Mancata riforma penitenziaria, Anastasìa: "A rischio diritti fondamentali"
ROMA – La situazione delle carceri italiane, il programma del nuovo governo, il ruolo dei garanti dei detenuti e i rapporti con gli enti locali in un sistema penitenziario che ha bisogno anche di uno stretto contatto con l’esterno per garantire il rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione. Stefano Anastasìa, garante dei detenuti per Umbria e Lazio, dal 4 maggio Coordinatore dei garanti territoriali, fotografa il presente, tra impegno e preoccupazione per l’orientamento delle nuove politiche sociali e penitenziarie.
Il carcere oggi: quali le emergenze che non possono più aspettare?
“Due, in particolare – spiega Anastasìa -: il ritorno del sovraffollamento, dopo l’efficace politica di contenimento delle presenze. E la qualità dell’assistenza sanitaria, in particolare nel settore della salute mentale, rivoluzionato dalla chiusura degli Opg. Nell’uno come nell’altro caso bisogna intervenire urgentemente se non si vuole ricadere nella violazione di diritti umani fondamentali. Molti istituti sono già al limite delle capacità di utilizzo e non saranno algoritmi architettonici a inventare spazi che non ci sono, né improbabili costruzioni di nuove carceri. Torna il nodo di fondo che una politica degna di questo nome deve saper affrontare: per quali reati e a quali condizioni prevedere la pena carceraria? Cosa trattare altrimenti e come? Al di là di ogni considerazione umanitaria, che per me è pure importante, il carcere conforme a Costituzione è una pena costosa e, dunque, una risorsa scarsa: bisogna scegliere per cosa non se ne può fare a meno e lasciare il resto ad altre forme di restituzione del debito e di composizione delle controversie”.
“Così sulla salute mentale - prosegue il Coordinatore dei garanti -: nel regime degli Opg le persone con problemi rilevanti di salute mentale prima o poi finivano lì e lì venivano dimenticati. Oggi questa discarica sociale è stata chiusa e alle persone con problemi di salute mentale che sono state giudicate responsabili e condannate deve essere garantita una efficace presa in carico socio-sanitaria da parte dei servizi di salute mentale già nello stato di detenzione e devono esser loro garantite le alternative terapeutiche già previste per altre patologie, ivi compresa, nei casi di incompatibilità con lo stato detentivo, la sospensione della pena per motivi di salute”.
Sulla riforma dell’ordinamento penitenziario possiamo scrivere la parola ‘fine’? Di chi sono le maggiori responsabilità per la mancata approvazione?
“Purtroppo la riforma dell’ordinamento penitenziario è finita su un binario morto. Il nuovo Governo si ripromette di ‘riscriverla’, ma è evidente che, sulla base delle prime indicazioni presenti nel contratto di governo, se ci sarà, sarà il contrario della riforma immaginata ed elaborata da quella vasta opera di consultazione promossa dal Ministro Orlando con gli Stati generali dell’esecuzione penale. Capisco la ragione politica che muove Lega e 5 Stelle e non mi sorprende quanto hanno scritto nel programma di governo, eppure penso che, anche dal loro punto di vista, sbaglino: sbagliano a non riconoscere che quel decreto fermato a un passo dalla pubblicazione era il risultato di una forma di partecipazione popolare alla elaborazione politico-legislativa che ha visto sedere e lavorare fianco a fianco operatori del diritto e della giustizia, professionisti e volontari, studiosi ed esponenti della società civile. Chi voglia governare l’amministrazione penitenziaria in questo Paese non può ignorare questo mondo e sbaglia a deluderlo. Il decreto di riforma dell’ordinamento penitenziario non era il decreto del solo Ministro Orlando, né del solo Governo Gentiloni (che, anzi, ha la grave responsabilità di non averlo portato a compimento quando avrebbe potuto), ma è il punto di incontro di una pluralità di voci e culture che merita rispetto e attenzione da parte di chiunque governi”.
Ministro per un giorno: tre provvedimenti che adotterebbe in via prioritaria
“Proporrei al Consiglio dei ministri l’immediata adozione del decreto di riforma dell’ordinamento penitenziario così com’è, innanzitutto per rispetto di quella procedura partecipata che ne ha elaborato le linee fondamentali. Riprenderei le indicazioni della Commissione ministeriale per la riforma delle prassi penitenziarie presieduta da Mauro Palma tra il 2013 e il 2014 e ne farei il programma d’azione delle Amministrazioni dell’esecuzione penale per il prossimo biennio. Proporrei l’istituzione di un fondo per il reinserimento sociale dei detenuti da destinare alle Regioni e, per loro tramite, agli enti locali. Poi, certo, la riforma del codice penale e dei rami più o meno alti della giustizia, ma questi sarebbero dei buoni punti di partenza”.
Un commento sul programma di governo Lega-M5s
“Su carcere e giustizia, risente ancora troppo della propaganda elettorale e della cultura di opposizione delle forze che lo hanno sottoscritto. Governare è un’altra cosa e se ne accorgeranno. L’idea di fondo che emerge su giustizia penale, carcere e immigrazione è che il benessere della società si fonda sul principio del terzo escluso, e cioè che le persone perbene, le persone oneste, gli italiani e gli stranieri che vengono per lavorare possano vivere serenamente solo se quel terzo di criminali, devianti, irregolari saranno cacciati, incarcerati, esclusi. Non è un’idea nuova, anzi è stata molto in voga negli ultimi 30 anni, anche in Italia, e ha portato al collasso umanitario di carceri e centri di detenzione, in Italia certificato nel 2013 dalla sentenza Torreggiani. Non credo che le istituzioni di garanzia, nazionali e internazionali, possano consentire che si torni su quella strada”.
Coordinatore nazionale dei garanti: quali sono i compiti del nuovo ruolo e quali saranno i primi provvedimenti che ha mente di adottare?
“L’assemblea dei garanti territoriali del 4 maggio mi ha eletto coordinatore al termine di un importante convegno sul ruolo delle regioni e degli enti locali nell’esecuzione penale e nella privazione della libertà, ed è da qui che bisogna partire. Non solo il Garante nazionale ha bisogno di terminali di prossimità per rendere efficace e tempestiva la propria azione su tutto il territorio nazionale, ma le stesse competenze delle regioni e degli enti locali rendono essenziale la presenza dei garanti territoriali. Si pensi alle competenze regionali in materia di assistenza sanitaria e di formazione professionale, a quelle regionali e locali su programmazione e attuazione delle politiche sociali, a quelle anagrafiche dei comuni, oltre a quelle per il diritto allo studio, per il sostegno alle attività culturali e sportive, e così via. Chi dirige un carcere, una Rems o un centro di detenzione per stranieri sa che senza il contributo del territorio e delle sue istituzioni il proprio diventa un mandato meramente reclusorio. A noi tocca non solo verificare le condizioni di vita delle persone private della libertà ma vigilare in modo particolare sulle responsabilità delle regioni e degli enti locali. Per questo penso che, in prospettiva, il coordinamento dei garanti territoriali debba articolarsi anche per i diversi livelli istituzionali che vi sono rappresentati, e che quindi veda al suo interno un coordinamento dei garanti regionali, un coordinamento dei garanti provinciali e un coordinamento dei garanti comunali, che sappiano interloquire con la Conferenza delle Regioni, l’Unione delle Province e l’Anci per contribuire a determinarne gli indirizzi nelle materie rilevanti nell’esecuzione penale e nella privazione della libertà”. (Teresa Valiani)