Messa al bando delle mine antipersona, il Trattato compie 25 anni. “Le guerre rallentano i progressi”
Oggi ricorre il 25° anniversario dell'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle mine antipersona, una pietra miliare negli sforzi globali per porre fine all'uso delle mine antipersona, armi indiscriminate che hanno un impatto devastante sulle comunità di tutto il mondo.
Firmato nel dicembre 1997, il trattato è entrato in vigore il 1° marzo 1999, stabilendo il divieto globale di qualsiasi uso, produzione, stoccaggio e trasferimento di mine antipersona, nonché l'obbligo di bonifica dei terreni contaminati e di assistenza alle vittime delle mine. Si è trattato di un risultato rivoluzionario: per la prima volta nella storia un'arma convenzionale è stata totalmente bandita e i diritti delle vittime all'assistenza sono stati riconosciuti e inclusi in un trattato di disarmo.
“In questi 25 anni di vita della Convenzione sono stati compiuti molti progressi ma l’obiettivo centrale del Trattato ‘Porre fine alle sofferenze e alle vittime causate dalle mine antipersona’ richiede di continuare ad impegnarci con tutte le nostre forze - dichiara Santina Bianchini, presidente della Campagna Italiana contro le mine -. Bisogna continuare con determinazione a garantire ulteriori progressi, contrastando qualunque forma di stagnazione, arretramento o indebolimento del Trattato specialmente in questi tempi di conflitti e disordini”.
“Quest’anno si terrà a Siem Reap - Angkor (Cambogia) dal 25 al 29 novembre la V^ Conferenza di Revisione del Trattato di messa al bando delle mine antipersona, dove la società civile, unitamente alle Nazioni Unite ed agli Stati sarà chiamata non solo a valutare i progressi compiuti finora ma anche per disegnare una tabella di marcia per il lavoro da svolgere nei prossimi cinque anni, verso un futuro in cui nessuno viva nella paura delle mine - aggiunge Giuseppe Schiavello direttore della Campagna Italiana contro le mine - per arrivare in maniera credibile a questo appuntamento dobbiamo aumentare gli sforzi nel vigilare sulla Convenzione e sul rispetto degli obblighi che questa comporta dotandoci dei mezzi necessari per garantire un impegno concreto”.
Oggi la Convenzione gode di un ampio sostegno, con 164 Paesi formalmente aderenti e con un forte stigma contro l'arma stabilito a livello globale. Negli ultimi 25 anni il Trattato ha avuto un impatto notevole, tra cui: una sostanziale riduzione delle vittime delle mine - da circa 25.000 vittime all'anno nel 1999 a meno di 5.000 vittime registrate lo scorso anno dal Landmine Monitor-, ciò significa migliaia di vite risparmiate e mutilazioni evitate in tutto il mondo; la bonifica e il ritorno all'uso produttivo di vaste aree contaminate, con oltre 30 Paesi che sono diventati privi di mine; la fine quasi universale dell'uso di un'arma ampiamente utilizzata in precedenza; la distruzione di oltre 55 milioni di mine in deposito, con una produzione e un trasferimento quasi inesistenti; il riconoscimento dei diritti e dei bisogni delle vittime delle mine, con sforzi per fornire assistenza, comprese le cure mediche, la riabilitazione, il sostegno psicosociale e l'inclusione sociale ed economica.
Afferma la Campagna: “Il Trattato sulla messa al bando delle mine ha ispirato e fatto da modello anche per altri strumenti internazionali, tra cui la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, la Convenzione sulle munizioni a grappolo, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e, più recentemente, la Dichiarazione politica sull'uso delle armi esplosive nelle aree popolate. Nonostante questi risultati, permangono sfide significative. Il conflitto in Ucraina ha creato una nuova minaccia alla norma sul divieto, con nuove contaminazioni massicce da parte della Russia e segnalazioni di utilizzo da parte dello Stato Parte Ucraina. Recenti notizie indicano inoltre che alcuni Stati europei parti del Trattato, temendo una minaccia da parte della Russia, stanno riconsiderando il loro impegno nei confronti del Trattato, nonostante i loro obblighi legali e morali nei confronti del divieto”.
L'uso è stato documentato anche dal Myanmar e da gruppi armati non statali in una manciata di Paesi. Il nuovo uso ha portato a nuove contaminazioni e a un forte aumento delle vittime. Come riportato dall'ultimo Landmine Monitor, oltre l'85% delle vittime registrate sono civili e il 50% sono bambini.
“Decine di Paesi rimangono ancora contaminati – conclude la Campagna -. In molti paesi gli sforzi di bonifica sono stati lenti e la contaminazione da mine improvvisate ha posto ulteriori problemi. Molti mezzi di sussistenza sono direttamente colpiti e le comunità devono affrontare quotidianamente la minaccia di incidenti. L'educazione al rischio e l'assistenza alle vittime restano sfide urgenti. Le esigenze delle vittime e dei sopravvissuti alle mine, che in genere devono affrontare disabilità permanenti con un impatto profondo su sé stessi e sulle loro famiglie, sono troppo spesso trascurate. Molti hanno difficoltà ad accedere all'assistenza, ai servizi e a opportunità economiche valide. Il rapporto Landmine Monitor 2023 sottolinea questa preoccupazione, rivelando che i programmi di riabilitazione e di sostegno sono gravemente sottofinanziati, con gli aiuti internazionali per l'assistenza alle vittime che costituiscono solo il 5% del finanziamento totale dell'azione contro le mine”.