigrati sono cresciuti (+31,6%) mentre gli italiani sono diminuiti (-8,6%). Incidenza più alta al Centro-Nord e nei settori di Costruzioni, Commercio e Ristorazione.

Impatto fiscale ancora attivo

Nonostante la pandemia abbia determinato un calo nei redditi dichiarati da contribuenti immigrati (-4,3%), il saldo tra il gettito fiscale e contributivo (entrate, 28,2 miliardi) e la spesa pubblica per i servizi di welfare (uscite, 26,8 miliardi) rimane attivo per +1,4 miliardi di euro. “Gli immigrati, prevalentemente in età lavorativa, hanno infatti un basso impatto sulle principali voci di spesa pubblica come sanità e pensioni”.

Donne e giovani, capitale umano inutilizzato

“Per tornare ai livelli occupazionali pre-covid, l’Italia avrebbe bisogno di circa 534 mila lavoratori – afferma la Fondazione Moressa nel suo rapporto -. Considerando l’attuale presenza straniera per settore, il fabbisogno di manodopera straniera sarebbe di circa 80 mila unità. La restante quota di lavoratori potrebbe arrivare valorizzando donne e giovani”.
Il tasso di occupazione femminile in Italia è il più basso d’Europa dopo quello della Grecia. “Per eguagliare la media europea dovrebbero entrare nel mercato del lavoro 1,2 milioni di donne. Il 40% delle donne inattive non lavora per gestire la casa, i figli o gli anziani. Potenziare i servizi di cura creerebbe posti di lavoro e consentirebbe l’inserimento delle donne nel mercato”.

Tra i giovani, 1 su 4 non studia e non lavora. Le poche opportunità portano alla fuga dei giovani verso l’estero: quasi 400 mila negli ultimi dieci anni, in buona parte laureati.
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